Quando l’aragosta era il cibo dei poveri, servi e detenuti

Tutti sappiamo quanto può essere caro divorare un’aragosta. Un prezzo che oscilla tra le 40 e le 90 euro al chilo. Ma è sempre stato così?

I primi coloni che giunsero nelle Americhe nel 1700 trovarono una gran quantità di questi crostacei che popolavano le coste del Nuovo Continente. Esse erano talmente tante e considerate talmente orribili che furono paragonate a degli “scarafaggi di mare”.

Tale era l’abbondanza che con le sue carni si fabbricava del concime da spargere sui campi o come cibo per i maiali. Fino a quando non cominciò ad essere introdotta come alimento da destinare agli orfani, ai servi e ai detenuti.

In una città del Massachusetts si arrivò al punto che, alcuni servitori, stanchi di mangiare aragoste, fecero causa ai propri padroni per poterla mangiare soltanto tre volte a settimana.

Come è divenuto un piatto di Gourmet?

I venditori ambulanti di aragoste cominciarono, durante l’800, a vendere i crostacei nei pressi dei dormitori dove alloggiavano gli emigrati irlandesi. Il business si spostò con l’arrivo delle prime ferrovie, nelle stazioni, dove gli ignari passeggeri degustavano l’aragosta convinti che si trattasse di una specialità d’alta cucina, quando invece era considerato un piatto umile.

Lungo il corso del ‘900 la moda dell’aragosta prese piede e la richiesta altissima fece schizzare i prezzi, oltre a portare a un notevole calo della specie.

Un calo si registrò durante la Grande Depressione e durante la Seconda Guerra Mondiale a causa dell’impoverimento della gente. L’aragosta era talmente svalutata che si cominciò a venderla in scatola a un prezzo più basso di quello dei fagioli. Si dovranno aspettare gli anni ’50 del secolo scorso, nel dopoguerra, affinché l’aragosta tornasse in gloria come la conosciamo oggi.

L’aragosta americana non è l’unica protagonista di questa storia. Sembrerebbe che anche in Sardegna, nei tempi antichi, questo animale si trovasse spesso e volentieri sulle tavole dei più poveri.

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