La vera storia della Monaca di Monza

-La vera storia della Monaca di Monza-

Infelice, questa infelice o la nostra infelice.

Con queste parole, cariche di pietà, che A. Manzoni introduce una delle figure più iconiche e conosciute dei Promessi Sposi: la Monaca di Monza. È nel capitolo IX che l’autore milanese racconta, attraverso l’analessi  (il racconto antecedente al tempo della narrazione), la sua storia: Lucia e la madre Agnese sono giunte, grazie all’aiuto del barrocciaio, al convento dei Cappuccini, dove risiede, appunto, la Monaca.

È una storia, che fin dai banchi di scuola, abbiamo studiato, letto e ascoltato, in qualche caso con una certa tenerezza, come accade a Manzoni. Nella prima edizione dell’opera Fermo e Lucia, il suo racconto occupava sei capitoli, indizio dell’importanza narrativa che le attribuisce all’autore. In entrambe le edizioni ( Fermo e Lucia e I Promessi Sposi), notiamo come la Monaca sia descritta dall’esterno, ma, soprattutto, dall’interno; questo particolare, non da poco, le dona una vivacità letteraria che, ancora oggi, incuriosisce e affascina i lettori del romanzo manzoniano.

Qual è però la sua storia? È stata una donna realmente esistita oppure è solo un’invenzione manzoniana? No, la Monaca di Monza è vissuta a Monza a cavallo del XVI e XVII secolo, la quale suscitò un profondo scandalo che sconvolse all’epoca i suoi concittadini.

La vera storia

Il suo nome non era quello che le attribuisce Manzoni, Gertrude ma Marianna Leyva e, dopo aver preso i voti, Suor Virginia Maria. Nata il 4 dicembre del 1575 in una nobile famiglia spagnola; il padre, Martino de Layva de la Cueva Cabrera, apparteneva a una delle casate più in vista della Spagna che, per diritto di nascita, aveva ereditato il territorio di Monza. La madre, Virginia Maria, vedova del suo primo marito (Conte Ercole Pio di Savoia), aveva sposato Martino in seconde nozze.

Portale d’ingresso del monastero urbano di Santa Margherita. Wikipedia.

Dal primo matrimonio, Virginia era madre di cinque figli (un maschio e quattro femmine. Appena  un anno dopo dalla nascita di Marianna, Virginia morirà di peste a Milano, lasciando la sua eredità divisa tra i figli dei due matrimoni. Fu anche per questo che Marianna fu indotta a pronunciare i voti; infatti, le liti erano finalizzate a privare la primogenita di Martino della sua parte. Inoltre, il suo destino, come ben ci racconta Manzoni, era già segnato: era, infatti, una consuetudine sociale quella di far intraprendere alle figlie femmine primogenite la “carriera ecclesiastica” perché così i parenti non erano costretti a dividere il patrimonio, annullando anche la possibilità di dover offrire una dote per un matrimonio, secondo il rango, a volte, molto onerosa.

Fu così che Marianna divenne Suor Virginia (da notare come abbia assunto lo stesso nome della madre); entrò nel Convento Benedettino di Santa Margherita a Monza alla sola età di tredici anni, il 15 marzo del 1589 Marianna fu accompagnata dal padre, il quale, una volta depositata la dote alla badessa, la lasciò lì. Due anni dopo, il 12 settembre del 1591, finito il noviziato, Suor Virginia prese i voti come monaca.

Lo scandalo d’amore

Il suo status social, già in partenza, le permise di avere una vita sicuramente diversa dalle altre consorelle; abitava in un appartamento separato, assistita da quattro suore che erano anche le sue dame di compagnia.

S’interessava ai problemi politici della città, mostrando la sua tenacia e testardaggine e rivelando già l’infelicità per quella vita obbligata che la portò a innamorarsi di Gian Paolo Osio (nei Promessi Sposi, Egidio), il quale abitava nella casa attigua al convento. Il giovane Osio aveva preso l’abitudine di osservare le giovani novizie, fin quando  una di loro non s’innamoro di Gian Paolo. Virginia, una volta scoperti, avvertì i genitori della giovane, i quali la portarono immediatamente via dal monastero.

Qualche tempo dopo, un collaboratore della famiglia Leyva fu trovato assassinato. Fu accusato subito Osio, il quale rimase un anno latitante per sfuggire all’arresto, avendo un movente molto forte, ossia la vendetta. Dopo la latitanza, iniziò a scrivere lettere a Suor Virginia colme di pentimento che fecero breccia nel cuore della monaca, tant’è che, complice le suore ausiliare, iniziarono a vedersi nella camera della monaca. Dalla loro relazione nacquero due figli: un primo, nato morto e poi, nel 1604, Alma Francesca Margherita.

L’arresto e la reclusione

Secondo le testimonianze dell’epoca, i due non facevano molto per tenere nascosta la loro relazione; in molti dissero che ormai era di dominio pubblico. L’arrivo, però, della consorella Caterina Cassini da Meda rischiò di far crollare tutto: la giovane novizia minacciò Suor Virginia di rivelare la sua relazione, se non fosse cessata all’istante. Osio, udendo le parole dell’amata, uccise Caterina davanti alle suore ausiliare di Virgina. Così, per evitare che esse rilevassero tutto, provò ad assassinarle, ma non ci riuscì. Le due così denunciarono tutto alle autorità. Osio scappò a Milano, ma fu trovato e ucciso a bastonate.

L’arrestarono il 15 novembre del 1607; trasferita a Milano fu condannata a essere murata viva nel Casa delle Convertite di Santa Valera, luogo in cui veniva aiutate le prostitute a redimersi. Dopo quindici anni (1622), segregata in una cella piccolissima, il Cardinale Borromeo la liberò. Rimase nella Casa delle convertite, diventando un esempio di redenzione. Morirà il 17 gennaio del 1650.

Per conoscere il lato paterno di Manzoni: https://www.prometeomagazine.it/2022/04/19/la-figlia-dimenticata-di-alessandro-manzoni-matilde-morta-giovanissima-a-siena/

 

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