A Trevi nel Lazio partiva l’Acquedotto Romano dell’Acqua Marcia

La presenza di bacini idrici è una condizione fondamentale per ogni popolo o civiltà; il loro utilizzo e approvvigionamento ha permesso in epoche antiche a molte civiltà di espandersi e fiorire, basti pensare a quella romana. Ancora oggi, gli acquedotti romani, alcuni sempre in uso, sono state opere di ingegneria avanzata e si potrebbe azzardare, ma non di molto, anche d’avanguardia. Alcuni di essi sono noti, altri invece hanno subito una sorte leggermente diversa, come l’acquedotto dell’Acqua Marcia.

A Trevi nel Lazio partiva l’Acquedotto Romano dell’Acqua Marcia

La presenza, dunque, di fiumi, laghi o cascate era ben presente nella zona intorno a Roma, poiché era necessaria per il suo sviluppo. Se ci fermiamo a pensare ai luoghi sparsi intorno alla capitale, ci verrà subito in mente che la maggior parte di essi presenta piccoli laghi o cascate e tra questi è sicuramente Trevi nel Lazio,  piccolo borgo in provincia di Frosinone che presenta le cascate più note della zona, ossia quelle che si trovano nel Parco naturale dei Monti Simbruini. Dall’altra parte questo non deve sorprenderci poiché dalle campagne trebane aveva origine anche il citato acquedotto dell’Acqua Marcia.

La cascata a Trevi nel Lazio

Aqua Marcia (in latino) fu il terzo acquedotto di Roma ed è tra i primi a essere stato costruito dai Romani; aveva una lunghezza di 91 km, in miglia romane 61.710. Le fonti sulle sue acque non sono, però, concordi: alcuni documenti, infatti, indicano come fonte le acque dell’alto bacino dell’Aniene; invece, altri, come quelli di Strabone ( noto storico e geografi romano) le acque sarebbero state quelle del Fiucino, ossia quella conca appenninica posta tra il Molise e l’Abruzzo. Nonostante le fonti siano discordi, sappiamo con certezza che partiva da Trevi nel Lazio e le sue acque, visto la purezza e la limpidezza, divennero presto tra le migliori di Roma, tanto che Plinio il Vecchio la definì clarissima acquarum. Iniziato a costruire nel 144 a. C per volontà del pretore Marcio Re, da cui si presume abbia preso il nome, subì numerosi ritardi; infatti, la prima delibera per la sua costruzione risarebbe al 179 a. C, ma i lavori, in quel momento, non partirono mai tanto a ritardare l’inizio della sua costruzione al 144.

L’acquedotto nei tempi più recenti

Inoltre, subì nel corso del tempo numerosi restauri, come quello, e il maggiore tra essi, di Augusto (primo imperatore romano) che, tra l’11 a. C e il 4 d. C, ne raddoppiò la portata. Un altro intervento fu per opera di Tito e, infine, uno per volontà di Caracalla; entrambi seguirono le orme del primo imperatore romano e così anche loro aumentare la portata dell’acqua che arrivò a essere di 4690 quinarie, unità di misura idrica romana che equivalgono a circa 190.000 metri cubi al secondo.

Inaugurazione della Mostra dell’Acqua Marcia 10 settembre 1870 acquerello d’epoca. Wikipedia

Con l’eccezione del periodo medievale, nel quale parte dell’attività degli acquedotti romani fu sospesa, quello dell’Acqua Marcia riprese le sue consuete attività già nel Cinquecento, acquisendo sempre maggior rilevanza, tanto che a metà dell’Ottocento Papa Pio IX lo ripristino pienamente, cambiandogli però il nome in Acqua Pia Marcia, in onore del suo pontificato. Il suo scopo, con l’avvento del Risorgimento e dunque di prevedibili scontri, era quello di dotare Roma di un’altra fonte così che la popolazione non rimanesse sguarnita.

Insomma, l’acquedotto dell’Acqua Marcia è ancora un ponte tra passato e presente, tra antico e moderno; è testimone dei tempi passati, ma forse potrebbe essere anche un occhio per il futuro, visto che la tematica della mancanza dell’acqua è, purtroppo, sempre più presente nei dibattiti odierni.

Giada Marzocchi

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