10 anni fa il più bel gesto di Fair Play della storia sportiva

Non tutti gli sport agonistici sono aggressivi. Alcuni sono semplici, primordiali e regolati da un codice etico millenario.

L’atletica leggera per esempio fonda radici antichissime. Furono i greci a valorizzarla, con i propri atleti unti di olio, che si esibivano nei giochi olimpici. Vincere significa essere immortalati nella storia. Significa avere il proprio nome trascritto negli annali, sopra un trofeo o addirittura su un libro di storia se si batte un record.

Questa è la storia di un uomo che ha rinunciato a tutto questo, avendo la possibilità di vincere una competizione, ma rinunziando per favorire colui che era il vero vincitore.

Stiamo parlando di quanto è accaduto nel 2012 nel “Cross de Navarra de Burlada”, a ridosso del Natale 2012. La competizione si teneva a Pamplona in Spagna.

Durante una gara molto impegnativa, gli atleti erano giunti all’interno della pista di atletica dove era previsto il traguardo. Il keniota Abel Mutai, già medaglia d’argento sui 3000 siepi ai Giochi Olimpici di Londra, era in dirittura di arrivo con un deciso distacco dal resto dei concorrenti. Attraversato l’arco gonfiabile al termine dell’ultima curva, il corridore rallentò la sua avanzata convinto di aver raggiunto l’agognato traguardo. Tuttavia in realtà restavano circa 100 metri da percorrere fino ad un altro arco, dove si sarebbe consacrato il vincitore.

Tuttavia il secondo in gara, lo spagnolo Ivan Fernandez Anaya, raggiunse Abel, avendo egli trasformato la sua sfrenata corsa in un leggero jogging. Superarlo e raggiungere la meta era questione di secondi, e si sarebbe potuto consacrare vincitore in patria.

Ivan invece rallentò a sua volta alle spalle dell’avversario incitandolo a raggiungere il traguardo. Il keniota non capì immediatamente cosa stesse accadendo e lo spagnolo allora lo spinse da dietro, conducendolo fino alla linea bianca che segnava la conclusione del percorso di gara.

Un gesto sportivo bellissimo, che non ha fatto vincere il primo premio a Fernandez, ma che però lo ha immortalato tra gli eroi del Fair Play fino ad oggi.

 

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