I Vivaldi: navigatori che scomparvero in mare
Lo sappiamo, la Liguria ha dato i natali a personalità immortali: scrittori, poeti, musicisti e, soprattutto navigatori, basti pensare a Cristoforo Colombo. Ma, fu l’unico genovese a entrare nell’Olimpo dei navigatori? No, ce ne furono anche altri. La numerosità di esperti navigatori nel corso della Storia di origine ligure è abbastanza frequente e molto tempo prima rispetto alla scoperta dell’America nel 1492. In particolare, durante il XIII secolo, due fratelli – Ugolino e Vadino – si misero in luce, dimostrando un notevole coraggio, nonostante il fallimento della loro impresa.
L’origine dell’impresa
Dopo la perdita delle ultime roccaforti cristiane in Oriente, come San Giovanni d’Acri ( oggi città d’Israele) per i commercianti e i nobili genovesi era necessario stabilire subito un’altra rotta per il commercio delle spezie e dei tessuti, essendo quella terreste ormai persa.

Così alcuni di loro, tra cui il noto Tedisio Doria appartenente a una delle più antiche casate della Repubblica di Genova, unirono le forze per finanziare una spedizione via mare verso il Levante. Lo scopo era raggiungere l’India. Essi progettavano di circumnavigare l’Africa; il progetto era lo stesso che verrà realizzato qualche secolo dopo da Bartolomeo Diaz e Vasco da Gama.
La partenza da Genova
Per la spedizione furono, appunto, assoldati i due fratelli che salparono da Genova con trecento marinai nel 1291 con due galee (imbarcazione mossa a remi). A supportare Ugolino e Vadino erano presenti anche due frati francescani. Ma, una volta passato lo stretto di Gibilterra delle due galee, dei due fratelli e dei loro equipaggi si persero le tracce. Le ipotesi sul fallimento furono molteplici: furono incolpate soprattutto le galee che furono ritenute, in seguito, imbarcazioni troppo fragili per un viaggio così difficile.
Una curiosa testimonianza
Abbiamo notizia dell’impresa dei due fratelli grazie alle parole del filosofo Pietro d’Abano. Il filosofo, nel suo Conciliator Differentiarum, ci racconta la loro impresa e il loro fallimento.

Nel corso degli anni in molti hanno avanzato anche altre ipotesi. Tra quelle più comuni c’è la testimonianza di Antoniotto Usodimare, navigatore che lavorava per il Portogallo. Usodimare sostenne alla metà del Quattrocento di aver incontrato in Africa una persona che parlava perfettamente il genovese e sosteneva di essere un discendente di un membro dell’equipaggio. Secondo dunque le parole di Usodimare, i due ebbero successo ed sbarcarono effettivamente in Etiopia, ma una volta lì i due equipaggi sarebbero stati presi in ostaggio dal re cristiano Prete Gianni.
A sostegno di questo ci sarebbe anche un reperto scoperto abbastanza recentemente, a metà del Novecento, da Franco Prosperi, noto regista, il quale durante uno dei suoi viaggi, scoprì un’incisione che riportava la data della nota spedizione.
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