Un mistero irrisolto (ed irrisolvibile) della chiesa di San Pietro in Vineis
L’alone di mistero che circonda Anagni
Nell’archivio fotografico del sottoscritto ho trovato una serie di fotografie assolutamente uniche che illustrano lo stato della chiesa di San Pietro in Vineis prima e dopo il restauro. Sono in possesso di queste foto perché mio zio, l’ing. Vincenzo Viti, collaborò con l’arch. Calza Bini alla progettazione e costruzione del Convitto Principe di Piemonte, ad iniziare dal 22 settembre 1926 giorno dell’aggiudicazione della gara d’appalto. Scrive nella relazione alla presentazione del progetto l’arch. Calza Bini :” Ho curato altresì che venissero eseguiti numerosi saggi per il ripristino della Chiesa. La liberazione dalle sovrastrutture hanno rivelato gli elementi architettonici di essa; quale era nella sua primitiva costruzione del 1200 circa.
Elementi architettonici quasi completi, assicurano il suo non facile ma interessante ed artistico ripristino. A questi ho interessato vivamente il Comm. Munoz, sovraintendente alla Direzione dei Monumenti e Scavi, il quale in seguito a sopralluoghi effettuati con me, ha promesso il concorso dello Stato all’opera di restauro, esprimendosi con vive parole di elogio e compiacenza per l’opera che anche in questo campo l’I.N.I.E.L. ha svolto. Sono state portate alla luce altri preziosi affreschi di non minor valore di quelli esistenti, per i quali la Chiesa era stata da tempo dichiarata Monumento Nazionale.”. Quindi con grande cura ed attenzione si diede vita ad un restauro, ripristino e valorizzazione assolutamente eccellente.
Il degrado
La Chiesa era da tempo lasciata alle incurie del tempo e, quindi, ridotta in uno stato di totale abbandono e dalle foto di cui ho parlato questo stato appare evidente. Ma da una foto in particolare guardando con attenzione appare qualcosa di veramente curioso a cui , all’epoca, non si diede alcuna importanza. Su quasi tutte le colonne e le pareti, a diverse altezze, ed in considerevole numero, appaiono impronte di mani dipinte.
Non ritengo che si possa trattare di un atto vandalico o di un divertimento di fanciulli perché il numero ed il luogo mi ricordano altro. Esistono pitture rupestri in cui prevale in modo considerevole l’impronta di mani che ricordano in modo strabiliante le impronte di San Pietro in Vineis. La più ricca di queste pitture rupestri raffiguranti mani è la Cueva de las Manos in Argentina ; questa grotta si trova in Patagonia e le pitture risalgono a circa 10.000 anni fa.
Secondo gli studiosi la grotta era un luogo sacro e il lasciare impresse le impronte poteva essere un rituale legato al passaggio dall’età infantile all’età matura, il completamento di un rito di iniziazione. Naturalmente le impronte di San Pietro in Vineis non sono così antiche ma molto molto più recenti ma hanno in comune con il loro antenati il luogo : sacro, e questo vorrà pur dire qualcosa.
La spiegazione logica
Probabilmente ci troviamo intorno ai primi del novecento ed ancora esiste forte il legame tra il sacro e la magia, la scaramanzia, il mondo fatto di sortilegi, malocchi, segni apotropaici e scaramantici. Credo esiste un filo conduttore lungo 10000 anni che usa lo stesso metodo per arrivare alla stesso risultato: il passaggio da uno stato ad un altro della vita di uno o più individui che deve essere esorcizzato per garantire un futuro fortunato.
Vedo un profondo legame quasi mistico tra i due identici modi di lasciare il segno del proprio passaggio, anzi, per essere più chiari, dell’appartenenza a quel luogo sacro e quindi la garanzia che il divino ci difenderà ed aiuterà. Bisogna esaminare la foto con molta attenzione e si potrà notare con meraviglia il numero eccezionale di queste impronte e la loro collocazione o a gruppi o singole in una distribuzione simile a quelle delle pitture rupestri. Non ho nessuna certezza in merito all’origine di queste impronte e del loro scopo, ho avanzato un’ipotesi ma è un mistero e , probabilmente, resterà tale.
Prof. Guglielmo Viti, archeologo