Il Tempietto di San Giacomo Maggiore a Vicovaro

Gioiello del periodo tardo gotico-rinascimentale

Il 22 luglio ricorre l’anniversario del miracolo del quadro della Madonna di Vicovaro, conosciuta nella zona come “Avvocata Nostra”, che mosse gli occhi per la prima volta nel 1796. Questo non fu un evento isolato ma si ripeté il 22 luglio del 1863 e il 13 dicembre 1931. Il quadro è stato dipinto da Giacomo Triga nel 1738 ed è contenuto nel Tempietto di San Giacomo Maggiore, presso Piazza San Pietro Apostolo.

Foto dell’autrice

Questo edificio rappresenta un unicum dal punto di vista storico-artistico e architettonico per la fase di passaggio tra periodo tardo gotico e rinascimentale non solo per Vicovaro, ma anche per tutta l’area laziale.

 

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Breve storia del monumento

Come si evince dai due testamenti datati al 1448 e 1456, fu costruito per volontà di Giovanni Antonio Orsini, conte di Tagliacozzo e signore di Vicovaro per accogliere le sue spoglie, anche se non vi fu mai seppellito. L’area prescelta per la sua realizzazione si presentava all’epoca pressoché priva di costruzioni, in modo da trovarsi in asse con la rocca ed essere immediatamente visibile a chi entrava dall’attuale Porta di Sopra.

Anche la dedica a San Giacomo, uno dei più importanti santi del mondo occidentale, protettore dei pellegrini e dei cammini sacri, il cui nome ricorreva nella progenie orsiniana, aveva lo scopo di celebrare il potere del casato.

La funzione di sacello votivo e la planimetria a pianta ottagonale hanno permesso di confrontarlo con la “Cappella Gotica” della Basilica di San Bernardino a L’Aquila, la Cappella Del Balzo-Orsini a Galatina e la Cappella della Natività della Beata Vergine a San Giovanni a Carbonara a Napoli.

La morte dell’architetto e scultore istriano Domenico da Capodistria, sopravvenuta prima del 1451, comportò un’interruzione dei lavori, fermi alle le mura ottagonali alzate, ma ancora prive del rivestimento in blocchi di marmo. Mancava anche la copertura ma il portale doveva essere quasi completo nella parte bassa fino alla cornice di acanto al di sotto della lunetta. Questi si conclusero tra il 1464 e il 1477, con l’intervento di Giovanni da Traù, detto “il Dalmata”.

Secoli XVI e XVII

Nei secoli XVI e XVII  il monumento vive in uno stato di abbandono dovuto a guerre e al declino dei conti di Tagliacozzo, fino alla ripresa della costruzione nel 1692 da parte dei Cenci Bolognetti, che entrano in possesso di Vicovaro proprio in quell’anno. Al loro intervento si deve la realizzazione della  scalinata, delle vetrate nelle bifore e delle credenze per custodire le reliquie di Santa Severa.

XVIII secolo

Tra 1718 e 1719 si costruisce la sagrestia, demolita nei primi anni del ‘900, della quale si hanno informazioni grazie al Catasto Gregoriano. Questa occupava i due lati del retro, innalzandosi per due livelli e vi si accedeva dall’ interno mediante una porticina dietro l’altare e tramite un’altra porta sull’attuale via Roma.

Nel 1719 si concludono  i lavori di restauro, attestati dall’iscrizione posta a destra dell’altare, nella quale sono citati Francesco Orsini come fondatore (per errore) e Ferdinando Principe Bolognetti come responsabile della traslazione di alcune reliquie sotto il pontificato di papa Massimo Clemente XI. Un’altra iscrizone specifica che si tratterebbe delle reliquie di santa Severa trasportate il 23 maggio 1706 dal cimitero di san Callisto e di San Clemente Martire da quello di santa Ciriaca.

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L’aspetto dell’edificio in questo periodo doveva essere simile a quello attuale, con pareti bianche in travertino e pavimento originale degli Orsini.

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Nel 1738 Giacomo Triga realizza il dipinto della Madonna posto sull’altare affiancato dalle statue in stucco dei Santi Giacomo Maggiore e Giovanni Evangelista. Il Triga segue lo schema della Madonnella povera che San Leonardo da Porto Maurizio soleva portare nelle sue Missioni, amico della baronessa di Vicovaro Flavia Theodoli.

Dal XIX al XXI secolo

Al 1890 risale il restauro dell’edificio da parte del Principe Bolognetti sotto la spinta del Ministero della Pubblica Istruzione, seguiti da altri interventi, questa volta per volere di donna Beatrice Cenci Bolognetti nel 1911. Bisognerà aspettare circa una settantina d’anni prima di assistere a nuovi lavori che si susseguirono dal 1984 al 2003 a cura della Soprintendenza dei Beni Archeologici del Lazio (1984), della Provincia di Roma (1996 e 1999) e della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggio del Lazio (2001-2003). Quest’ultimo intervento ha riportato alla luce i colori degli interni risalenti al restauro del 1745, tra cui il celeste del soffitto con stelle dorate.

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Descrizione dell’apparato decorativo

Il portale

Oltre alla caratteristica pianta a base ottagonale, ciò che colpisce sicuramente un ipotetico visitatore è il portale molto dettagliato che presenta un’incredibile densità iconografica in poco spazio. Dal punto di vista stilistico è stato messo in rapporto con quello della basilica di Santa Maria di Collemaggio a L’Aquila.

Foto dell’autrice
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La parte inferiore della facciata si articola in ventiquattro nicchie ospitanti statuine in marmo bianco con basi iscritte, racchiuse tra colonnine di stili differenti. Il primo ordine di nicchie ospita figure femminili, vergini e martiri, insieme ai loro attributi come ruote dentate, libri, croci e palme. Tra le sante sono state identificate Santa Margherita, Santa Caterina d’Alessandria e Sant’Agata. Nell’ordine superiore si dispongono invece figure maschili di santi e apostoli.

La lunetta

Nella lunetta sopra il portale la Vergine col bambino si rivolge con la testa verso San Paolo, mentre a sinistra si trova San Pietro. I due personaggi inginocchiati raffigurano Napoleone e Roberto Orsini. Al di sotto della lunetta un’iscrizione in latino fa riferimento a Giovanni Antonio Orsini. Sopra la lunetta quattro angeli guardano la scena centrale. Al centro campeggia la colomba dello Spirito Santo. Nei due medaglioni superiori è riprodotta la scena dell’Annunciazione con l’Arcangelo Gabriele a sinistra, la Vergine Maria a destra.

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Nelle nicchie sovrastanti trovano posto altre statuette raffiguranti gli Evangelisti e san Francesco; a sinistra Sant’Agostino, San Girolamo, Sant’Ambrogio e San Gregorio Magno. Nel timpano due putti alati sorreggono lo stemma degli Orsini e ai suoi vertici si dispone Cristo tra due apostoli. Tra le statue di coronamento troviamo San Pietro, San Giovanni e San Bartolomeo, mentre sulla cupola San Michele Arcangelo con il braccio alzato a brandire la spada perduta.

Le bifore

Un’altra particolarità tipica del periodo gotico sono le bifore che si aprono su tre lati.

Foto gentilmente concessa dalla Sig.ra Mariastella Ziantoni

La bifora sul lato nord è sormontata da due angeli a rilievo che dovevano far parte della costruzione del periodo del Capodistria, recuperate e incastonate successivamente nella muratura di rivestimento.

Da segnalare all’interno dell’edificio la presenza, al di sopra dell’altare, di un ovale raffigurante Il Padre Eterno Benedicente e dipinto da Salvatore Monosilio (1715-1776), artista messinese autore di un ciclo di quadri presso la Chiesa parrocchiale di San Pietro Apostolo a Vicovaro.