L’olio di Olevano Romano: una storia longeva

Le origini dell’olio si perdono negli albori delle prime civiltà; in nessuna tavola può mancare questo “oro verde” che è alla base della cucina italiana e della dieta mediterranea. Le prime tracce della sua produzione le abbiamo già nella mitologia greca; infatti, è ricordato nel mito nel quale Zeus, per assegnare la sovranità della città di Atene, indice una gara, nella quale avrebbe consegnato la sovranità della città a chi gli avesse portato il dono più utile. Fra tutti i pretendenti ne rimasero due: la prima la Dea Atena, la quale propose a Zeus un ramo di olivo e al contrario di Poseidone che, invece, presentò un cavallo bianco. Zeus scelse la Dea della Sapienza poiché il ramo d’olivo era un simbolo di pace, al contrario del dono del Dio del Mare, simbolo, invece, della guerra antica.

Anfora greca con disegno della raccolta delle olive. Wikipedia

L’abitudine di coltivarlo ed esportarlo nasce, dunque, nell’Antica Grecia. Esso, dunque, ha una lunghissima e longeva tradizione. In particolare, le prime tracce della coltivazione della pianta di oliva risalirebbero a circa 4000 anni fa. I primi usi, oltre che quelli alimentari, furono anche parte dei riti funerari. L’olio, infatti, era usato per ungere i defunti per la cerimonia del trapasso. Inoltre, i greci iniziarono a carpire la potenziale dell’olio come “cosmetico”. Furono prodotti profumi e balsami, una moda proveniente dall’Estremo Oriente e che spopolava nell’antico Egitto.

Dopo la sua diffusione nelle colonie della Magna Grecia, la pianta di olivo si diffuse anche nella penisola italica e, con l’espansione del dominio romano, esso s’inserì nella loro vita quotidiana, grazie anche alle tecniche di coltivazione etrusca. Le prime produzioni romane risalgono al regno di Tarquinio Prisco (616 a. C -579 a. C), quando il quinto Re di Roma intuì il potenziale dell’olivo dal popolo etrusco. L’olio nell’antica Roma, infatti, non era solo per l’uso alimentare, ma era impiegato anche come combustibile per l’illuminazione e come unguento per l’attività sportiva, in particolare era utile per proteggere la pelle dal sole e idratarla.

Insomma, la tradizione dell’olio è lunga quanto quella delle più antiche civiltà ed è palese come oggi sia immancabile nelle nostre cucine; alcune regioni, però, possono vantare una lunghissima tradizione nella sua coltivazione, come quella del Lazio e in particolare il paese di Olevano romano, in provincia di Roma.

Veduta del paese di Olevano Romano

Tra le varietà più coltivate in questa zona c’è sicuramente la pianta Rosciòla (nome botanico Olea europea Roscida). Ha media vigoria e una discreta resistenza al freddo, alla nebbia e al vento. Si presenta con una chioma di media o rada densità e ha un portamento assurgente, ossia quando i rami si sviluppano verticalmente. La sua forma, nel complesso, è tondeggiante e piuttosto piccolo. Il terreno ideale è di tipo sassoso ed esposto molto al sole. Si tratta di una delle migliori qualità di olivo che permette di ottenere un ottimo olio. La raccolta avviene nel mese di novembre e solitamente la produzione è elevata e costante.

L’olio, dunque, è veramente una delle grandi ricchezze italiane, oltre che un vanto nel resto del mondo, ma da sempre, a livello linguistico, c’è un po’ d’incertezza intorno al termine giusto, ossia è corretto dire “olivo” o “ulivo”? In realtà, entrambe le voci sono corrette. “Ulivo” ha un’origine molto antica, ne troviamo attestazione già nel toscano trecentesco e, dunque, la voce “Olivo” sarebbe una derivazione del termine dell’antico toscano, quindi non è migliore dell’altra, forse, però, il termine “ulivo” risulta un po’ più poetico.

Giada Marzocchi

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