Il falco, un simbolo di prestigio nel Medioevo

Uno sfortunato pulcino

Monreale (PA), nell’antica e splendida cittadella normanna medievale, che troneggia da sempre la conca d’oro.  Le cui vette che sfiorano e anche superano i 1000 metri di quota. Caratterizzate da un alternarsi di boschi ed ampie radure con praterie montane e arbusteti. Una vegetazione naturale di macchia mediterranea, querceti e conifere e vegetazione ripariale. Dove non mancano mandarini, susine di Monreale, aranci ecc. La fredda mattina del 9 ottobre 2018, un pulcino di falco Pellegrino è stato rinvenuto mentre si aggirava senza meta in Piazza Vittorio Emanuele. Era spaventato e disorientato.

A salvarlo sono stati i volontari del gruppo SiAmo Monreale. Alessandro Maenza e Piero Faraci, che non ci hanno pensato due volte a prestargli soccorso. E dopo aver informato il distaccamento di San Martino del Corpo Forestale, hanno raccolto il piccolo rapace, consegnandolo ai militari. I Carabinieri Forestali si sono messi subito a disposizione per prendersene cura. A prenderlo in custodia sono stati gli ispettori Carlo Rosolino e Sergio Gallo. I due militi hanno trasportato il falco al Centro Recupero Fauna di Ficuzza della Lipu. Lì è rimasto in attesa di venire reintrodotto nel suo habitat naturale. Una notizia per nulla banale, che nel mondo moderno sottolinea ancora l’inscindibile e sviscerale amore che tutti i siciliani ancora nutrono per questi splendidi volatili. che ci proietta in un mondo che fu.

Nel Medioevo, il Falco era un cosiddetto status symbol. Erano come le automobili odierne di lusso, praticamente nessun nobile era sfornito di uno di questi splendidi animali.

Il massimo cultore medievale della falconeria fu il grande Federico II. Imperatore e amatissimo e re di Sicilia, che la perfezionò enormemente grazie al notevole apporto ricevuto degli arabi. Per lui rappresentava sì da un lato una manifestazione simbolica del potere legata a precisi rituali ed alla costruzione di apposite strutture. Ma dall’altro uno svago, anzi, una vera e propria una passione che coltivò per tutta la vita. Inoltre un mezzo per conoscere meglio la natura. In una proverbiale novella del “Novellino”, una raccolta di cento racconti viene appunto citato Federico II e la sua grande passione per la falconeria.

La novella racconta di una battuta di caccia in cui il falco tenta di uccidere un’aquila e viene ucciso per decapitazione su ordine proprio dello Stupor Mundi. La morale della novella è che in natura c’è un ordine da rispettare e così è anche nella società umana. Egli non era contento della sola pratica di questo sport. Voleva conoscerne tutto. Quindi si documentò leggendo ciò che fino allora si conosceva degli uccelli e della caccia con i rapaci. Convocò alla sua corte molti abili falconieri mediorientali ed introdusse l’uso dell’azione tranquillante del cappuccio. Azione in sostituzione alla traumatica tecnica di “cigliare” (cucire le palpebre dei rapaci per poi allentare gradualmente la chiusura della sutura con l’avanzare del livello di addestramento) che fino ad allora era in uso in Europa.

Nel rispetto di questo nobilissimo rapace non fu soddisfatto di ciò che lesse o seppe dai suoi esperti. Tanto che iniziò a studiare direttamente il comportamento degli uccelli, fino ad avere tanti dati a disposizione da poter redigere un vero e proprio trattato di falconeria: il DE ARTE VENANDI CUM AVIBUS.

Un addestramento innovativo

La padronanza del problema ed il metodo scientifico adottato gli consentirono di produrre un vero e proprio trattato di ornitologia. Più di 500 anni prima di Linneo (Råshult 1707 – Uppsala 1778) egli usò la nomenclatura binomia per designare le diverse specie d’uccelli. Diviso in due parti. La prima, corredata da 500 miniature, presenta circa ottanta esemplari di volatili che possono essere catturati dai rapaci e ne descrive le abitudini, l’aspetto fisico, i modi di difesa, le tecniche di volo, tutte conoscenze indispensabili per addestrare con successo un falco.

La seconda parte, utilizzando minuziose descrizioni e miniature, illustra le varie fasi dell’addestramento del falco con tutte le specifiche attività del falconiere. Dalla lettura di questo magnifico trattato ornitologico traspare un Federico scienziato e naturalista che dedica molto del suo tempo all’osservazione degli uccelli.

Il destino del manoscritto

Malauguratamente il manoscritto originale dell’imperatore è andato perduto durante la disfatta di Parma del 1248; a noi è pervenuta è una copia redatta dal figlio Re Manfredi dopo il 1258, fedelissima al pensiero dell’augusto autore. Quando nel febbraio del 1266 Manfredi perse la battaglia e la propria vita insieme al regno a Benevento, la copia del trattato federiciano divenne bottino degli Angioini. Il nobile francese Jean II Dampierre signore di Dampierre e di Saint Dizier, che aveva partecipato alla campagna d’Italia, ne venne in possesso e qualche decennio dopo realizzò una versione francese, con miniature simili all’originale. Il codice di Manfredi, dopo essere passato nelle mani di vari nobili europei, è attualmente conservato presso la Biblioteca Apostolica Vaticana.

Certo è che la Falconeria, per fortuna, è comunque riuscita a salvarsi. Sicuramente non raggiungerà mai più i livelli e le influenze del passato, e questo è normale, perché le cose cambiano, alcune altre prendono il sopravvento su quelle passate e tutto è giusto e naturale.

Oggi i Falchi, anche se in minor numero, continuano a volare. Probabilmente il vero ruolo dei Falconieri del XXI Secoloè proprio quello di conservare questa tradizione che è nata nella notte dei tempi, mantenere elevato il rispetto per la Falconeria che, al giorno d’oggi, rischia d’essere messa a repentaglio. La Falconeria come fine a sé stessa e per il piacere del Falconiere, come anche scuola per importanti valori, e non come spettacolo e negazione di quella signorilità e simbologia cavalleresca di cui tanto era carica un tempo.

La Falconeria va conservata, ampliata e diffusa, correttamente e con i giusti e sani principi che caratterizzano la falconeria con la F maiuscola.

Vedete… Il rapporto tra uomo e falco è qualcosa di indescrivibile ed unico. Adesso mi viene in mente un paragone, magari un po’ azzardato. L’uomo e il falco sono come due nemici in una delle tante battaglie medievali. Prendete le crociate e i due schieramenti, franco e turco. Tra loro c’erano tensioni, battaglie, conquiste, capitolazioni di castelli e fortezze… Ma spesso ci si rendeva conto che il motivo della battaglia era in fondo lo stesso da ambo le parti. In quelle terre si conobbero uomini che si odiavano e che, contemporaneamente, si rispettavano. In alcuni casi tutto questo divenne anche una solida alleanza.

La nostra regione non ha dimenticato l’eredità lasciataci dal Grande Federico II di Svevia e re amatissimo di Sicilia, tanto che per preservarla ha pensato bene di emanare questo Decreto speciale pensato e fortemente voluto per salvaguardare tutto il patrimonio faunistico dell’isola mediterranea.

La falconeria siciliana oggi

A Giardinello PA, è operativo il centro di allevamenti ASA Falchi Sicilia fondato e magistralmente gestito da una famiglia di falconieri che nel totale rispetto delle leggi regionali ed italiane ama vivere tutti i giorni a stretto contatto la splendida simbiosi ancestrale con la natura.

Molte sono le specie avifaunistiche che si possono osservare nel territorio monrealese nelle ore diurne, come la sterpazzola, un passeriforme migratore che viene a nidificare negli arbusteti a quote alte, la sterpazzolina dalla graziosa gola rossiccia e dal canto particolare spesso immersa nella macchia, lo sparviere, temibile rapace dei boschi, il pettirosso che lo ritroviamo nidificante nei boschi montani, il saltimpalo che si vede spesso posato tra gli steli d’erba, e il pigliamosche. Scesa la sera i paesaggi si tramutano in suggestive sagome ed ombre spettrali dove la fauna notturna reclamerà finalmente il suo dominio e i versi dei rapaci notturni come l’alloccol’assiolo la civetta, riecheggeranno striduli ed affascinati nelle vallate e ai pendici dei monti, le volpigli istrici le martore usciranno dalle loro tane fameliche alla ricerca di un fiero pasto.

 

A cura di Maria Lupica

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