Demoliscono muro storico per restaurare l’Abbazia della Vangadizza di Badia Polesine

Per restaurare l’Abbazia della Vangadizza di Badia Polesine hanno preso i mattoni della cinta muraria monumentale che era alta 3 metri riducendola a un metro di altezza. Nonostante ci fossero i fondi per comprare dei mattoni nuovi. La denuncia arriva da uno storico e ambientalista locale.
”Ma a quei che gà restaura’ l’abbazia, ghe mancava un Centesimo par fare un Franco?”. (Traduzione dal veneto” Ma a quelli che hanno restaurato l’abbazia gli mancava un Centesimo per fare un Franco)
Questa espressione dialettale si può tradurre in questo modo: “Ma se c’erano due finanziamenti per ben 2.000.000 di Euro (1.500.000 Euro e 500.000 Euro) per restaurare l’abbazia della Vangadizza, perché hanno pure parzialmente demolito una cinta muraria monumentale di 30 metri ed alta 3 (portandola ad un metro di altezza) per recuperarne i mattoni (utilizzati per restaurare la stessa abbazia), mentre avrebbero potuto acquistarli con una modica somma?”.

La triste vicenda di quella mura che oggi è solo il ricordo di quello che era un tempo (oltretutto spesso vandalizzata a causa della sua altezza irrisoria), sarebbe riconducibile alle scelte estetiche (anche se si preferisce usare il termine “pseudoestetiche”) di un gruppo di studiosi, architetti e ingegneri che tra il 2006 e il 2010 predisposero il restauro del complesso monastico Abbazia della Vangadizza, simbolo di Badia Polesine, che dette il nome alla città.
“Quando mi accorsi che la mura veniva abbassata – afferma Claudio Vallarini, storico di Badia Polesine – per prelevarne i mattoni, mi chiesi come fosse possibile, essendo la stessa soggetta a ben due vincoli paesaggistici decretati dalla Legge sui Beni Culturali (Testo Unico 42/2004).
La cinta muraria infatti venne edificata alla metà del 1800 per recintare il contiguo Parco Ferracuni e non certo ad uso dell’abbazia, che ormai non esisteva più neppure come istituzione ecclesiastica. Vi è persino un disegno ottocentesco del Parco Ferracini, che mostra sia la mura che un ammasso di pietre ancora oggi esistente, sopra il quale è affisso un cartello turistico con indicato “Colline de San Theubaud”, anche se, più che di Collina, penso si dovrebbe parlare di “Cumulo di pietre”.
Per poter abbassare la mura e quindi recuperarne i mattoni, i tecnici che avevano predisposto il progetto di restauro avevano dichiarato che la mura non era “vincolata”.
Segnalai perciò – continua Claudio Vallarini – la questione alla Sovrintendenza di Verona chiedendo come fosse possibile tutto ciò, con l’intento di fermare i lavori e, soprattutto, con la speranza di veder ricostruita la cinta muraria. La Sovrintendenza sospese perciò per un certo tempo i lavori di demolizione, ma poi i tecnici incaricati del restauro scrissero alla stessa riconoscendo che, effettivamente, essa era vincolata come io avevo dichiarato ma che comunque era stata ricostruita più volte e che “era ritenuta novecentesca”, quindi si poteva parzialmente demolire perché il Comune aveva persino “chiesto e approvato la riduzione dell’altezza con la Delibera di approvazione del progetto in corso”.
Ma il Comune di Badia Polesine approvava un progetto di restauro che dichiarava che la mura monumentale non era vincolata nonostante su di essa sussistessero ben due vincoli paesaggistici? Approvava quindi un progetto viziato da dichiarazioni non conformi al vero?

In difesa delle sue scelte progettuali, il responsabile del restauro aggiunse altre osservazioni quali l’obbligo di mantenere la sicurezza da parte della pubblica amministrazione, così, anziché consolidare la mura e metterla in sicurezza si era preferito abbassarla…. e recuperare migliaia di mattoni che (in questo modo), non si sarebbero acquistati e riutilizzati in loco (dichiarando che “l’abbassamento è conforme all’obiettivo del vincolo paesaggistico, che considera il verde come rispetto e cornice del monumento abbaziale, favorendone la miglior visibilità”)….”Le jeux son fait, rien van plus”?

In conclusione, quella che oggi appare come una “panchina di 30 metri” sulla quale finalmente sedersi per gozzovigliare, danneggiando i resti del Parco Ferracini o dell’ex abbazia che dir si voglia (vedasi le immagini allegate), se fosse stata restaurata, consolidata e messa in sicurezza (tutte cose previste nel restauro di un complesso architettonico) anziché asportarvi migliaia di mattoni, oggi (secondo il mio ed altri pareri) sarebbe un ulteriore e suggestivo elemento architettonico che valorizza il millenario complesso abbaziale che l’Europa ci invidia.

Mi piacerebbe sapere, – conclude Claudio Vallarini – dal Sindaco Giovanni Rossi (che si è sempre molto impegnato per far restaurare questa antica abbazia), se una Delibera comunale può approvare un progetto fondato su dichiarazioni non conformi al vero (in difformità al Testo Unico 42/2004 sui Beni culturali e ambientali), e se, con una piccola somma per l’acquisto di mattoni, non si potrebbe ricostruire quella splendida mura che (solo 10 anni fa) cingeva il Parco Ferracini. Io per primo, gliene sarei estremamente grato!”.