È possibile coltivare sott’acqua? Un progetto dimostra di sì
Tutti i settori umani stanno avendo negli ultimi anni un impetuoso stimolo; nascono progetti che aiutano le nostre vite e in parte le cambiano, basti pensare alle funzionalità dello smartphone di oggi in confronto con i primi cellulari. Questo progresso, però, non riguarda solo la tecnologia, ma molti altri settori e tra questi, sicuramente, c’è l’agricoltura.
La coltivazione ha subìto, e sta subendo, un notevole progresso, cambiando anche i modi di coltivazione dei terreni e le stesse culture. Negli ultimi anni è possibile, addirittura, coltivare sotto il mare. La prima domanda che ci poniamo è: com’è mai possibile?
Il progetto della Ocean’s Reef
Da alcuni anni, è nato il primo orto subacqueo grazie all’opera di Sergio Gamberini, capo dell’Ocean Reef (un’azienda genovese con sede, tra l’altro, in California). Tutto è nato durante un viaggio dello stesso Gamberini che in visita in un luogo balneare provò a convogliare le sue due grandi passioni: l’agricoltura e l’attività subacquea. Decise così di provare a portare, sotto il livello del mare, una sacca termica che ancorò sul fondo, cercando così di ottenere una bolla d’aria. L’esperimento andò a buon fine e, così, lo approfondì grazie al suo team.

Crearono delle biosfere gonfiabili, in cui seminarono del basilico, le fermarono sul fondo del mare e, sorprendentemente, esso germogliò, dimostrando che si poteva coltivare sotto la superfice marina. Per di più, i ricercatori notarono fin da subito che non solo il basilico cresceva “normalmente”, ma lo faceva in tempi dimezzati; infatti, i semi germogliarono in soli 36-48 ore contro, invece, ai 5 / 7 giorni previsti. Tale progetto aveva come nome Nemo, come il nome del protagonista di “Venti leghe sotto il mare” di J. Verne).
Il primo orto sott’acqua
Il primo orto sotto il mare, dunque, fu installato nel 2012 e adesso il progetto è in continua crescita; i ricercatori hanno, infatti, installato circa cinque biosfere che hanno ancorato nel mare nei pressi di Savona (Liguria). Esse sono poste sia in modo verticale sia in orizzontale e sono alimentate da bombole di ossigeno. Tutte, poi, sono collegate con un “server” a riva che invia dati costanti sia per lo studio del progetto sia per la sicurezza dello stesso. Insomma, è come se fosse una serra sott’acqua.
Si tratta di un balzo in avanti non indifferente che potrebbe cambiare, per sempre, il modo di coltivare.
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