Stefano D’Arrigo, scrittore e poeta, scelse Arcinazzo Romano per completare la sua opera: “Horcynus Orca”.

Scrittore, poeta e critico d’arte, ma non è sufficiente per definire la personalità di Stefano D’Arrigo, fra le più influenti del Novecento italiano.

Foto di D’Arrigo Stefano, tratta dal sito TreccaniEnciclopedia.it

Nato in provincia di Messina il 15 ottobre del 1919 da Giuseppe e Agata Miracolo, visse nel piccolo borgo affacciato sul Mar Mediterraneo di Al Marina (oggi Alì Terme). Ebbe un’infanzia non semplice, infatti il padre si separò dal resto della famiglia per trasferirsi negli Usa in cerca di fortuna.

La giovinezza

Dopo i primi studi, si spostò con la famiglia a Messina, dove s’iscrisse alla Facoltà di Lettere e Filosofia. Con l’avvento del Secondo conflitto bellico egli, come altri giovani, dovette unirsi all’esercito e così fu obbligato a iniziare il corso da allievo-ufficiali a Udine che fu interrotto, però, molto presto poiché fu nuovamente spostato in Sicilia. Nonostante i bombardamenti e lo sbarco degli alleati, riuscì a conseguire la laurea con una tesi su F. Hӧlderlin, poeta e filosofo tedesco che influenzò la sua successiva opera letteraria.  Nonostante il periodo così complesso e difficile, D’Arrigo, in seguito, dichiarò che fu tra quelli più formativi di tutta la sua vita, che gli insegnò come affrontare le avversità e portare avanti i propri piani.

Dopo la laurea, negli anni a seguire al 1946, visse tra Milano e Napoli, trasferendosi poi stabilmente a Roma. Nella capitale, ebbe modo di dedicarsi alle attività letteraria e alla sua grande passione, ossia l’arte, tanto che divenne uno dei più stimati critici d’arte contemporanea. Inoltre qui sposò Jutta Bruta, una ragazza che aveva conosciuto a Messina durante il periodo universitario. Jutta fu la sua compagna di vita e fu testimone della produzione di importanti opere letterarie, come lo Horcynus Orca.

Non dobbiamo dimenticarci che erano gli anni del Neorealismo, di opere intramontabili come quelle di Pasolini o Vittorio de Sica e così che anche Arrigo entrò in contatto con questi ambienti culturali, stringendo delle profonde amicizie con E. Vittorini, E. Flaiano e G. Mazzullo. Nella casa di quest’ultimo tra l’altro erano soliti ritrovarsi intellettuali come Giuseppe Ungaretti e Cesare Zavattini.

Ritratto di Pasolini. WIkipedia.

Con il passare del tempo, la sua primaria occupazione divenne la critica d’arte, tanto che firmò diversi articoli per l’Espresso. La passione artistica lo spinse ad avvicinarsi alle opere di R. Gattuso, tra gli artisti italiani più rinomati del Novecento.

Gli anni del Dopoguerra

Dagli anni 1946-1960 possiamo far coincidere la sua prima e vera produzione letteraria; infatti risale al 1957 la pubblicazione di Codice Siciliano, una raccolta di diciassette liriche che ebbe un notevole successo a livello di critica. La sua opera certamente più nota e rilevante è il già citato Horcynus Orca: un poema epico moderno o, come da alcuni è stato definito un “libro-mondo”. Horcynus Orca, dunque, che cerca di superare il neorealismo, andando oltre i concetti e i simboli chiavi di tale corrente. Si tratta di un lavoro monumentale che porterà via molti anni a D’Arrigo, infatti, come lui stesso ha dichiarato, ci lavorò dal 1956 al 1974. L’instancabile stesura e la profonda revisione che fece, lo portarono anche ad avere problemi fisici. Soffriva, infatti, di emicranie violentissime. Fu un lavoro mastodontico che però lo consacrò tra le menti più brillanti del secolo scorso.

Negli ultimi anni di revisione e stesura di quest’importante lavoro, D’Arrigo si ritirò negli Altipiani di Arcinazzo, nel quale ritrovò la pace e la giusta concentrazione per portare avanti la sua opera più importante che a questo punto constava di più 1200 pagine. La bellezza e la pace di questa campagna li dettero l’input per dare l’ultima, ma fondamentale, impronta alla sua opera.

Morì nel 1992 presso la sua casa romana.

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