Il Ponte Rotto di Roma: una storia travagliata
Lo sappiamo, non sempre le opere architettoniche progettate vanno a buon fine o sono durature nel tempo; alcune ad esempio non vengono mai portate a compimento.

Sono numerosi gli esempi di edifici, ponti o costruzioni che per un motivo o l’altro sono stati distrutti o mai finiti. Sicuramente tra i casi più noti c’è quello del Ponte Rotto di Roma, antistante il ponte Palatino.
La costruzione
Il Ponte Emilio, o in latino Pons Aemilius, fu il primo ponte in muratura della città laziale; detto anche Ponte Rotto, poiché, avendo subito molti danni nel corso del tempo, non lo ripararono mai.
Non abbiamo la certezza del suo costruttore, secondo molti storici furono i consoli Marco Emilio Lepido e Marco Fulvio Nobiliare nel 179 a. C, i quali avrebbero progettato e realizzato i primi piloni. Tale attribuzione però non è confermata con i testi di Plutarco e Tito Livio, rispettivamente filosofo e storico romano, che ne attribuiscono l’origine solo a Marco Fulvio Nobiliare. Questa, a oggi, è la tesi più accreditata poiché è plausibile credere che la costruzione del Pons Aemilius fosse in concomitanza con quella della nota Via Aurelia nel 241 a .C. Tuttavia, solo nel 142 a. C, i due consoli, P. C. Emiliano e L. Mummio, lo terminarono.

Il primo “restauro” si deve a Ottaviano Augusto, primo imperatore di Roma, nel 12 a. C; assunse dunque il nome di Ponte Massimo, in onore dell’imperatore. Il nome rimase per lungo tempo, fino a che Papa Giovanni VIII decise di convertire il vicino Tempio di Portunus nella Chiesa di Santa Maria Egiziaca e dunque anche al ponte fu di nuovo rinominato in ponte di Santa Maria.
La sua storia in epoca moderna
Purtroppo, a prescindere dal nome, ebbe un’esistenza travagliata. Molte alluvioni lo danneggiarono gravemente, come quella del 1232 e quella del 1422. La più grave fu sicuramente quella del 1557 quando una violenta esondazione del fiume Tevere lo spazzò quasi via. Papa Gregorio XIII lo fece ricostruire, in occasione del giubileo del 1575 da M. Bartolani, noto architetto pontificio. Purtroppo, il destino per questo ponte si dimostrò ancora molto amaro: una nuova alluvione distrusse tre arcate su sei. Queste non furono ricostruite, rimase così. Lo convertirono a una sorta di giardino pensile sulle acque del Tevere.

Solo alla metà dell’Ottocento, l’architetto Pietro Lanciani cercò di restituirgli la sua antica funzione. Attraverso una scalinata sorretta da funi, lo collegò alla riva sinistra del fiume, ma purtroppo questo progetto ebbe vita breve. Già alla fine dell’Ottocento (1887), con i nuovi progetti, abbatterono la passerella di Lanciani e costruirono l’odierno ponte Palatino. Del Ponte Aemilius, rimase solo quella monca arcata, adiacente al nuovo ponte.