L’urna di Villa Magna ad Anagni

Uno splendido reperto dal passato

Durante i lavori agricoli, nei pressi di Villa Magna, nel 1900, la contessa Ersilia Caetani Lovatelli, nel terreno del sig. Pietro Balestra, che aveva acquistato nel 1874 tutto il complesso di Villa Magna dal Demanio dopo che era stato espropriato allo Stato del Vaticano a seguito della presa di Roma, ritrovò una camera sepolcrale contenente “un’urna infranta in vari pezzi.

Alcuni frammenti non fu possibile recuperarli, per quante ricerche ed escavazioni fece a tal effetto il sig. Pietro Balestra”. Così la descrive Matilde Mazzolani in Anagnia, Forma Italiane 1969 “Furono scoperte alla fine del secolo scorso dalla Caetani Lovatelli. Un ambiente rettangolare e conteneva un numero imprecisato di scheletri sovrapposti e separati da tegoloni. All’esterno presso la parete di fondo, vi erano tre anfore, una delle quali conteneva piccoli oggetti decorativi, forse in osso. Vicino a questa tomba ve ne erano altre “in rozza opera muraria tufacea, con corredo”.

Sempre nella prima tomba fu rinvenuta un’urna di cui la studiosa fornisce fotografie ed un’accurata descrizione. Di questa tomba ora, si è persa ogni traccia; secondo gli abitanti della zona, tuttavia, un piccolo rudere isolato fu ricoperto, in tempi relativamente recenti, da un fienile situato di fronte all’ingresso di una cava di pozzolana abbandonata, sopra la fontana di Concervino.” Quell’urna è uno dei più grandi capolavori di arte antica: l’urna di Anagni, oggi conservata al Metropolitan Museum di New York.(v.planimetria con l’indicazione del luogo in cui si trova l’urna, tratta da un articolo su Anagnia di Ivan Quiselli) “Abbiamo solo quattro o cinque urne e la maggior parte di loro sono abbastanza standard; questa è la più insolita capitata sul mercato in più di una generazione (Carlo Pican curatore incaricato dell’arte greca e romana presso il Metropolitan Museum).

Il ritrovamento all’asta

Nel 1988 uno di quei frammenti introvabili, evidentemente il sig. dott. Pietro Balestra l’aveva, probabilmente, gelosamente conservato, ricomparve in un’asta di Sotheby’s e praticamente completa tutto il monumento, tranne un piccolo frammento ancora mancante. Il tema del bassorilievo, insieme di armi, elmi, carri da guerra, corazze ecc… per una felicissima intuizione dell’archeologa Sandra Gatti, è esattamente lo stesso del basamento della Colonna Traiana di Roma , che era la camera sepolcrale dell’imperatore Traiano.

Un particolare, che poi è in parte in quel piccolo frammento mancante, conferma tale ipotesi, ovvero l’esistenza nell’urna di Anagni come nel basamento della Colonna Traiana di una porta di accesso alla camera sepolcrale ( nella nostra urna la porta è, naturalmente, finta). Quest’urna lunga cm.54, alta cm. 36 e larga cm. 41, databile intorno al 110 d.c. e appartenuta ad un’importante personaggio o della famiglia di Traiano o legato militarmente all’imperatore, deve tornare ad Anagni!

Come il vaso di Eufonio e mille altri capolavori conservati all’estero sono tornati, così una delle sale del nostro museo dovrà conservare questo capolavoro che appartiene alla comunità anagnina (collocazione anche più degna di quella attuale al metropolitan, in un salone dedicato ai collezionisti “ladri d’arte” Leon levy e Shelby White, confusa con mille altri oggetti della collezione). L’urna fu certamente trafugata e ne abbiamo la conferma da Sandra Gatti che non ha trovato nessuna autorizzazione ufficiale all’esportazione obbligatoria fin dal 1908.

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Prof. Guglielmo Viti, archeologo

Foto gentilmente concesse da anagnia.com

 

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