Il dramma della cultura a Chieti

Immaginate di fare circa tre ore di macchina, partendo da Roma per arrivare a Chieti, per visitare la città. Ma soprattutto il famoso Museo Nazionale Archeologico di Villa Frigerj, che ospita tra le altre cose l’importante scultura del Guerriero di Capestrano.

Immaginate ora la delusione e la frustrazione, una volta arrivati, di trovare il museo chiuso senza neanche un cartello di spiegazione.

Il museo chiuso

È quello che è successo a noi. Non immaginavamo certo che un museo nazionale, potesse essere chiuso al pubblico in un pomeriggio di mercoledì.

Ammettiamo che non avevamo consultato gli orari direttamente dal sito del museo, ma ci eravamo affidati a quelli trovati su Google. Però avevamo provato in mattinata a telefonare e nessuno ci aveva risposto.

Arrivati intorno alle 15, il museo era chiuso. Nessun cartello all’esterno a spiegarne i motivi. Riprovando a telefonare, finalmente ci rispondeva un addetto, il quale ci confermava che il museo era chiuso e che apriva soltanto il sabato e la domenica o altrimenti il mercoledì mattina. Almeno questo è quello che abbiamo capito e che sembrerebbe capirsi dagli orari riportati sul sito ufficiale.

L’addetto tuttavia non ci spiegava i motivi per cui il museo nazionale era chiuso. Glissava le nostre domande con tono timoroso, quasi vi fosse un velo d’omertà steso sulle ragioni.

Abbiamo allora provato a chiamare il comune, ma ovviamente essendo pomeriggio risultava chiuso.

Le motivazioni economiche

Alla fine trovavamo una fonte per le nostre informazioni. Ci veniva spiegato che purtroppo manca il personale e che non ci sarebbero fondi per assumere dipendenti.

Un vero peccato, che un museo così importante non venga valorizzato e venga  bisfrattato in questa maniera. Ma il comune non potrebbe intervenire, offrendo aiuto alla sovrintendenza con qualche dipendente comunale? Non potrebbe mettere a disposizione qualche ragazzo della protezione civile, della Pro Loco oppure qualche cittadino inserito in un progetto sociale?

Rimaniamo basiti e amareggiati quando la cultura viene messa sotto ai piedi. Ma soprattutto oltre alla delusione, anche la frustrazione di aver percorso tanti chilometri per nulla.

 

 

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