La chiesa di San Rocco a Vicovaro. Le fonti per la ricostruzione storica.

La chiesa di San Rocco sorge lungo la via Tiburtina Valeria Vecchia, in posizione periferica rispetto al centro storico di Vicovaro. Modesta nelle dimensioni e nell’apparato decorativo sia all’esterno che negli interni, rientra probabilmente nella tipologia delle “chiese fienile”, della quale si incontrano diversi esemplari lungo la suddetta via consolare, come nel caso di Arsoli.

La facciata d’ingresso della Chiesa. Foto gentilmente concessa dall’Arch. S. D’Amora, pres. di Cultura Vi.Va. aps

Il progetto di rilievo ed ipotesi di restauro dell’Arch. Serena D’Amora

Dal 2006 al 2007 l’architetto Serena D’Amora ha condotto un lavoro di ricerca universitaria presso la   “Sapienza Università di Roma” per un progetto di rilievo ed ipotesi di restauro del manufatto.  La fase preliminare ha previsto la raccolta di informazioni presso l’Archivio di Stato di Roma, l’Archivio Capitolino e l’Archivio Storico del Comune di Vicovaro. Da questa sono emerse interessanti notizie sulla storia dell’edificio.

Le fonti d’archivio

Le prime menzioni della chiesa sono contenute in un documento dell’Archivio Diocesano di Tivoli nel quale è indicato che la Confraternita di San Rocco e San Sebastiano, con sede presso la chiesa di San Rocco, fa richiesta di un’ulteriore sede, questa volta nel centro storico, presso la chiesa di San Sabino.

Al 1681 risale la visita pastorale del Marescotti che descrive l’altare e la statua lignea del santo, ribadendo lo stretto rapporto che intercorre tra le due chiese di cui sopra. Sembrerebbe infatti che, nel giorno delle celebrazioni in onore dei santi Atanasio, Antonio da Padova, Fabiano, Sebastiano e Rocco, “…con le elemosine dei più fedeli…dalla chiesa di San Savino, qui sono portati i paramenti necessari e nel giorno della festa dei medesimi santi i confratelli portano processionalmente le sacre immagini dalla medesima chiesa di San Savino”. Dalla visita pastorale del 1693 del Fonseca si evince che tra le “sacre immagini” citate dal Marescotti ci fossero “i santi simulacri di san Sabino”. Si fa inoltre riferimento allo stato di incuria della chiesa, in particolare alla necessità di restaurare il tetto e di eliminare le infiltrazioni d’acqua.

Al 1788 risalgono invece gli interventi di ampliamento dell’edificio ad opera del consigliere comunale Rocco Francorsi. Così  riporta  infatti l’iscrizione posta nella sagrestia, il cui corpo di fabbrica fu aggiunto nel XVII secolo.

Nel 1819 Antonio Nibby, archeologo e topografo romano, visita la chiesa durante le sue esplorazioni nella Valle dell’Aniene, rimanendo incantato dalla “veduta magnifica” del fiume Aniene, di Saracinesco e del convento di San Cosimato,  Descrive quest’ultimo come “coronato di cipressi e posto sopra rupi giallastre”.

Durante il periodo napoleonico tutte le associazioni religiose decaddero, ma rimase attiva, invece, la Confraternita della Buona Morte, sostenuta dalle elemosine in suffragio dei defunti. Ad essa si deve la continuazione della celebrazione della processione del 16 agosto, oggi inattiva, che, partendo dalla chiesa di San Sabino si concludeva con la messa solenne nella chiesa di San Rocco, la funzione delle Quarantore durante la Settimana Santa e dell’Ottavario dei defunti, celebrate queste ultime due sempre presso San Sabino.

Le particolarità della chiesa

Nonostante la semplicità delle forme, la chiesa di San Rocco presenta delle particolarità: il portale bugnato di ingresso sul fronte principale, inserito probabilmente nel XVI secolo, in un secondo momento rispetto alla costruzione della chiesa, sembrerebbe un elemento di riuso traslato da un altro edificio. Sul lato lungo che fiancheggia la via Valeria si apre un portale con modanature semplici e bassorilievi recanti la rosa presente sullo stemma della famiglia Orsini e ricorrente in diversi monumenti del centro storico del paese. Nei pressi della porta una lastra in travertino è caratterizzata da una fessura per le offerte. Anche il portale di ingresso laterale sembrerebbe essere appartenuto ad un altro edificio.

La rosa orsiniana sul portale d’ingresso laterale. Foto gentilmente concessa dall’Arch. S. D’Amora, pres. di Cultura Vi.Va. aps
La buca per le offerte. Foto gentilmente concessa dall’Arch. S. D’Amora, pres. di Cultura Vi.Va. aps

La ricerca dell’architetto D’Amora ha messo in luce alcuni interventi di restauro intercorsi nei secoli. Originariamente l’edificio si presentava con un’aula unica coperta da un tetto a capriate lignee. Oltre alla già citata sagrestia costruita nel XVII secolo, alcuni interventi del corso del Novecento hanno modificato gli interni della chiesa: l’inserimento di arcate a sesto ribassato, la sostituzione delle capriate lignee, evidentemente in stato di degrado, con arcate in muratura e l’aggiunta di due finestre sui lati lunghi. L’affresco della parete dell’altare rappresenta la Vergine Maria e i quattro Santi Avvocati della chiesa: San Girolamo, San Rocco, Sant’Antonio da Padova e San Sebastiano.

La chiesa oggi

Le continue criticità dello storico manufatto, dovute all’incuria e ben individuate dalle fonti nei secoli, pervadono purtroppo ancora oggi la chiesa, la cui importanza è evidenziata anche dalla nascita attorno ad essa di un vero e proprio quartiere. Probabilmente la posizione periferica rispetto al centro storico e la scomparsa graduale dei culti legati al santo hanno contribuito al suo stato di abbandono. Si auspica nel futuro prossimo di poter concretizzare tale progetto di restauro per restituire finalmente dignità ad un piccolo gioiello mai dimenticato dalla popolazione vicovarese.

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