Il castello di Roiate: una questione di famiglia

L’anno 568 d. C inizia per l’Italia con l’invasione del popolo longobardo. I longobardi, popolo di origine germanica, migrarono dalle sponde del fiume Elba fino all’invasione dell’Italia attraverso l’Isonzo. Alla guida del re Alboino si stanziarono nell’odierno Friuli, occupando gran parte dell’Italia settentrionale e crearono, nel centro e nel sud, il Ducato di Spoleto (Umbria) e di Benevento (Campania).

L’impero bizantino, fino ad allora, forza egemone in Italia, conservò solo alcune zone costiere, quelle delle attuale Emilia (la città di Ravenna, ad esempio) e il cosiddetto corridoio bizantino, il quale collegava Ravenna con Roma.

L’espansionismo longobardo continuò a crescere fino a rompere i delicati equilibri politici e territoriali della penisola. La frattura avvenne con la conquista di Ravenna che apparteneva ai bizantini. In quel momento il Papa, vedendo minacciato il proprio dominio su Roma, chiese aiuto ai franchi, i quali riuscirono a far ritirare i longobardi e a far cedere al Papato parte dei loro territori conquistati.

La sottomissione dei longobardi non si trattò, però, di uno sterminio di popolo. Di fatto fu un’inclusione nella loro società attuale, come già era accaduto nel 643 con l’editto Rotari: una serie di leggi penali e civili che disciplinava i rapporti tra il popolo longobardo e quello italico.

L’unione fra i due popoli, dopo la sconfitta da parte dei franchi, permise che la maggior parte dei longobardi potesse formarsi una vita nella penisola. Molti svilupparono diverse casate nobiliari.

Protagonista di una curiosa vicenda è, appunto, il discendente longobardo Landolfo Raone.

La questione di famiglia

Raone discendeva da un ramo dei conti di Ceccano (provincia di Frosinone) e si ritrovò nel bel mezzo di un fatto particolare.

Nel 1174, usurpò con furbizia, come riportano le cronache del tempo, diversi beni che appartenevano al Monastero di Subiaco. Il priore monastico, non potendo scacciare Raone con le sue forze, fu costretto a chiedere aiuto a papa Alessandro III. Il Papa scomunicò seduta stante Landolfo. Lo costrinse a restituire i feudi usurpati e infine gli pignorò il castello di Roiate e l’antica fortezza di Roccasecca.

Nonostante la scomunica, l’abate Simone si dimostrò benevolo con Raone e disposto a trovare, in via del tutto eccezionale, un accordo. Dopo aver ottenuto un giuramento di fedeltà e di non aggressione, gli concesse per dieci anni l’uso del castello di Roiate.

Il fatto curioso è che già il padre di Landolfo, Landolfo Rao, fosse stato protagonista di una vicenda simile. Dalle cronache locali sembra lui il primo possessore ufficiale del castello di Roiate, ma, come poi farà il figlio, sottrarrà con la forza alcuni feudi al monastero. La punizione fu però più grave rispetto a Raone: egli sarà scomunicato e cacciato dalle terre roiatesi, senza più possibilità di ritorno.

In seguito alla morte di Raone, avvenuta intorno agli anni Ottanta dell’anno Mille, la figlia Gemma rinunciò alla concessione dell’abate e donò il castello di Roiate alla curia, la quale lo affidò a un’altra nobile famiglia, quella di Casto di Scarpa.

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