Marcia, un’anagnina alla testa dell’impero romano

A cura dell’archeologo Guglielmo Viti

Nel 1764 ad Anagni in località Piscina vennero alla luce durante gli scavi di fondazione di casa Apolloni frammenti di due statue. Sappiamo essere, dalle basi dedicatorie su cui poggiavano, di Evodio e di sua figlia Marcia.

Questi frammenti, però, come ci racconta lo Zappasodi restarono in loco, insieme ad altri senza essere “asportati”.

 

Marcia Aurelia Ceiona Demetra, così come riportato nell’epigrafe, era nata ad Anagni il 5 maggio 167 d.c. da una famiglia benestante.

Il padre, Evodio Marco Aurelio Sabiniano, nato da una schiava, forse campana, a Villa Magna, era cresciuto come liberto alla corte imperiale. Riscattato da Marco Aurelio, era divenuto, sia grazie alla protezione dell’imperatore, sia per le sue doti di intelligenza e raffinatezza, un uomo potentissimo.

L’imperatore Marco Aurelio lo nominò Amministratore di Villa Magna, una tenuta di enormi dimensioni, sita nel territorio di Anagni, di proprietà del demanio imperiale. Fu consigliere e segretario di Commodo, Pertinace, Didio Giuliano e Settimio Severo. Fu anche precettore di Caracalla, ma accusato di aver istigato proprio Caracalla ad uccidere il fratello Geta, fu condannato a morte e ucciso nel 212 d.c. a 69 anni.

Durante la sua vita ebbe una figlia che divenne più celebre e potente dello stesso padre. Qualcuno ha messo in discussione il fatto che la nostra Marcia sia figlia di Evodio ed in effetti abbiamo la sola testimonianza del cosiddetto pseudo-Vittore che la chiama Marcia generis libertini. Ovvero figlia di un liberto, ma considerate le date, i luoghi e gli avvenimenti, diamo per certa questa sua discendenza.

Marcia doveva essere bellissima. “Grande e formosa”, “bellissima di forme e dotata di virile carattere”. Tanto che a 20 anni, cioè nel 183, diviene concubina del cugino dell’imperatore Commodo, Ummidio Quadrato, figlio della sorella di Marco Aurelio. Ummidio Quadrato, però, fu accusato di aver ordito un complotto contro l’imperatore e per questo fu condannato ed ucciso.

Così Marcia divenne prima favorita e poi concubina di Commodo.

L’essere concubina era nell’antica Roma un ruolo importante per una donna, legalmente riconosciuto. Marcia ebbe un’influenza , che alcuni autori antichi definirono “nefasta”. Importante sull’imperatore, ricambiata, in nove anni, con ogni sorta di favori e di onori. Anche perchè la posizione di Crispina , la legittima moglie di Commodo, in seguito alla mancata maternità del 182 d.c. era in declino.

Tanto fu potente Marcia che la ritroviamo ritratta come un’amazzone insieme all’imperatore in una medaglia che allego.

Un’episodio racconta come fosse sempre attenta e partecipe alle vicende imperiali, tanto che influenzò Commodo nel condannare un potentissimo prefetto del pretorio Cleandro, fedele suddito dell’imperatore.

Nel 190 d.c. una forte carestia aveva colpito la città di Roma e molti cittadini davano la colpa all’incapacità del prefetto. Durante un evento sportivo al Circo Massimo, molti spettatori rumoreggiano e chiedevano le dimissioni di Cleandro. Il prefetto mandò i pretoriani a cavallo contro la folla per sedare la rivolta, ma a difesa della gente, altri soldati andarono contro i pretoriani. Ne nacque uno scontro militare fra truppe romane.

Commodo non seppe niente delle cause dello scontro e fu proprio Marcia a raccontargli i fatti ed ad indicare come unico responsabile Cleandro, che l’imperatore fece poi uccidere.

Questo fatto, come altri che accadranno in questi anni, racconta come in realtà la caduta di personaggi potenti, come Cleandro e l’ascesa di altri come Pertinace, futuro imperatore, al posto di Cleandro, non furono dettati solo dai fatti contingenti, ma facevano parte di giochi di potere a scapito dell’imperatore.

La nostra Marcia ne fu sempre consapevole e di conseguenza agì come nel caso dei suoi rapporti con i cristiani.

Sappiamo che si prodigò molto per i cristiani con veri e propri favoritismi, coinvolgendo in modo determinante anche Commodo. Nel 188/189 d.c. riceve dal vescovo Vittore una lettera con l’elenco dei cristiani condannati ai lavori forzati in Sardegna nelle miniere, ma convince l’imperatore a firmare il decreto di liberazione.

Del resto Marcia era cresciuta ed educata da Giacinto, un eunuco di religione cristiana.

Marcia si dette da fare direttamente con l’imperatore per far liberare anche Callisto, futuro vescovo di Roma. Accusato di bancarotta ed arrestato per debiti.

Erodiano: scrive che Marcia “in nulla era inferiore ad una moglie legittima e godeva di tutte le prerogative di Augusta, eccetto le fiaccole.” Marcia , peraltro, dopo aver supplicato Commodo di non scendere nell’arena il 31 dicembre del 192 d.c., il giorno della sua morte, si trovò di fatto insieme a Ecletto e Quinto Emilio Leto (prefetto del pretorio) ALLA TESTA DELL’IMPERO dopo la morte di Commodo”(A.Galimberti).

Secondo Cassio Dione : “ Marcia prendeva atto , a nome dell’impero, dell’organizzazione unitaria della Chiesa e apriva la strada a quelle trattative dirette fra gli imperatori e i vescovi. Trattative che caratterizzeranno la storia del III sec. e che, prima di ogni riconoscimento ufficiale, rappresenteranno il RICONOSCIMENTO DI FATTO DELLA CHIESA da parte dell’impero.”.

Ci vorranno ancora due secoli per l’arrivo di Costantino.

Marcia era una donna ricchissima e lo dimostra la lapide trovata in Anagni in località Piscina, in cui il Senato e il Popolo di Anagni ( SPQA) le dedicano una statua. Perché grazie a un suo finanziamento (“suis sumptibus”), furono restaurate le terme ( di Piscina), da tempo abbandonate. Inoltre donò ai Decurioni ( consiglieri nel comune che ad Anagni erano 15) 15 denari. Ai Seviri (membri di un collegio di 6 uomini, 6 ufficiali comunali che soprintendevano al culto di Roma e di Augusto) 12 denari. A ciascun membro del popolo 10 denari. In fine fece celebrare l’evento, sempre a sue spese, con un grande banchetto. Talmente abbondante da bastare a tutta la popolazione.

Ad Anagni si ricorda anche che fece sistemare la via Magna, quella che conduceva direttamente da Villa Magna ad Anagni.

 

La fortuna di Marcia, però, dopo la morte di Commodo ebbe fine. E con l’imperatore Didio Giuliano, succeduto a Pertinace, che era seguito a Commodo, fu condannata con l’accusa di aver partecipato alla congiura di palazzo, che aveva portato all’uccisione di Commodo. Fu uccisa a soli 30 anni.

Sappiamo come l’accusa fosse infondata ma “Marcia deve morire” parafrasando una celebre titolo di un film.

In Marcia ritroviamo quel ruolo da protagonista delle donne, soprattutto delle concubine ed etere, che fu del mondo etrusco. Una caratteristica unica di quel popolo che si rinnova nella cultura ernica con Anagni capitale, dove le donne sono talmente importanti da sedere a banchetto con gli uomini. Da saper danzare, cantare, conoscere le lingue, sono colte e si permettono di uscire da sole per strada. Donne che non troviamo nel mondo greco e non troveremo nel mondo romano, donne che affacciandosi dalle mura di Anagni maledirono Annibale, che con le sue truppe si dirigeva a Roma. Lo maledirono per i loro uomini morti durante la battaglia del Trasimeno, alleati di Roma. Piansero con il loro canto funebre il “buttuti” una delle due parole erniche che conosciamo,…e sappiamo come andò a finire.

 

“Il rapporto tra Commodo e i cristiani fu improntato a moderazione tanto che il suo regno è ricordato dagli scrittori cristiani come un periodo di pace per la Chiesa. Negli ultimi anni, grazie soprattutto a Marcia, questo rapporto si consolidò in modo positivo, preparando così quel clima di convivenza tipico dell’età Severiana.”.(op.cit)

 

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Guglielmo Viti, archeologo

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