La Chiesa di Sant’Antonio Abate a Vicovaro: storia e curiosità.

Collocata sulla via Tiburtina Valeria, a pochi passi dalla Porta di Sotto, la storia della Chiesa di Sant’Antonio Abate a Vicovaro, patrono del paese, è strettamente correlata a quella della Confraternita della SS. Croce, istituita nei primi decenni del XV secolo.

Le fasi di vita

La sua prima fase è nota da fonti relative alle visite pastorali intercorse tra il 1574 e il 1581. Nel 1772 la Confraternita delibera per la completa ricostruzione della chiesa con un consistente ampliamento ad opera dell’architetto Pietro Torelli. Nella terza fase avviene invece il completamento delle parti concernenti la Sagrestia e l’Oratorio.

La struttura

La chiesa presenta una struttura rettangolare con un altare centrale e tre cappelle laterali congiunte da un unico corridoio, che termina con l’ingresso alla Sagrestia. Il nuovo assetto ha portato alla chiusura dell’originale passaggio posto a lato dell’altare maggiore. Il progetto settecentesco prevede una volta a botte a tutto sesto, con grandi lunette in corrispondenza delle aperture laterali, impostata su piedritti che corrispondono ai lati lunghi dell’aula. Un piedritto, quello verso l’Aniene, poggia sulle sostruzioni in opera quadrata dell’antica via Tiburtina Valeria. L’ingresso è preceduto dal portico rinascimentale adornato da quattro colonne in breccia, sormontate da capitelli di marmo bianco in stile dorico romano, che, secondo la tradizione, dovrebbero provenire dai resti di un antico edificio romano posto nel territorio “Quarto del Piano”.

L’organo a canne ligneo

Presso la cantoria, su una balconata accessibile dalla porta dell’oratorio, si conserva un vero e proprio tesoro: si tratta di un organo a canne ligneo risalente al 1759 e realizzato dall’organaro romano Lorenzo Alari. Al momento risulta essere l’unico esemplare attribuibile a tale personaggio e alla sua famiglia e più in generale uno dei pochissimi esemplari costruiti in quel periodo. La sua storia è strettamente legata alla seconda fase di costruzione della chiesa e alla Confraternita della SS. Croce, il cui riferimento compare sull’iscrizione dipinta sul pannello amovibile della consolle. Dopo anni di degrado un accurato restauro nel 2003  lo ha riportato alla sua funzione.

L’ospedale Capitelli dorici nel portico della Chiesa di S. Antonio Abate a Vicovaro

Proprio di fronte alla chiesa, collegato ad essa tramite un passaggio sotterraneo ed oggi adibito ad abitazioni private, sorgeva, a partire dal XVI secolo, un ospedale dedito alla cura dell’herpes zoster, comunemente conosciuto come fuoco di Sant’Antonio. Dal greco “herpeton” (serpente) e “zoster” (cintura), l’espressione  ricorda la sensazione di acuto bruciore che si sviluppa sul tronco come una cintura e si riferisce all’esperienza che l’eremita egiziano subì nel deserto. Il suo biografo Atanasio, nella Vita di  racconta infatti di come fu tormentato dal diavolo sotto forma di serpente e dalle fiamme, tanto che fu ritrovato dai suoi discepoli moribondo e ricoperto da gravi ustioni e ferite:  “Ma Antonio, colpito e pungolato da quelli, avvertiva anche più forte il dolore del suo corpo; tuttavia giaceva impavido e sveglio”. Questo episodio gli fece guadagnare la nomea di guaritore da tutte le malattie, anche molto diverse tra loro, che comportavano degli intensi bruciori. Le sue reliquie, giunte in Francia da Costantinopoli nell’XI secolo, diedero il via alla costruzione presso Motte-Saint-Didier, di una chiesa frequentata soprattutto da fedeli colpiti da ergotismo canceroso, definito in antichità “ignis sacer” (fuoco sacro), proprio per i forti bruciori che provocava e causato da un fungo presente nella segale e nelle farine.

S. Antonio Abate e il maiale

Curioso è anche il rapporto che intercorre tra il santo e la figura del maiale. Pare infatti che l’Ordine ospedaliero degli Antoniniani, dedito alla cura dei malati di herpes zoster, ricevettero dal papato il privilegio di allevare maiali per uso proprio.  Il loro grasso serviva infatti a preparare unguenti per curare questa malattia e altre simili. I porcellini potevano circolare liberamente fra cortili e strade e recavano al collo una campanella di riconoscimento per evitare che qualcuno li rubasse. In seguito al santo fu attribuito il patronato sui maiali e per estensione su tutti gli altri animali. Persino la macellazione dell’animale venne collegata alla sua festa. Ancora oggi ad esempio a Cansano, in Abruzzo, un maiale viene acquistato nella prima settimana di novembre e macellato alcuni giorni prima del 17 gennaio. Durante il periodo dell’ingrassamento il maiale porta una campanella al collo e circola liberamente in paese.

 

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