“Commari’ e San Giovanni…”. Ma a San Lorenzo

Nel Convento di San Lorenzo a Piglio, ad una decina di metri dalla Grotta del Beato Andrea Conti, compare nel muro calcareo una piccola croce circondata da una serie di fori scavati nella roccia. Sull’origine di tale incisione la scienza non ha saputo dare spiegazione. Ancora una volta sarà necessario ricorrere alla tradizione, che vede intrecciarsi la storia del Beato di Anagni, che qui si ritirò in romitaggio per ben quaranta anni sull’esempio di San Francesco d’Assisi, con l’usanza popolare del “comparatico”, legato alla venerazione di San Giovanni Battista.

Convento di San Lorenzo a Piglio

L’importanza di San Giovanni Battista nel culto cristiano

Il 24 giugno la Chiesa festeggia San Giovanni Battista, ultimo profeta dell’Antico Testamento e primo Apostolo di Gesù, di cui rese testimonianza ancora in vita. Il Santo viene celebrato con le tradizionali processioni in una miriade di paesi e città italiane, in quanto predicò la conversione e gli spettò l’onore di battezzare il figlio di Dio nelle acque del fiume Giordano, da cui deriverebbe il soprannome de “il Battista”.

L’origine pagana della festa di San Giovanni 

La festa di San Giovanni Battista coincide con il Solstizio d’estate, quando la Terra passa dal predominio lunare a quello solare. In altre parole, il 21 giugno le ore di luce sono maggiori rispetto a quelle della notte. I pagani attribuivano un’ingente importanza alla notte più breve dell’anno. Essi erano soliti celebrare l’arrivo dell’estate con riti propiziatori, quali l’accensione di falò (simbolo del Sole), la raccolta di erbe aromatiche e della rugiada (simbolo della Luna), considerata magica per la virtù purificatrice. Il risveglio della natura inteso come rinascita è al centro delle usanza pagane, da cui scaturisce il trait d’union con la venerazione del Santo Battista.

La tradizione del “comparatico” tra i riti di San Giovanni 

Oltre ad accendere falò, raccogliere erbe selvatiche e lavarsi con la rugiada “magica”, nel retaggio delle usanze pagane legate al Solstizio d’estate, oggi conservate nei riti in onore di San Giovanni, riscontriamo anche la tradizione del “comparatico”, ossia quel particolare legame di amicizia che trascende ogni vincolo parentelare. Presupposto essenziale per diventare compari o comari è la stima, la fiducia e l’affetto reciproco, il desiderio e l’impegno costanti di rispettarsi e aiutarsi nelle avversità della vita e per tutta la vita. Quale migliore occasione per saldare un vincolo affettivo così forte se non in occasione della festa di San Giovanni? Essendo nata dalle ceneri pagane della festa della rinascita, il comparatico consiste nell’affidare la propria amicizia al Santo, “compare” di Gesù, per mezzo di pratiche popolari con cui quel vincolo di amicizia acquisisce un carattere sacro e verrà considerato inscindibile fino alla morte.

La traccia del rito di San Giovanni a Piglio

Foto di Martina Pirosini

Anche Piglio offre una testimonianza del rito legato al comparatico di San Giovanni. Si trova nel parco del Convento di San Lorenzo e non è altro che una semplice croce circoscritta da una serie di fori scavati nella roccia della parete calcarea. Quando due amiche volevano “verificare” se sarebbero diventate comari oppure no, ponevano ciascuna il proprio indice all’interno del foro e seguivano (una verso destra, l’altra verso sinistra) la circonferenza, toccando un buco dopo l’altro a ritmo della seguente formula:

Commare’ e San Giovanni

Ci tucchimo i panni

I panni ci tucchimo

Commari ci chiamimo”.

(Formula pigliese)

Se a fine canzone le due amiche si ritrovavano con le mani incrociate, significava che il loro legame di amicizia era speciale, pertanto, d’ora in avanti si sarebbero vicendevolmente considerate comari per il resto della vita.

Il mistero sulla creazione dei fori

Sulla formazione dei fori scavati nella roccia non vi sono risposte scientifiche. La tradizione attribuisce al Beato Andrea Conti la paternità della croce. L’eremita avrebbe scalfito il simbolo cristiano per allontanare il Diavolo da cui veniva spesso tentato nella piccola spelonca in cui si era ritirato per vivere secondo le regole francescane della povertà, castità e obbedienza, dopo aver rifiutato il cappello cardinalizio. Nel corso dei secoli, i devoti avrebbero toccato in maniera così assidua la croce da scavarne i piccoli fori ancora oggi visibili nella roccia, a testimonianza di un passato che non si è ancora arreso al materialismo del presente.

Ringraziamenti

Ringrazio nonna Memma (Memmuccia Micitto), zia ‘Pina e zia ‘Fela (rispettivamente Domenica Noro, Giuseppina Pietrangeli e Raffaella Noro) per avermi aiutato a ricostruire il testo della canzoncina in pigliese.

Ho messo per iscritto la formula affinchè in futuro non venga dimenticata.

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