San Benedetto a Roiate

Il giaciglio di pietra che trasuda e altri miracoli

Un’antica leggenda tramanda che San Benedetto da Norcia, lungo il suo cammino verso Subiaco, abbia raggiunto Roiate. Bisognoso di riposo, avrebbe chiesto asilo in paese. Questo, a causa di una pestilenza, gli fu negato; non gli rimase dunque che dormire all’aperto, fuori dal centro abitato, utilizzando come giaciglio una pietra. Per il peso del corpo, lasciò su di essa la sua impronta e quella delle pieghe dell’abito.
Alcuni scritti risalenti alla seconda metà del ‘500 riportano che il masso, in alcuni periodi dell’anno, avrebbe trasudato un liquido utilizzato per curare i malati.

La pietra miracolosa

A custodia di questa pietra fu poi costruita la piccola Chiesa di San Benedetto, che ancora la conserva oggi come una reliquia. Del fenomeno miracoloso il principale biografo del santo, Gregorio Magno, nei suoi Dialoghi, non fa accenno, anche se nel capitolo I del secondo libro asserisce di non essere al corrente di tutti gli eventi della vita di San Benedetto.
Il miracolo si inserisce in una lunga serie che accompagna il santo nelle principali tappe del suo viaggio da Norcia a Montecassino, alcuni dei quali registrati non troppo distanti da Roiate.

Il vaglio risanato

É il caso del primo di questi, avvenuto ad Affile, dove dimorò assieme alla nutrice. Disperata dopo aver rotto accidentalmente un vaglio di terracotta, fu aiutata da Benedetto che lo risanò completamente.
Il vino avvelenato
Un altro celebre episodio si consumò a San Cosimato, dove era stato invitato dai monaci del luogo a rivestire il ruolo di abate. Ma il suo stile di vita morigerato non si confaceva a quello dei confratelli che tentarono di avvelenarlo col vino: non appena il santo lo benedì, il calice si ruppe e, capendo di non essere benvoluto, si rimise in cammino.

L’acqua

Altri due famosi episodi riguardano l’elemento dell’acqua. Per alcuni monaci che si lamentavano per la quotidiana fatica di dover attingere acqua da un lago, fece sgorgare acqua da una roccia. Permise inoltre al discepolo Mauro di camminare sulle acque di un lago per andare a salvare il giovane Placido che stava per annegare.

Il pane avvelenato

Un miracolo successivo nei pressi di Subiaco lo salvò invece da un ulteriore attentato organizzato dal monaco Fiorenzo, stavolta col pane avvelenato: Benedetto presagì subito l’inganno e ordinò ad un corvo che lo andava a trovare tutti i giorni di gettare quel pasto dove nessuno potesse trovarlo.

Altri poteri miracolosi

Sempre secondo Gregorio Magno pare che il santo avesse anche la capacità di leggere la mente dei suoi monaci, guarire i moribondi e resuscitare i morti.

Contro il demonio

A proposito di quest’ultimo dono, il biografo riporta che durante la costruzione dell’abbazia di Cassino, il demonio fece visita al santo facendo cadere una delle pareti laterali addosso a un bambino coinvolto nei lavori, provocandone la morte. Benedetto che pose il cadavere del piccolo su un tavolo, fece uscire tutti dalla stanza e iniziò a pregare. Il bambino tornò in vita e il suo corpo fu sanato da tutte le lesioni.
Non mancò di certo al santo anche il potere di liberare gli indemoniati da Satana: è il caso del chierico della chiesa di Equino che fu sottoposto a numerosi e vani tentativi di esorcismo, finché fu condotto da San Benedetto che col potere della preghiera lo guarì immediatamente.

 

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