Quando Francesco Petrarca tra 1340 e 1341 scrisse i famosi versi di “Chiare, fresche et dolci acque” si stava probabilmente ispirando a qualcosa di simile alla cascata di Trevi nel Lazio. Si tratta di un gioiello naturalistico all’interno del Parco dei Monti Simbruini.
Come arrivare
Alla cascata si giunge percorrendo il Sentiero Turistico 1 che ha inizio nei pressi del ponte sulla strada Provinciale 29 a per Trevi nel Lazio. Sgorgando dalle rocce, crea un salto d’acqua che finisce in un suggestivo laghetto sottostante.
L’area archeologica
Questo scenario paradisiaco si trova poco prima del punto di confluenza del fiume Aniene col suo affluente Simbrivio e sorge in un territorio ricco di storia, nei pressi dell’area archeologica di Comunacque e della zona più bassa del territorio trebano. Si tratta del sito di epoca romana “ad communes aquas”, oggi riconosciuto come luogo di captazione delle acque convogliate nell’acquedotto Anio Novus. La sua realizzazione risale al 38 d.C. L’Anio novus aveva la portata e il percorso maggiori di tutti gli altri acquedotti dell’epoca: 58,700 miglia romane, pari a 86,876 km, di cui circa 73 km sotterranei e circa 14 in superficie.
Altri importanti resti sono relativi ad un’antica villa e a opere idrauliche in opera quadrata risalenti sempre all’epoca dell’imperatore Claudio.
Sull’area di Comunacque sorgeva anche uno dei sette castelli di Trevi, che risultavano disseminati su tutto il suo territorio, da monte Preclaro, alle porte dell’attuale Subiaco fino a Filettino. Detto “Commune Aque”, poi “Comminaco” ed infine “Comminacchio” fu eretto tra i due ponti di pietra a tre miglia da Trevi, nei pressi del monastero di San Salvatore, uno dei dodici fondati da San Benedetto secondo la tradizione. Quest’ultimo, rimasto autonomo fino al 1005, subì l’abbandono e l’annessione al monastero di Santa Scolastica da parte dell’abate Stefano, con la conseguente e totale cessione dei beni. Dopo il 1160 fu invece ceduto al vescovo di Anagni che all’epoca amministrava la diocesi di Trevi e che provvide a fortificarlo.
Sempre ad epoca medievale risale la costruzione di un mulino che nel 1821 il Capitolo di Anagni fece richiesta di ripristinare.
Resti di archeologia industriale
Molto interessanti sono anche i resti di archeologia industriale di una delle prime centrali idroelettriche, a tre turbine, realizzata dopo l’unità d’Italia. I resti sono ancora visibili nei pressi del ponte eretto sul torrente Simbrivio dal popolo di Vallepietra come via di comunicazione con e tra le comunità vicine.
Il Cammino di San Benedetto
L’aspetto mistico dell’area è oggi ancor più evidente per il passaggio nella zona di una delle sedici tappe del Cammino di San Benedetto da Norcia a Montecassino (precisamente l’undicesima) ideato dal Prof. Simone Frignani, autore della guida “Il Cammino di San Bendetto” edita da Terredimezzo nel 2019 in quarta edizione. Lunga tra i 17 e i 19 km circa, a seconda se si considera come punto di partenza il monastero di Santa scolastica o il centro di Subiaco, fino al Trevi, è definita dal Frignani “un’immersione in una natura primordiale dominata dal verde e dall’acqua”.