Un mondo magico ad Anagni

Un mondo magico ad Anagni/Osteria della Fontana, a cura dell’Archeologo Guglielmo Viti

Esisteva nel territorio anagnino un luogo in cui regnavano le forze della natura. Quelle energie primordiali che traevano origine da antichissimi fenomeni come l’esistenza di vulcani prima e di abbondanza d’acqua poi. Questo luogo speciale si chiamava in origine Castrum Caesaris o “Ad Tabernas pictas”(come riporta il Marocco senza però indicarci l’origine di questa curiosa denominazione). Diventata poi San Cesareo ed oggi Osteria della Fontana.

Molte sono le peculiarità della pianura che ne fanno un sito particolarmente curioso ed attraente. Le primordiali forze della natura, con cui l’uomo fin dall’inizio della sua storia dovette confrontarsi, divennero da subito un qualcosa di sovrannaturale. Un qualcosa con cui dialogare per collaborare in modo costruttivo.

Il culto della natura

Fu così che venne adorato il fulmine o il sole o il vento ecc. Fu anche così che tutti questi elementi, tutte queste energie divennero divinità legate al territorio, ad uno specifico territorio. Ad Anagni queste divinità autoctone, locali appartenenti agli Ernici furono venerate con santuari e templi. Nella località di Osteria della Fontana avevamo, inoltre, una tale abbondanza d’acqua”probabilmente salutare”(S.Gatti),  che scaturiva da varie sorgenti come la Sala o San Cesareo. Inoltre con la presenza di un lago chiamato Clarano e del fiume Sacco. A questo luogo queste divinità si legarono in modo strettissimo con  l’acqua. Un cippo, oggi presente all’ingresso di un ristorante, ricorda che esisteva un “Delubrum Lavernae”, ovvero un tempietto alla dea Laverna. Il Delubrum Lavernae di Anagni è un unicum, non ne esistono altri. Anche se le fonti storiche ce ne tramandano l’esistenza a Roma, ma senza conferme archeologiche.

In questo antico tempietto si poteva accedere per pregare la dea, dopo essersi purificato con l’acqua lustrale che era posta in una vasca davanti all’immagine della divinità. Come l’acqua santa delle chiese, praticamente con la stessa funzione. La dea Laverna nasce come divinità degli inferi diventando, poi, la protettrice dei ladri, degli impostori e…dei commercianti.

Le Ninfe

Ma oltre a una divinità del sottosuolo vi erano, straordinariamente numerose e presenti, molte divinità legate all’abbondante natura, una rigogliosissima pianura, in cui l’abitante ernico, aveva organizzato una fiorentissima agricoltura con la sapiente costruzione di canali di irrigazione. Sistema che i romani, poi, continuarono a incrementare costruendo molte ville rustiche fino al grandioso complesso di Villa Magna. Queste curiose divinità si chiamavano Ninfe e si presentavano come bellissime fanciulle nude dai lunghi capelli, che sapevano danzare e cantare splendidamente. Le Ninfe avevano vari nomi a seconda del luogo che avevano sotto la loro custodia: Le Oreadi  le abitatrici della montagna, le Nereidi del mare ecc., ma quelle che ci interessano erano le Naiadi, protettrici della fonti e le Amadriadi, le ninfe degli alberi.

Il culto alle Ninfe era talmente importante e consolidato nella località di Osteria della Fontana, che il loro culto si mantenne vivo dall’VIII sec. a.c. fino ai primi secoli dell’era cristiana, ovvero per oltre 900 anni. Così come dimostrano vari ritrovamenti archeologici fatti nell’invaso una volta occupato dal lago di Clarano. Anche il fatto che gli ex voto consistenti in statuine di terracotta, bronzi e monili vari si trovassero in fondo al lago, rappresenta una caratteristica piuttosto rara. Un lago usato come stipe votiva che ci ricorda un po’ antichi rituali Maya ma che, nello stesso tempo, dimostra come ancora era vivo il rapporto dell’uomo con le energie naturali divinizzate.

Il culto di Artemide

Accanto alle Ninfe spesso troviamo la dea Artemide, divenuta nel Lazio Diana che probabilmente nasce anche lei come divinità ctonia, ma che si trasforma, come sappiamo, in protettrice della caccia. Quindi non ci stupisce il fatto che accanto al lago ci fosse un tempio a Diana, un tempio importante, di cui restano le mura. Viene citato da Livio come Lucus Dianae e che nel 210 a.c. visse un momento di celebrità con un “ miracolo”. Infatti sull’albero sacro, che sorgeva accanto  improvvisamente, gli uccelli non vi  si posarono più  fino alla sua morte. Ciò che invece ci colpisce e che dimostra come il culto alle Ninfe rimase vivo per secoli è il ritrovamento sul posto, accanto ad un altare, di un’iscrizione che dichiara come quell’altare fosse dedicato proprio alle Ninfe.

Accadeva spesso che nei boschi o accanto alle fonti si costruissero altari anche improvvisati fatti di tronchi e foglie, presso cui venerare le Ninfe e fu questa facilità di culto, che agevolò il mantenimento di queste tradizioni anche nel Medioevo. La lapide trovata ad Anagni recitava, integrando le abbreviazioni: Sacrum Nymphis Caius Luccius Eros Votum Soluti ovvero Consacrato alle Ninfe.

Conclusioni

Caius Luccius Eros sciolse il voto. Quindi Caio Luccio Eros, un nome che è tutto un programma, aveva fatto costruire un altare dedicato a tutte le Ninfe del luogo per grazia ricevuta. Questa lapide è conservata presso il lapidario della Cattedrale di Anagni ed è datata ad epoca imperiale. Perfino il re Numa Pompilio dialogava con la ninfa Egeria, per poter legiferare e gli incontri avvenivano presso una sorgente diventata in seguito un santuario. Santuario che è ancora visitabile presso l’Appia Antica. Ma, questa imperante e preziosa presenza d’acqua non fu solo oggetto di culto fin dall’antichità, la sua energia fu usata nella metà dell’ottocento per far muovere quella gigantesca macchina idraulica detta “il Rutone”, di cui parlammo in un altro articolo di questa rivista.

Un rapporto spirituale particolarmente forte con la natura quello delle genti erniche, che si manifestò in modo curioso con l’uso di combattere con il “monosandalo”, come ricorda Virgilio. Ovvero con un piede scalzo in modo da assorbire le energie della terra.  Certo il paesaggio di Osteria della Fontana è completamente mutato. Ma, forse, se si passeggia la sera  fra il verde dei prati non escludo si possa ancora avvertire la presenza di energie positive invisibili e vorremo poter ancora raccontare ai nostri figli, quell’antico straordinario mitico mondo in cui l’uomo non era protagonista ma soltanto uno degli attori.

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