Il Rutone di Anagni

A cura dell’Archeologo Guglielmo Viti
Ad Anagni esiste una località che raccoglie una enorme quantità di monumenti che vanno dall’VIII sec. a.c. fino ai nostri giorni. Questa località sconosciuta ai turisti, si chiama Osteria della Fontana.

In passato, in epoca romana, era chiamata “Compitum Anagninum”, ovvero indicava l’incrocio fra due importanti strade : la via Latina e la via Labicana. Proprio il suo carattere di crocevia fece si che vi si realizzassero importanti monumenti come il Circo Marittimo, il Tempio di Diana, il Delubrum Lavernae ecc..

Il Circo Marittimo era una sorta di anfiteatro che veniva utilizzato dagli Ernici per le riunioni di tutte le città appartenenti alla lega ernica, come ci viene raccontato dallo storico romano Tito Livio, che riporta anche notizie circa avvenimenti straordinari accaduti nel Tempio di Diana, costruito li accanto.

Del Delubrum Lavernae, ovvero del santuario dedicato alla dea Laverna, dea protettrice dei commercianti e dei ladri, abbiamo conservato in loco un cippo con dedica. Inoltre questo luogo acquistò importanza quando diversi imperatori come Settimio Severo, Marco Aurelio, Commodo, Geta , Caracalla ecc., usarono soggiornare in una grandiosa villa costruita nei pressi.

Infatti sembra che esistesse un presidio della Guardia Pretoriana che doveva vigilare sulla sicurezza dell’imperatore. Questo Corpo di guardia probabilmente stava nell’edificio di cui parleremo in questo scritto : l’edificio del Rutone, che prende il nome da una grande ruota in legno che serviva a far muovere una gigantesca macchina idraulica.

L’opera di De Merode

Nel 1863 il Papa Pio IX , reduce dall’esperienza della Repubblica Romana e costretto nei confini di una parte del Lazio dopo l’unità di Italia, decise, in occasione di una sua visita ad Anagni, per un consolidamento della sua autorità ed un rinvigorimento del consenso popolare, di risolvere il problema oramai secolare dell’approvvigionamento idrico della città. A questo scopo incaricò monsignor De Merode per risolvere il problema.

De Merode è celebre per aver fatto realizzare a Roma la stazione Termini, il Teatro dell’Opera, via Nazionale. Inoltre De Merode, nobile belga, usava spesso andare ad Anagni a visitare i giovani zuavi pontifici, che prestavano servizio militare in città, rampolli di nobili e ricche famiglie belghe a lui legate.

L’inizio dei lavori

Il monsignore si affidò, naturalmente, ad un ingegnere suo conterraneo l’ing, Ponnet e all’italiano ing. Fabri. Si trattava, quindi, di rifornire di acqua la città, partendo dal basso ed affrontare un dislivello di 220 ml ed una distanza di tre chilometri. Progetto pazzesco oggi, figuriamoci allora. Pazzesco fu anche il costo dell’opera: oltre 125.000 lire !

Il Papa autorizzò la spesa e l’opera ebbe inizio. Si prese come alimentazione la sorgente detta “La Sala” che si trova tutt’oggi nella località omonima e che già riforniva l’Osteria della Fontana con un’acquedotto romano in parte interrato, in parte fuori terra lungo circa un chilometro e mezzo. Nel disegno allegato tratto dall’opera di P. Zappasodi “Anagni attraverso i secoli”si vede il tragitto dell’acquedotto fatto a trattini. Questo stesso acquedotto certamente fu costruito sia per rifornire la postazione della Guardia Pretoriana (si tratta di quasi 1000 uomini con famiglia al seguito), sia per alimentare la stazione di Posta (strutture ricettive molto attrezzate per i viaggiatori anche con terme), che certamente si trovava nel Compitum Anagninum. E sia per rifornire tutti i luoghi di culto e di riunione, sia per gli usi agricoli, sia per alimentare un grande lavatoio costruito accanto.

La macchina rivoluzionaria

Nello stesso luogo ove sorgeva il posto di guardia, fu deciso di costruire una macchina idraulica assolutamente rivoluzionaria. Segue la descrizione che ne fa Francesco Nardi nel suo racconto “Il Santo Padre in Anagni il 20 maggio 1863”, edito lo stesso anno.

”L’acqua fu presa da una fonte che dicono “la sala” condotta per un chilometro e mezzo a piè del colle in cui sta Anagni in un acquedotto diviso in due canali, dei quali il maggiore mena l’acqua torbida, l’altro la pura. La torbida cade sull’ali d’una gran ruota motrice, mentre la pura scende più chetamene ad empiere le vasche, da cui l’attingono le quattro pompe mosse dalla ruota. Le pompe aspirando e premendo spingono l’acqua in un fortissimo tubo, nel quale salendo stringe sempre più l’aria prigioniera, che finisce col rifugiarsi tutta nell’emisfero della cima.

Più l’aria è ristretta, più, come tutti sanno, ne cresce la pressione, che nel tubo può ascendere sino a 30 atmosfere. L’acqua premuta entra nei tubi conduttori, che la portano su per la china del monte a tre chilometri di distanza, e 700 piedi d’altezza, dove con alto e largo getto di otto once  zampilla sulla piazza d’Anagni dando vita a un bel paese di 8000  abitanti (in realtà all’epoca 6000). La macchina fu costruita dal sig. Ponnet di Marsiglia e corretta efficacemente dal nostro bravo meccanico romano sig. Mazzocchi, al quale dobbiamo assai.”.

Altre fonti storiche

Un particolare importante ci viene raccontato anche da mons. Terrinoni che in un suo testo “I Sommi Pontefici della Campania romana con notizie storiche intorno alla città e luoghi più importanti della medesima provincia”(1888/1889). Scrive che “la città è fornita di acque abbondanti per mezzo di una macchina premente alla Montgolfier”, ovvero attraverso il sistema detto a “colpo d’ariete”. Quindi dobbiamo immaginare che l’acquedotto alimentava una gigantesca ruota, mettendo in moto un meccanismo che permetteva a ben quattro pompe di immettere acqua in tubi, con una grande vaso di espansione in cima. Da cui attraverso un sistema di valvole, saracinesche ed altro, alimentava la condotta fino ad arrivare alla fontana.

La fontana allora detta Pia, che stava in Piazza Cavour, aveva una fornitura di circa 2 litri al secondo. Un sistema idraulico che conciliava varie tecniche come da disegni allegati. Solo un tecnico come il Mazzocchi, divenuta poi una delle maggiori industrie idrauliche della capitale, poteva realizzare. Diresse i lavori il famosissimo astronomo e fisico P.Angelo Secchi. L’acqua in surplus venne raccolta in canali per l’irrigazione.

Trovo difficile pensare che nell’acquedotto, come racconta il Nardi, ci fossero due condutture. Ritengo più probabile che all’arrivo  fossero realizzate due uscite, di cui una munita (“il maggiore”) di filtro. Tutto l’acquedotto fuori terra è realizzato secondo la tecnica degli acquedotti romani. Solo l’ultimo tratto è curiosamente fatto con un unico banco di tufo, come se si fosse scavato lasciando quello che serviva.

La fine del Rutone

Nel 1903, con l’arrivo della corrente elettrica il Rutone non servì più. Dalla fontana Pia sgorgò il 7 agosto 1904 l’acqua di una nuova era. Credo che il racconto di questo manufatto, del luogo in cui sorge e di tutta la ricchezza monumentale della zona, meriti interesse che purtroppo oggi non c’è, anzi. Il fabbricato del Rutone è stato destinato a diventare un edificio di abitazione popolare. Vi sono 5 mini alloggi, mentre tutto il resto versa nel più completo abbandono.

Solo l’acquedotto, strano a dirsi, continua a funzionare alimentando tutta la zona. Io sogno una destinazione ben diversa sia del fabbricato, che della zona circostante: immagino dentro il Rutone un antiquarium, che conservi i reperti trovati in zona, a cominciare dal cippo della dea Laverna. Un luogo in cui si racconti come era tutta l’area, quali monumenti ci fossero e quali avvenimenti si svolsero. Come l’accampamento di Pirro, di Annibale, di Federico II, dei crociati ecc..

Immagino che la storia sia raccontata attraverso pannelli e ricostruzioni, che si tramandi come era questo ambiente dalla preistoria in poi. Compresa l’esistenza di un lago (disegnato dal Gregorovius), di cui restano parti dei un molo in travertino ecc.

E, poi, dopo aver illustrato, narrato, ricostruito quel grandioso complesso Imperiale che era Villa Magna, pensare all’illustrazione con ricostruzione di quella fantastica macchina che era il Rutone. Sogno che tutti i monumenti scoperti e da scoprire siano visitabili e che giovani guide, partendo dall’antiquarium, conducano turisti a visitarli. Un sogno…

Condividi