I capitelli di Trevi nel Lazio
Trevi nel Lazio ha una storia antichissima e lo dimostrano le tracce archeologiche che ne offrono una fondazione pre-romana, per opera dello scomparso popolo degli Equi, successivamente sottomesso dai Romani.
Numerose testimonianze storiche, dall’Arco di Trevi, al castello Cajetani , alle più recenti chiese come quella di San Pietro Eremita, fanno del borgo un gioiello mirabile e interessante da visitare e scoprire.
Se però all’occhio fugace del turista non passano inosservati i più grandi monumenti storico-artistici, all’occhio attento dell’appassionato storico, non possono sfuggire i dettagli che a volte possono sembrare insignificanti, come nel caso dei sette capitelli di Trevi.
Questi splendidi piccoli monumenti sono capitelli di tipo ionico-italico provenienti da un tempio romano datato tra il II° e il III° secolo, uno di essi ha trovato riutilizzo (come uso per altri capitelli in altre zone), come battesimale all’interno della Collegiata di Santa Maria Assunta.
Gli altri sei sono stati disposti come ornamento nella piazza principale del paese.
Questi splendidi tesori, spesso poco valorizzati da chi non è intenditore, sembrerebbero provenire da un tempio eretto al di fuori di Porta Maggiore, sopra un terrazzamento artificiale contenuto da mura poligonali nell’area dell’ex “vigna Cecconi”.
I capitelli a quattro facce Misurano 94 cm di larghezza per 32 di altezza, al centro sulla faccia superiore c’è un incasso quadrato di 13 cm, la circonferenza al collarino è di 66 cm; hanno echino, con Kyma ionico e palmette verticali a lato delle volute.
Questo tipo di capitelli sono diffusi nella medio-tarda Età Repubblicana, andando a scomparire in Età Imperiale. (fonte appunti di topografia per Trevi nel Lazio di Stefania Quilici Gigli).
Grazie a questi capitelli è stato possibile ricondurre alla presenza di un importante edificio di culto che sorgeva sulla predetta piattaforma rettangolare, che sembrava essere posta a “protezione della città” secondo quanto riportato da Gori.
Sarebbe interessante approfondire attraverso una campagna di scavi, magari con l’ausilio di apparecchiature moderne che non c’erano all’epoca in cui sono stati fatti i primi studi e le prime ricerche.
All’epoca della visita della Dott.ssa Stefania Quilici Gigli, nota e stimata archeologa, i capitelli “italici”, si trovavano nella piazzetta adiacente P.zza Santa Maria Maggiore.
Successivamente vennero trasportati all’interno del castello Caetani, collocati su adeguati supporti in acciaio che ne evidenziavano le caratteristiche con specchi e luci a led (vedi foto allegata).
Furono, quindi, esposti in occasione della mostra archeologica “Antichi tesori ritrovati – Alta Valle dell’Aniene in mostra”, curata dalla Dott.ssa Agostina Appetecchia, incaricata dall’Amministrazione comunale dell’epoca, in collaborazione della Sovrintendenza del Lazio. Era dicembre 2011!
Nel dicembre 2014, sei capitelli, escluso quello posto a base del fonte battesimale della collegiata di Trevi, vanno a costituire uno degli elementi più rappresentativi tra le testimonianze archeologiche di Trevi.
A seguito di finanziamento pubblico, in accordo con la direzione museale, Dott. Tiziano Cinti, fu deciso di dare maggiore risalto ai capitelli stessi, progettando di collocarli nella sala al piano superiore, fronte ingresso, ad altezza naturale. Questa idea fu stravolta dall’amministrazione che subentrò nel 2015, la quale, oltre ad interrompere la collaborazione con la Guardia di Finanza (che stava garantendo l’affidamento di preziosi reperti archeologici, dalla stessa acquisiti nell’ambito della lotta alle archeo mafie), decise anche di collocare i capitelli alla sala d’ingresso, piano terra, defilati rispetto al visitatore e persino impattati dalle colonne portanti esistenti al centro della sala stessa.
Al momento, la “Vigna Cecconi”, è oggetto di indagine archeologica a cura del prof. Patrizio Pensabene Perez, cui, personalmente, sto garantendo accesso al terreno ed assistenza logistica, anche per disponibilità dei comproprietari famm. Tosti e Del Signore.
Non credo si possa parlare di apertura di scavi essendo il sito su un crinale scosceso e soggetto a continuo dilavamento.
L’indagine in atto è caldeggiata anche dalla locale Associazione ADOP cui, le famiglie proprietarie del terreno, hanno esplicitamente chiesto che, ogni risultato, rimanesse rigorosamente in un ambito prettamente scientifico ed a beneficio e lustro della comunità di Trevi nel Lazio.