L’acquedotto degli Arcazzi ad Anagni

Conferme dal passato

Mi sono occupato degli Arcazzi di Anagni in un precedente articolo sul n.11 del 15 gennaio 2020 di questa rivista dimostrandone le loro funzione di acquedotto.

Riassumendo quanto scrissi ricordo come questa superba costruzione con pilastri alti 16 ml, con volta composta di blocchi aggettanti e muratura in blocchi di tufo perfettamente allineati ed incassati fra loro, non può essere altro che un acquedotto. In questo articolo voglio aggiornare questa mia certezza con alcuni nuovi elementi che ho trovato nel frattempo.

Scrissi che in un passato, anche a noi prossimo, storici di indubbio valore come Ambrosi De Magistris o Zappasodi fino alla Mazzolani diedero a questo monumento una funzione diversa: rinforzo delle mura, sostegno per un edificio templare, semplice abbellimento architettonico ecc.. ma, in verità sbagliai perché Tommaso Terrinoni già nel 1888 la pensava come il sottoscritto.

In un suo volume intitolato “I Sommi Pontefici della Campania Romana con notizie storiche intorno alla città e luoghi più importanti della medesima provincia (1888-1889) “ scriveva :”A settentrione poi si innalzano alcuni archi colossali, detti di Piscina (nome della località dove sono gli Arcazzi) probabilmente perché portavano l’acqua ad un avanzo di fabbrica semicircolare….Alcuni tubi quivi trovati farebbero testimonianza che vi fossero le terme di Valente (ovvero Fabio Valente celebre generale romano amico di Nerone di origine anagnina)…”Questo avanzo di fabbrica semicircolare a cui fa riferimento il Terrinoni fu disegnato da Marianna Candidi Dionigi e, probabilmente, doveva trattarsi di una cisterna peraltro ancora esistente nei sotterranei dei fabbricati costruiti successivamente.

Il tubo di piombo, invece, che, come scrissi in precedenza, serviva alla distribuzione dell’acqua, fu pubblicato da Rodolfo Lanciani e riportava il sigillo del plumbario, il costruttore, Claudius Felix, il marchio di fabbrica. Errò però il Terrinoni nell’individuare questo complesso come il “Circo Marittimo”(anche di questo abbiamo trattato su questa rivista) che invece, a seguito di recenti scavi archeologici condotti dalla dott.ssa Gatti, è stato trovato in località Osteria della Fontana sempre ad Anagni. Ma le conferme non finiscono qui, ne ho trovata una veramente incredibile!

Dobbiamo arrivare addirittura in Algeria, nella città di Bëjaìa l’antica città romana di Saldae. Qui esiste un acquedotto romano costruito intorno al 137 d.c. che è la copia esatta degli Arcazzi. Certo l’acquedotto algerino era più lungo, infatti in totale fra la parte sotterranea e quella sugli archi era lungo 26 km con 18 piloni. Le somiglianze, però sono impressionanti: intanto l’altezza dei pilastri è identica così come la distanza fra gli stessi ma ciò che colpisce maggiormente è l’identica struttura muraria, e non solo… Nel precedente articolo ho rilevato come su un pilastro degli Arcazzi, scolpito a rilievo, ci fosse un simbolo fallico, rappresentazione assolutamente non comune negli acquedotti romani e che alcuni studiosi interpretarono nei modi più fantasiosi come “insegna di un lupanare”, ed io, invece, riferendomi ad analoghi simboli scolpiti su una porta di Alatri interpretai come simbolo bene augurale di fertilità e salute per chi entrava in città.

Strano a dirsi ma su un pilastro dell’acquedotto di Saldae c’è scolpito a rilievo un fallo, più o meno alla stessa altezza di quello anagnino e, fino a tempi recentissimi ( se non attuali) era consuetudine per la popolazione locale considerarlo un talismano portafortuna per la fertilità delle donne. Il simbolo fallico algerino però è alato, segno di una datazione molto posteriore a quello degli Arcazzi.

Mi voglio per un momento soffermare sulla storia dell’acquedotto di Saldae perché racconta il modo di costruire in antico gli acquedotti. Quando la città di Saldae decise che era necessario rifornirsi d’acqua, il procuratore Vario Clemente Etrusco, e pongo l’attenzione su questo gentilizio, chiamò un “librator” ovvero un tecnico capace di tracciare acquedotti. Fu incaricato un personaggio importante: Nonius Datus.

Il nostro Nonius trovò le sorgenti a cui attingere e usando uno strumento particolare chiamato “coròbate” tracciò il percorso dando il progetto al procuratore, poi partì. Durante i lavori Nonio fu richiamato perché non si procedeva con la dovuta solerzia e dopo un periodo in cui diede nuove direttive e disposizioni ripartì. Ma non era finita, passarono altri quattro anni e Nonio fu ancora richiamato perché il lungo cunicolo che si stava scavando per attraversare la montagna e che era stato iniziato dalle due estremità non si incontrava ed anzi lo scavo fatto era più lungo della sezione della montagna e, quindi, i due tunnel avevano seguito percorsi sbagliati senza incontrarsi.

Nonio risolse il problema creando un tunnel di raccordo fra i due percorsi. Tutto questo racconto viene riportato dallo stesso Nonio in un cippo ora conservato davanti al municipio di Bëjaìa ed una copia si trova all’EUR nel Museo della Civiltà romana. Il tunnel sotterraneo algerino è lungo 560 ml ed è in parte visitabile, così come sarebbe visitabile quello che parte dalla Cattedrale di Anagni e va verso gli Arcazzi se …

 

 

A Cura di Guglielmo Viti, Archeologo