Natale, tradizione millenaria

Dagli albori ad oggi

Natale.

Lo abbiamo atteso, abbiamo contato i giorni che ci separavano da questa festività, alcuni positivamente, perché possono avere l’occasione di riabbracciare i propri cari lontani, altri un po’ meno, perché alla fine come il compleanno, è un’altra data a ricordarci che il tempo passa inesorabilmente, un anno di invecchiamento in più.

Eppure, nonostante il Natale sia una tradizione Cristiana, viene sentito un po’ da tutti, anche da chi non ci crede, da chi non è religioso o abbraccia religioni e culture differenti; in Giappone ad esempio, recentemente molti abitanti, anche non cristiani hanno cominciato a festeggiare, assorbendo questa tradizione europea, un po’ come abbiamo fatto noi con la festa americana di Halloween.

Il Natale è soprattutto attesissimo dai bambini, che ancora sono pervasi dalla magia della festa, che attendono desiderosi i regali dai propri genitori, zii, nonni, insomma una vera cuccagna, dove un bambino fortunato, che vive in una famiglia medio-borghese, riceverà dai 5 ai 10 doni diversi.

Ma non tutti i bambini sono così fortunati, molti sono orfani o vivono nelle comunità, o le famiglie sono molto indigenti e a volte purtroppo per loro, il Natale è un giorno come un altro; ecco perché personalmente penso che dovremmo concentrarci anche su questi bambini, acquistando i nostri doni, ma anche riservando qualcosa per chi ha meno di noi.

Personalmente ho una visione abbastanza meritocratica della vita, e credo che non dovrebbe esserci una data precisa come il compleanno o il Natale per fare un dono, ma dovrebbe essere un gesto spontaneo, che viene dal cuore e dalla volontà di farlo.

Ci possono essere situazioni in cui dobbiamo porgere gli auguri o un dono, quasi per obbligo, per etichetta sociale, a qualcuno che magari può starci antipatico; per esempio può capitare che uno zio debba fare per Natale un dono a tutti e tre i suoi nipoti, compreso quello con cui non va d’accordo, perché altrimenti non farebbe una bella figura con gli altri parenti, oppure un dipendente al suo capo despotico etc. etc.

Potrebbe capitare che dobbiate fare gli auguri di Natale anche se professate un’altra religione, perché magari gestite un’attività commerciale e desiderate non offendere i vostri clienti, non rispondendo all’augurio.

Bisogna anche tenere conto del fatto, che molte persone si ritrovano a festeggiare il Natale, senza neanche conoscerne le radici ed il significato, diventando di fatto “succubi” di una tradizione imposta dalla società dove viviamo, che si regge di fatto su regole precise.

Perché si festeggia il Natale?

Moltissimi dei lettori, certamente sapranno che ovviamente la festa si riferisce alla nascita di Gesù, visto dai cristiani come il figlio di Dio o parte di esso e da altre religioni, come ad esempio quella mussulmana, come un messia o un profeta.

Secondo le scritture bibliche, fino a prima della comparsa di Gesù, non c’era possibilità di redenzione per l’uomo peccatore ed imperfetto, che compiendo il peccato originale aveva insultato un essere perfetto (Dio) ed aveva perso a sua volta la perfezione che gli era stata data essendo stato creato a Sua immagine e somiglianza; l’uomo aveva perso l’immortalità, era divenuto vulnerabile alle malattie ed ai sentimenti d’odio.

Dio, che comunque amava l’uomo, decise di dargli un occasione di salvezza, ma per farlo, per riscattare l’umanità intera ed imperfetta, serviva il sacrificio di un’entità perfetta, un’entità divina, ovvero Gesù Cristo, che crocifisso (o legato a un palo a seconda della credenza), torturato, umiliato, versò il proprio sangue divino al suolo e rinunciò alla sua immortalità, a qualsiasi dimostrazione di potenza, morendo come un uomo e sacrificandosi per dare speranza al prossimo.

Mentre è ampiamente riconosciuta la figura di Gesù Cristo, anche in ambito storico e da parte di altre religioni, è messa in dubbio da alcuni, la data della sua nascita; I Testimoni di Geova ad esempio, pur non avendo mai dato un giorno ufficialmente, sostengono che egli sia stato nato tra settembre ed ottobre.

Questa credenza è dovuta dal fatto che nei racconti biblici, oltre a non essere riportato il giorno esatto della nascita, si parla di pastori che dormivano all’aperto con le proprie pecore, una cosa impensabile nel mese di dicembre, in cui fa molto più freddo e l’escursione termica, nei paesi desertici è maggiore; senza contare che il 25 dicembre combacia perfettamente con un’altra data, di una festività pagana: Il Deus Sol Invictus.

Come è ben risaputo, i cristiani del  I° millennio, usavano appropriarsi delle tradizioni o delle festività pagane, oppure di erigere le proprie chiese sulle rovine dei templi politeisti, questo anche per non avere un impatto troppo gravoso sulle popolazioni, abituate da centinaia di anni a festeggiare tradizioni del vecchio culto, che avrebbero anche potuto ribellarsi se gli fossero state cancellate del tutto.

Il Deus Sol Invictus, ovvero il Dio sole Invitto, era un appellativo religioso per indicare diverse divinità nel Tardo Romano Impero, quali Mitra, Helios, El-Gabal, le origini del rito hanno origine in Oriente, come le celebrazioni siriane ed egiziane della nascita del sole, quando i celebranti, si ritiravano nei santuari uscendone a mezzanotte ed annunciando che “la vergine aveva partorito il sole”.

La celebrazione romana era prevista il 25 dicembre; i Romani si approcciarono al culto, dopo che Aureliano nel  272, dopo aver riportato una vittoria sul Regno di Palmira, grazie all’intervento decisivo della città stato di Emesa, dichiarò di avere avuto una visione che il dio del sole di Emesa, fosse giunto a rincuorare le truppe e a spingerle alla vittoria.

A due anni da questo episodio, Aureliano trasferì i sacerdoti di Emesa a Roma, edificando un tempio sul Quirinale e avviando il culto del Sol Invictus  il qualse, sempre grazie ad Aureliano divenne uno dei principali culti dell’Impero, sebbene già in molti dei regni si praticassero culti simili dedicati a Mitra ed Helios; la data del 25 dicembre (che a volte fu cambiata) fu scelta, essendo quella più prossima al Solstizio astronomico in vigore, ma vi furono anche celebrazioni tenute dal 19 al 22 di ottobre e questo ci riporta a un eventuale nascita di Gesù durante il Deus Sol Invictus, ma celebrato in quel mese.

Il culto ebbe vita breve e fu soppresso nel 380, il 27 febbraio, dall’editto di Tessalonica, emanato da Teodosio I, che riconosceva come unica religione di stato il Cristianesimo di Nicea, mettendo al bando ogni altro culto; da notare anche come il fatto, che il Deus Sol Invictus sia stato istituito nel 272, lasci intendere che Gesù sia nato non 2019 anni fa, ma non più di 1747 anni fa, se la sua nascita è stata associata a questo culto.

Il 3 novembre 383, il giorno del sole (dies Solis), che era chiamato anche giorno del Signore (dies Dominicus), in accordo con l’uso cristiano attestato da 3 secoli, fu dichiarato giorno del riposo obbligatorio per le liti giuridiche, gli affari o la riscossione dei debiti, diventando di fatto un giorno festivo cristiano.

Il sole fonte di vita, la luce sulle tenebre, la rinascita del giorno, tutti elementi che portavano i pagani ad adorare questa entità, sebbene si pensa che anche i cristiani lo facessero, poiché molto prima che Eliogabalo e i suoi successori diffondessero il culto del Sol Invictus a Roma, vi furono alcune importanti testimonianze:

Questa confusione era senz’altro favorita dal fatto che Gesù era risorto nel primo giorno della settimana, quello dedicato al sole, e perciò i cristiani avevano l’abitudine di festeggiare proprio in quel giorno (oggi chiamato domenica)

C’è inoltre una profezia biblica, che collega il Sole alla venuta del Messia atteso dal popolo di Israele, dal libro di Malachia 3. 20-21, che recita:

La mia giustizia sorgerà come un Sole e i suoi raggi porteranno la guarigione … il giorno in cui io manifesterò la mia potenza, voi schiaccerete i malvagi …

L’immagine divina associata al Sole o a un astro splendente è già riportata comunque, nel libro di Isaia 30.26 e 62.1 ed anche nel libro della Sapienza 5.6, l’uso del Sole come simbolo messianico antecedente la nascita del giudeo-cristianesimo si ritrova nei manoscritti del Mar Morto con la seguente frase:

La sua parola è come parola del cielo; il suo insegnamento è secondo la volontà di Dio. Il suo eterno Sole splenderà e il suo fuoco sarà fulgido in tutti i confini della terra; sulla tenebra splenderà. Allora la tenebra sparirà dalla terra, l’oscurità dalla terraferma

 

Nel Vangelo di Luca, Zaccaria preannuncia che Giovanni Battista andrà “dinanzi al Signore a preparargli la via” e viene profetizzato che la Misericordia di Dio “ci verrà incontro dall’alto come luce che sorge” e nel capitolo seguente Gesù viene presentato come “luce per illuminare le nazioni”; una simbologia che ricorre spesso nel Nuovo Testamento venendo citato il Sole ben 22 volte, di cui 2 viene associato allo splendore del volto di Gesù.

Secondo gli studi storici, l’iconografia cristiana delle origini, utilizzò spesso i temi iconografici pagani, specialmente durante i primi 3 secoli dalla nascita del culto, quando il rischio delle persecuzioni non permetteva l’uso esplicito dei propri simboli, soprattutto in luoghi di comune utilizzo come le catacombe; furono perciò escogitati simboli solari anche per alludere a Cristo come la corona radiata ripresa dal Sol Invictus o addirittura il “carro solare”.

Sotto la Basilica di San Pietro è stato rinvenuto un preziosissimo mosaico, che testimonia la veridicità di quanto detto, raffigurante Gesù nelle vesti di Apollo e viene datato al 250, durante il periodo delle persecuzioni di Valeriano; la valenza cristiana viene attribuita alla presenza dei tralci di vite che circondano l’immagine.

Inoltre, le prime chiese cristiane venivano edificate con l’abside rivolto ad Oriente, a simboleggiare il Sole Invitto, che dopo la lotta sulle tenebre, risorge alto nel cielo; ma anche la presenza di affreschi, nelle absidi delle prime chiese, raffiguranti il Cristo Pantocratore, rafforza l’identificazione con il Sole; secoli prima del culto del Sol Invictus, comunque il Tempio di Salomone era orientato lungo l’asse EST-OVEST (con ingresso ad EST), così come le sinagoghe, che dovevano essere orientate a EST laddove non fosse possibile orientarle verso Gerusalemme.

Il Duomo di Milano, è un esempio del fatto di come questa abitudine di associare il sole a simbolo cristologico sia sopravvissuta nei secoli fino ad oggi, nella abside esterna è presente una raffigurazione della Trinità, in cui Cristo non è rappresentato in figura umanoide, ma come un sole di pietra fiammeggiante e Il monogramma IHS sormontato da una croce e posto dentro una razza fiammante è uno dei più comuni cristogrammi (ripreso come simbolo della Compagnia di Gesù, per esempio). Gli ostensori, che avevano inizialmente una forma di teca (ostensori architettonici) hanno per lo più la forma di disco solare. La razza (o raggiera) fiammante è considerata uno dei simboli più tipici del sole.

 

Santa Claus

 

Veniamo ora al grande omone vestito di rosso, dalla barba bianca, che distribuisce regali e fa sognare i bambini di tutto il mondo: Babbo Natale, meglio conosciuto con l’appellativo di Santa Claus.

Le origini cristiane di questa figura fanno riferimento a San Nicola, Vescovo di Myra, città che oggi si chiama Demre e si trova nella Turchia, che un tempo era territorio dell’Impero Bizantino, che secondo la tradizione trovò e riporto in vita cinque bambini rapiti e uccisi da un oste malvagio;  questa vicenda gli conferì il titolo di Protettore dei Bambini, mentre Santa Claus deriva dall’olandese SINTERKLAAS, traduzione di San Nicola.

San Nicola visse nel IV secolo e le sue spoglie furono traslate a Bari da dei pescatori, secondo una leggenda, ma in verità nel 1087, furono trafugate da dei mercanti che si trovavano a Myra per affari e portate in Italia, dove fu costruita appositamente una basilica per ospitarle, creando un luogo di meta per pellegrini e fedeli da tutto il mondo; in seguito, furono i veneziani a trafugare altre reliquie da Myra e vennero traslate all’abbazia di San Nicolò a Lido di Venezia, Rimini ed altre parti d’Europa.

San Nicola, che viene spesso rappresentato in abiti vescovili, è considerato patrono da parte di adulti, marinai, arcieri, bambini, mercanti, prostitute, avvocati, detenuti, farmacisti, prestatori di pegno ed è patrono cittadino di Bari, Amsterdam, della Russia e molto amato anche in Grecia.

La figura di Babbo Natale che conosciamo oggi, è dovuta a una manovra pubblicitaria e consumistica; prima del 1931, Santa Claus era raffigurato come uno spettro, un uomo alto e magro, un uomo in abiti vescovili, un elfo o un cacciatore norvegese coperto di pelli animali.

La Coca Cola Company, che già utilizzava la figura di Santa Claus per scopi pubblicitari dal 1920, commissionò al vignettista Thomas Nast, una figura più florida e allegra, e Nast che disegnava Babbo Natale da ben trent’anni , modificò il colore del mantello da marrone a rosso; la figura corpulenta dell’omone bonario con la barba bianca si ebbe però nel 1931, quando l’illustratore Haddon Sundblom, cominciò a rappresentare sempre per conto della Coca Cola, un Babbo Natale realistico, ricavato da un modello in carne ed ossa, il venditore in pensione Lou Prentiss.

Un utilizzo che ha indispettito le frange più tradizionaliste del cristianesimo, tra cui Protestanti e Puritani, che arrivarono addirittura a cercare di abolire il Natale, perché ritennero il Natale una festa pagana e cattolica; inoltre viene anche contestato l’accostamento con la magia di recapitare i giocattoli in una sola notte, gli elfi e le renne volanti, che sono stati introdotti nel tempo da culture come quella islandese.

La tradizione di lasciare doni ai bambini, invece affonda le radici nel folclore dei popoli germanici e anglosassoni, prima della cristianizzazione, che ritenevano il Dio Odino, ogni anno tenesse una grande battuta di caccia, durante il periodo del Solstizio Invernale, accompagnandosi ad altri dei e guerrieri caduti; durante quel periodo i bambini dovevano lasciare i propri stivali nei pressi del caminetto riempiendoli di paglia, carote o zucchero per sfamare il cavallo volante  di Odino, Sleipnir, in cambio, gli stivaletti sarebbero stati riempiti con dolciumi e regali.

Una tradizione sopravvissuta ancora oggi in Belgio ed Olanda, anche se viene oggi associata a San Nicola, che comunque aveva un aspetto simile a quello di Odino, entrambi rappresentati con una folta barba bianca; la tradizione venne portata negli Stati Uniti attraverso le colonie olandesi di New Amsterdam, poi rinominata New York quando vi si stabilirono gli inglesi, è ancora oggi praticato l’uso di appendere una calza al caminetto durante il periodo natalizio, mentre in altri paesi europei, tra cui l’Italia, viene associato all’Epifania.

Da notare anche quanto vi sia una curiosa somiglianza, tra la Statua della Libertà di New York e le raffigurazioni del Sol Invictus, così come è noto che gli americani abbiano sempre avuto una certa ossessione verso la simbologia romana.

Nei paesi anglofoni, ma anche ultimamente in quelli latini, è diffusa da parte dei centri commerciali, l’usanza di “ospitare” Babbo Natale, seduto su un grande scranno, circondato da elfi e regali, per ricevere i bambini prima di Natale, farli sedere sulle proprie ginocchia e chiedere loro cosa desiderino e se si sono comportati bene.

Infatti, sempre secondo la tradizione, solo i bambini che durante l’anno si saranno comportati correttamente riceveranno i regali, altrimenti a loro non sarà portato nulla, se non del carbone.

Quanti di noi da bambini hanno atteso trepidanti il Natale?

Quanti di noi hanno creduto più o meno a questa misteriosa figura che ci portava i doni?

Che sia tradizione o semplice evento consumistico, forse non ha importanza, se si vive con lo spirito giusto, è un evento che porta una gran mole di lavoro e di guadagno per le attività del settore alimentare, turistico, ristorativo e produttivo, ma anche dei giorni di riposo meritato, per chi ha sgobbato tutto l’anno, un occasione per ritrovarsi in compagnia dei propri cari, magari lontani, per poi tornare alla vita di tutti i giorni, in attesa di un altro meraviglioso Natale.

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