Un acquedotto romano al cimitero di Piglio

Nel 1988, a seguito dei lavori effettuati dalla civica amministrazione nel cimitero di Piglio, veniva scoperto un tratto di acquedotto romano in “opus reticulatum” (I sec. d.C.) che la dott.ssa Sandra Gatti della Soprintendenza Archeologica di Roma, sollecitata dal geom. Luciano Pacetti, qualificava come reperto archeologico di grande importanza.

A che cosa doveva servire questo acquedotto? “Non era sicuramente uno sfizio che si era creato un pazzo del tempo a qualcosa doveva pur servire”.

Questo ritrovamento ci permette infatti di trovare una linea sommaria di un immenso patrimonio archeologico che giace sotto la nostra terra. I resti del tempio di Giano e la zona sottostante denominata “Lago” erano collegate attraverso una rete idrica che doveva servire non solo il “tempio” ma qualcosa di molto più consistente.

Un “tempio” non è mai isolato, non è una cattedrale nel deserto e là dove esistevano luoghi di culto esistevano abitazioni, paesi e città. L’acquedotto, interrato, è ancora ben visibile e consiste di un manufatto in muratura, alto centoottanta centimetri e largo 50 cm., intonacato nelle pareti interne con tanto di sfiato nella copertura.

 

A cura di Giorgio Alessandro Pacetti

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