L’Eremo di Santa Chelidonia. Appunti di un’escursione

Nella frescura dei boschi a nord di Subiaco si staglia silente il poderoso Eremo di Santa Chelidonia. Un’antica tradizione, tramandata da più di cinquecento anni, lega gli abitanti del posto a questo luogo fiabesco, reso ancora più incantevole dal tocco magico dell’autunno. Siamo nel cuore del Parco Regionale dei Monti Simbruini, caratterizzati da erte pareti di calcare dal tipico colore rossastro e ocra, tra le quali spicca la più immensa: Morra Ferogna. Già nota ai pagani, presumibilmente per l’esistenza di un tempio dedicato a Feronia, dea della fertilità, la Morra svetta come un torrione insormontabile a strapiombo sulla vallata circostante, inflessibile all’incuria del tempo. Monaci, Santi, contadini, briganti, soldati, eremiti, viandanti hanno abitato queste amorevoli e inclementi terre, riscontrando conforto e riparo presso le loro pendici. Tra le figure più illustri, indelebile è l’eco di Santa Chelidonia.

Pareti della Morra Ferogna, Subiaco. Foto di Gabriele Cignitti

Santa Chelidonia, una vita al cospetto di Dio

Santa Chelidonia nacque intorno al 1077 a Cicoli in Abruzzo. Si chiamava originariamente Cleridona, “dono della sorte”, nome che sarebbe stato mutato successivamente in Chelidonia, dal greco chélidon, “rondinella”. Verso il 1092 la fanciulla abbandonò la casa paterna per “migrare” verso le vallate impervie dell’alto Aniene, precisamente in località Morra Ferogna, in cui si stabilì per dedicare la sua esistenza alla contemplazione di Dio. Sull’esempio di San Benedetto da Norcia il quale traversò le medesime vallate ben cinquecento anni prima, Chelidonia elesse come nido un’angusta e fredda cavità rocciosa. Qui avrebbe trascorso più di cinquanta anni in preghiera e digiuno, nutrendosi esclusivamente con le offerte di cibo elargite dai devoti, attratti dalle virtù della giovane eremita. Si allontanò una sola volta dal Suo nido roccioso, tra il 1111 e il 1122 per compiere un pellegrinaggio a Roma. Sulla strada del ritorno verso Subiaco, ricevette l’abito benedettino dal Cardinale Conone, Vescovo di Palestrina, il giorno di Santa Scolastica, sorella di San Benedetto da Norcia. Riprese così la vita contemplativa fino alla morte, avvenuta la notte tra il 12 e il 13 ottobre 1152. Il momento del trapasso presenta echi leggendari. Si narra che dal sito del romitaggio si sia innalzata una colonna di luce verso il cielo, visibile ben oltre il circondario sublacense. Da Segni, dove si assistette al fenomeno inconsueto, Papa Eugenio III decretò la santificazione della donna. Il corpo di Chelidonia venne trasferito nel Monastero di Santa Scolastica per la sepoltura. Per Subiaco però fu l’inizio di un decennio di sventure ed eventi funesti, finché la Santa apparve in sogno ad un monaco del posto al quale espresse la chiara volontà di essere tumulata nella spelonca. Le spoglie vennero così riportate nei pressi di Morra Ferogna in cui l’abate Simone fece erigere un Monastero in onore della “rondinella di Subiaco”. L’edificio religioso apparve in un documento del XII secolo e venne abitato da vari ordini monastici in prevalenza femminili. Tuttavia, nel XV secolo il monastero venne abbandonato definitivamente a causa delle innumerevoli incursioni per mano di briganti, provenienti dal vicino Regno di Napoli. Risultò urgente mettere al riparo il corpo della Santa; pertanto, si optò per un nuovo trasferimento in Santa Scolastica. La traslazione ridestò la devozione dei sublacensi verso Chelidonia, celebrata con processioni e riti solenni finché nel 1695 la Sacra Congregazione dei Riti la proclamò ufficialmente patrona di Subiaco. Attualmente il corpo imbalsamato della Santa si trova nel Monastero di Santa Scolastica.

Eremo di Santa Chelidonia, Subiaco. Foto di Martina Pirosini

Le celebrazioni in onore di Santa Chelidonia secondo la tradizione

In onore di Santa Chelidonia ogni anno la “capitale” dei Simbruini rinsalda il profondo legame spirituale e culturale verso la propria compatrona, nonché protettrice della frazione di Vignola. Come da consuetudine, la festività ricorre ufficialmente il 13 ottobre ma viene celebrata il primo weekend disponibile, successivo alla data. Nel primo pomeriggio del sabato si svolge una processione dalla piccola parrocchia fino all’eremo, dove si recita una Messa. Al termine della liturgia, i fedeli si concedono una breve pausa a base di ciambelle salate all’anice o fette di salame del re (dolce tipico di Subiaco) per poi procedere verso l’imponente Morra Ferogna. Di qui si discende prima che faccia buio (preferibilmente entro le 19) per poter ammirare lo spettacolo pirotecnico, esploso proprio dalla Morra. La tradizione vuole che nel corso della medesima serata, la monumentale parete rocciosa venga illuminata da torce e falò come per rinnovare la luce che apparve all’ora del trapasso della sacra rondine di Subiaco. La festa continua la domenica mattina con una Messa solenne in parrocchia, seguita da una nuova processione. Dopo la cerimonia, la banda esegue un concerto, terminando le cerimonie con un pranzo offerto dalla confraternita a tutti i fedeli.

Foto di Martina Pirosini

Le feste ai tempi del Covid19

Quest’anno i festeggiamenti in onore della venerata compatrona di Subiaco sono stati annullati a causa delle restrizioni legate alla pandemia da Sars-Covid19. Tuttavia, la delicata crisi sanitaria che stiamo vivendo non è riuscita a smorzare l’entusiasmo e la volontà dei devoti di rinnovare l’antica tradizione. Semplicemente le celebrazioni sono state circoscritte ai riti cruciali dell’imperdibile spettacolo pirotecnico del sabato sera e della solenne Messa domenicale. Raggiungere i resti del monastero per venerare la vergine vuol dire mettersi in cammino per dar vita ad una processione che, vista la cornice montana, assume il carattere di un’escursione vera e propria. Malgrado la proibizione di svolgere il corteo liturgico, gli escursionisti sublacensi sono accorsi numerosi, in compagnia dei rispettivi figli o degli amici a quattro zampe, per rendere omaggio alla Santa di origine abruzzese come da consuetudine.

Foto di Gabriele Cignitti

Un’escursione da non perdere

Personalmente ho preso parte ad una piacevolissima escursione verso i ruderi dell’Eremo di Santa Chelidonia. Ricevuto l’invito di partecipazione, l’immaginazione ha subito preso il sopravvento, riscontrando in un secondo tempo che la realtà avrebbe superato ogni aspettativa. Sono partita dal punto di ritrovo stabilito, la graziosa Chiesetta Parrocchiale di Santa Chelidonia a Vignola in compagnia di una decina di amanti della montagna. Guidati dalla divertente e inarrestabile esperta del posto, Jessica Panzini (Jessy Pretty Italy su Facebook), membro dell’associazione turistica Ethea, abbiamo raggiunto la località “Tenne Nuove”, dopo un breve tragitto in auto. Il percorso penetra in un bosco fitto di lecci e querce e di specie arbustive quali il biancospino, l’agrifoglio e il pungitopo. Il tuffo nel silenzio assordante della foresta è stato sorprendente e rigenerante come il profumo del timo che sovrasta ogni passo. Tappeti di sassi e pigne decorano il tragitto come un immenso merletto pregiato. Passo dopo passo la realtà viene ridotta alle funzioni sensoriali essenziali: osservare, ascoltare, respirare. Si osserva il panorama sottostante che le fronde degli alberi aprono come un sipario alla vista stupita dei visitatori. Si ascolta il silenzio e i teneri suoni del bosco. Si respira la buona aria fresca di montagna, che riempie i polmoni e sgombera la mente dal ricordo di smartphone, tragedie e pandemie. Si ascoltano le avventurose storie narrate da Jessica, che vedono protagonisti loschi briganti, umili contadini e carbonai stremati, le cui vicissitudini si intrecciano spesso a richiami leggendari. Quando il mondo era molto meno sofisticato di oggi, i sentieri Simbruini venivano quotidianamente calpestati dagli abitanti locali, dediti principalmente alla coltivazione di patate e alla produzione di carbone. E ancora sasso dopo sasso, pietra dopo pietra, si giunge in un’area circondata da cipressi longilinei a segnalare l’appropinquarsi al luogo sacro. I ruderi dell’Eremo di Santa Chelidonia si mostrano maestosi e semplici agli occhi dei pellegrini. Da non perdere la visita alla piccola cappella in cui la Vergine abruzzese dormì sulla pietra nuda, affrontando con fermezza e audacia le inclemenze dei più rigidi inverni. Dopo una breve pausa, il gruppo si è diretto verso la Morra Ferogna, che domina la vallata sottostante, coronata da una croce come a benedire ogni giorno la deliziosa cittadina ai suoi piedi. Se fin qui il percorso è caratterizzato da una pendenza moderata, per salire sulla strapombiante parete calcarea, aggirando la Morra lungo la parete destra, non bisogna di certo soffrire di vertigini! Il tratto richiede uno sforzo maggiore e anche una maggiore dose di spericolatezza, ma dalla vetta il panorama è davvero mozzafiato!

Panorama dalla vetta di Morra Ferogna, Subiaco. Foto di Gabriele Cignitti

L’escursione rappresenta un’esperienza indubbiamente arricchente, in cui il confine tra il dilettevole e il mistico è labile. Visitare questo luogo incantato offre l’opportunità di aprire un’interessante finestra sul Nostro patrimonio non solo religioso, ma anche culturale e folkloristico, che tutti gli appassionati di montagna (credenti e non) dovrebbero concedersi almeno una volta nella propria frenetica esistenza.