Contagio! Storia delle epidemie prima del Coronavirus

LA PESTE

Indubbiamente, tra le malattie infettive più ricordate dall’umanità, c’è la Peste, sebbene questo termine, sia stato adottato anche in precedenza per descrivere altre malattie infettive, che hanno colpito molti anni prima e che con la peste non hanno molto in comune; come ad esempio la Peste Antonina, che agì dal 165 al 188 d.C., ma che era probabilmente una forma di Vaiolo.

La Peste Antonina fu portata in patria dai legionari romani di ritorno dalle guerre contro i Parti, fu una delle prime Pandemie, ovvero malattie infettive registrate in più zone del mondo in contemporanea, anche se molto prima, nel 430 a.C., durante la Guerra del Peloponneso, la Febbre Tifoide, uccise un quarto dell’esercito di Atene ed un quarto della popolazione nel giro di 4 anni.

La prima forma riconosciuta di Peste Bubbonica, fu il Morbo di Giustiniano, che colpì l’Impero Bizantino ed in particolare Costantinopoli tra il 541 e il 542 d.C., uccidendo tra le 5.000 e le 10.000 persone al giorno nella sola capitale, con una perdita complessiva del 25% della popolazione; ma l’epidemia, fu anche il cavallo di battaglia degli Ostrogoti, che conquistarono facilmente nuovi territori ormai privi di abitanti, deportando i pochi rimasti. Secondo Procopio, nella città di Roma, nel 546 d.C. non rimaneva quasi più un abitante!

La peste si ripresento a ondate fino all’anno 750 d.C. mietendo tra i 25 e i 100 milioni di vittime (gli storici sono discordanti), causando di fatto il crollo della civiltà ereditata dai Romani e avviando l’Europa verso il periodo buio del Medioevo.

La celebre Peste Nera, la più devastante di cui si abbia memoria, giunse proprio in questo periodo oscuro, importata dal Nord della Cina, attraversando l’Impero Mongolo, giunse in Turchia, poi in Grecia, Egitto ed i Balcani; nel 1347 aveva contagiato anche l’Italia, risalendo dalla Sicilia alla Liguria, giungendo l’anno successivo in Svizzera, poi Francia e Spagna, arrivando nel 1349 anche in Inghilterra e Irlanda; la malattia fu debellata soltanto nel 1363, dopo aver contagiato tutta l’Europa, ed aver ucciso un terzo della popolazione continentale.

La Peste Nera si ripresentò più volte durante il corso dei secoli, sebbene in forma meno aggressiva con intervalli sempre più lunghi, colpendo genericamente le fasce più deboli della popolazione, come poveri o anziani, persone che comunque non avevano denaro per accedere alle cure o che vivevano in condizioni igieniche precarie; basti pensare che fino alla metà dell’800, molti avevano la convinzione che lavarsi facesse male e che al massimo un bagno andasse fatto una sola volta all’anno.

Nelle grandi città, ci si attivò per debellare definitivamente la malattia, a Milano per esempio, si istituì un Ufficio di Sanità permanente nel 1450 e nel 1488 fu realizzato un lazzaretto dedicato a San Gregorio, che avrebbe avuto la capienza necessaria per ospitare le vittime dell’epidemia da tenere in quarantena.

Venezia istituì degli organismi permanenti di controllo nel 1486, mentre per Firenze si attese il 1527; nel resto d’Europa ci fu emulazione e Parigi ne costituì uno nel 1580, anche se da 30 anni aveva emanato ordinanze specifiche per affrontare e prevenire le epidemie, ad Amsterdam invece oltre al lazzaretto si istituì un servizio di pulizia delle strade, che fino ad allora non esisteva, per garantire una maggiore igiene e una minore proliferazione di ratti, che erano ospiti delle pulci infette della malattia. Soltanto Londra decise che era preferibile la segregazione domiciliare degli infetti al trasferimento in un lazzaretto.

Nonostante le condizioni igieniche andassero migliorando e ci fosse più prevenzione, la Peste continuò a ripresentarsi ed uccidere in tutta Europa, particolarmente a cavallo del 1600, fino alla peste marsigliese del 1720 che sterminò il 50% della popolazione cittadina e dei sobborghi.

La Peste imperversò ancora nel 1855, partendo sempre dalla Cina e raggiungendo varie parti del mondo fino alla fine del secolo, uccidendo 13 milioni di indiani tra il 1898 e il 1918; fu ad Honk Kong che il batteriologo franco-svizzero Alexandre Yersin, riuscì finalmente a scoprire ed isolare il batterio responsabile della malattia, che da quel momento in suo onore prese il nome di Yersina Pestis.

Durante il XX° secolo, altri focolai di Peste comparvero, anche se con tassi di mortalità decisamente inferiori alle precedenti epidemie, grazie alle nuove normative di sanità pubblica e ai medicinali di ultima generazione, come gli antibiotici scoperti nel 1950.

Ad oggi la Peste non è stata definitivamente debellata, in Africa, in tempi recenti sono comparsi nuovi casi, a partire dal 1990, per il costume della popolazione di nutrirsi di roditori e le scarse condizioni igienico-sanitarie di cui le nazioni di quel continente notoriamente dispongono.

Dal 2001 al 2018 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha segnalato almeno 14 nuovi focolai giudicati di rilievo; nel 2017 i paesi con il maggior numero di contagi erano la Repubblica Democratica del Congo, il Madagascar e anche lo stato americano del Perù.

Tra il 1998 e il 2008 si sono registrati circa 5000 casi che hanno portato al decesso di 200 persone, anche se si pensa che i numeri siano più alti a causa della scarsa presenza di strutture dedicate alla diagnosi e raccolta informazioni.

Un altro argomento del complottiamo (e che non è neanche tanto distante dalla realtà), è che i virus dell’epoca moderna, siano stati creati in laboratorio per uso militare; basti pensare che la Peste stessa, fu usata in antichità come arma batteriologica, catapultando i cadaveri infetti all’interno delle città sotto assedio!

I cadaveri venivano usati anche per contaminare i corsi d’acqua, con una scelleratezza insensata che purtroppo non ci stupiremmo se esistesse ancora oggi; a farne uso erano cinesi, mongoli, unni , turchi. Ad esempio nel 1347, la città di Caffa in Crimea, che era sotto il controllo di Genova, fu assediata dai mongoli dell’Orda d’Oro, che scagliarono i cadaveri dei compagni morti per la malattia dentro la città, favorendo probabilmente il contagio in Europa, attraverso le navi che fuggirono dal porto al presentarsi del contagio.

Durante la Seconda Guerra Mondiale, il Giappone sviluppò un’arma basata sull’allevamento di pulci infettate da Yersin Pestis, che furono usate  durante l’occupazione della Manciuria, rilasciate per infettare civili e prigionieri politici, coreani e abitanti della Manciuria.

Anche durante la Guerra Fredda, le nazioni condussero studi per utilizzare la Peste come arma o per difendersi in caso qualche stato nemico avesse deciso di utilizzarla contro di loro; a partire dagli anni 2000, quando le tensioni politiche si erano allentate, si pensò che un uso della Peste poteva essere fatto in ambito terroristico, per questo alcune nazioni come gli USA, sono in possesso di grandi scorte di antibiotici.

Altri importanti Pandemie, che coinvolsero più nazioni del mondo furono il Vaiolo ed il Colera, l’influenza asiatica, l’influenza di Hong Kong, L’HIV/AIDS a partire dagli anni ’80 del secolo scorso, la Sars e la Peste Suina in tempi molto recenti, ma certamente una delle più disastrose fu l’Influenza Spagnola, che uccise milioni di persone.

 

L’INFLUENZA SPAGNOLA

 

L’Influenza Spagnola , deve il suo nome non perché ha avuto origine in Spagna, ma perché quando la malattia giunse in Europa, fu trattata ampiamente sotto il profilo mediatico dai giornali di quel paese, che non erano sottoposti alla censura, che aveva invece coinvolto le altre nazioni impegnate a combattere la Prima Guerra Mondiale, la Spagna era infatti rimasta neutrale.

Lo storico Alfred W. Crosby, sostenne che l’influenza ebbe avuto origine nello stato americano del Kansas, nata nei campi militari statunitensi già dal 1917, dove 14 basi erano state colpite dal virus; il virologo John Oxford, sostenne invece che la malattia fosse partita da un campo militare ad Etlapes in Francia, che disponendo di un ospedale dove venivano curate le vittime dei gas chimici, erano più soggette ad ammalarsi, avendo le difese immunitarie debilitate.

Altre ipotesi suggeriscono che il virus abbia avuto origine in Asia Orientale, giunto a Boston attraverso dei cinesi contagiati, sia poi arrivato in Francia attraverso i soldati alleati che raggiungevano il continente europeo per combattere; altri dissero che il virus aveva avuto origine in Austria, ma nel 2014 lo storico canadese Mark Humphries, a seguito di alcuni documenti ritrovati, ha dichiarato che durante la guerra 96mila lavoratori cinesi furono chiamati a prestare servizio dietro le linee britanniche e francesi, portando la malattia probabilmente in incubazione.

Lo storico afferma che sarebbe entrato in possesso di documenti archivistici, riguardanti una malattia respiratoria che colpì la Cina settentrionale nel novembre 1917 e che i funzionari cinesi un anno dopo identificarono come identica all’Influenza Spagnola.

Un rimbalzarsi di responsabilità, che comunque gira che ti rigira porta sempre a sbattere nel paese del Celeste Impero, da cui sembrerebbero dipanarsi tutti i ceppi virali pandemici che ci sono stati fino ad oggi; ovviamente questo sarebbe dovuto a scarse condizioni igieniche e a tradizioni che insistono nella cultura cinese, come il consumo di carne cruda e specie animali a rischio, quali roditori, pipistrelli, scimmie e cani.

L’Influenza Spagnola, in soli due anni, dal 1918 al 1920 uccise oltre 100 milioni di persone, oltre il 6% della popolazione mondiale dell’epoca, abbassando l’aspettativa di vita di 12 anni; 25 milioni di persone morirono nelle prime 25 settimane, con una media di 1 milione al giorno, uccidendo sia più della peste nera che dell’AIDS in 25 anni.

In Italia, il primo allarme fu lanciato da Sossano, vicino Vicenza, a settembre 1918, quando furono chiuse le scuole per una sospetta epidemia di Tifo; il Giappone fu il paese meno colpito, con 257.363 decessi, perché lo stato nipponico limitò notevolmente i viaggi marittimi verso i luoghi colpiti dalla Pandemia, mentre la Samoa Americana e la colonia francese della Nuova Caledonia non ebbero incredibilmente nessuna morte, prevenendo il contagio con efficaci sistemi di quarantena. L’Australia che fin ora non era mai stata colpita da una Pandemia ebbe invece 12.000 morti, un numero comunque decisamente alto, per un continente a quell’epoca ancora poco popolato.

La diffusione del virus avveniva come con il Coronavirus, ovvero attraverso l’espulsione di mezzo milione di particelle virali con starnuti o colpi di tosse ed ebbe una rapida espansione per le condizioni di malnutrizione, bassa immunità e sovraffollamento che vivevano i soldati stipati nelle trincee; ma un ulteriore supporto, il virus lo ha avuto dalla globalizzazione dei trasporti, che cominciavano a prendere piede con treni e navi, anche su lunghe tratte.

Quello che accade oggi grazie al trasporto aereo, che un soggetto contagiato, possa arrivare a portare la malattia in qualsiasi parte del mondo in poche ore; difatti, se prima un viaggio poteva durare molti giorni in nave o in treno, permettendo che i sintomi venissero allo scoperto durante il trasporto, oggi con viaggi di poche ore è praticamente impossibile determinare a prima vista che una persona sia malata, se sta incubando il virus a sua insaputa.

L’Influenza Spagnola aveva inoltre la peculiarità di uccidere giovani adulti tra i 20 e i 40 anni, quindi soggetti che a differenza di anziani e bambini risultavano più forti, il 99% dei decessi ha interessato persone sotto i 65 anni, il 50% giovani adulti; si pensa che gli anziani fossero autoimmunizzati parzialmente dall’Influenza Russa del 1889-90. Un altro fatto inusuale che invece di diffondersi durante l’inverno, il virus si propagò tra autunno ed estate.

Era il panico, anche nelle città dove la mortalità registrata era bassa, si assistette a difficoltà nella vita quotidiana, con negozi chiusi o la richiesta ai clienti di restare all’esterno ed inoltrare gli ordini, c’era carenza di personale tra medici e necrofori, che non potevano visitare pazienti o seppellire i morti, poiché essi stessi ammalati e in molti casi vi furono sepolture in fosse comuni senza uso della bara.

Vi furono due ondate di Influenza Spagnola, ma con il sopraggiungere dell’inverno del 1918 i casi di contagio e le morti crollarono improvvisamente, forse grazie all’impegno dei medici che avevano sviluppato cure più efficaci per la polmonite che la malattia generava, anche se una teoria vuole che il virus sia mutato in una forma meno aggressiva, così come avviene con i virus influenzali, che con il tempo divengono meno letali, poiché gli ospiti dei ceppi più pericolosi tendono a estinguersi.

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