Il Beato Andrea Conti nei cicli pittorici nazionali

A Piglio la più antica immagine del Beato Andrea Conti con il libro in mano è stata rinvenuta nel 1986 nella chiesa di San Rocco-Madonna della Valle, nell’affresco del 1300 di scuola giottesca-napoletana, insieme alla Madonna con bambino in trono, a San Giovanni Evangelista, a San Leonardo e a Sant’Antonio Abate.

A Firenze il ciclo di affreschi di Agnolo Gaddi nella Cappella Maggiore di Santa Croce, sulla Leggenda della Vera Croce, presenta anche figure di santi francescani ai lati delle scene.

Tra queste, nella parte sinistra guardando la cappella, affrescata dal Gaddi   tra il 1388 e il 1393 in una delle vetrate tra San Ludovico di Tolosa e Ubertino da Casale è inserita la figura del Beato Andrea Conti di Anagni, che rifiuta la porpora cardinalizia gettando via il cappello, insieme ad altre importanti figure del mondo religioso principalmente francescano conventuale.

Un’altra immagine del Beato Andrea Conti, viene ritratta esattamente nell’intradosso dell’arco della Cappella Rinuccini nella sacrestia della Basilica di Santa Croce molto simile a quella della Cappella Maggiore, ma anteriore come datazione, dove il Beato è in atteggiamento uguale però senza il libro in mano (dopo 1369, attribuita a Matteo di Pacino seguace di Giovanni da Milano).

Il Beato Andrea Conti di Anagni è in compagnia di San Francesco, San Ludovico di Tolosa, Sant’Antonio da Padova. Il libro in mano, rappresentato successivamente, è quello scritto dal Beato sul parto di Maria Vergine, poi andato perduto. Un’altra immagine del Beato Andrea si trova ella Cappella Castellani affrescata da Agnolo Gaddi   tra il 1383 e il 1385.

Ad Ascoli Piceno il dipinto ad olio su tela 300x165cm., firmato e datato “NIC.ANT.MONT.ASCUL.INV.PINX.1772”, si trova nel locale del Coro Centro Torri sottostante la chiesa di San Francesco. La tela, doppiamente centinata, rappresenta al centro Gesù crocifisso circondato a sinistra da San Bonaventura da Bagnoregio e a destra dal B. Andrea Conti. Il primo indossa gli abiti cardinalizi e sorregge il libro e la penna, poiché il santo, vissuto nel XIII secolo è riconosciuto   come Dottore della chiesa. Il B. Andrea  Conti,    invece,  è seduto ad un tavolo coperto da una tovaglia damascata e indossa gli abiti francescani poiché aveva abbracciato la vita regolare consacrandosi alla povertà. Il Beato, vissuto anch’egli nel XIII  secolo è raffigurato nell’atto di benedire un piatto su cui volano tre volatili. La scena si riferisce ad un miracolo compiuto dal Conti: secondo il racconto agiografico, infatti, egli avrebbe resuscitato degli uccelli arrostiti che gli erano stati serviti per pranzo durante la sua infermità. Nella tela vengono   riprodotte due galeri che appaiono in basso, l’uno sostenuto, l’altro solo indicato  dagli angioletti seduti sui gradini, si attribuiscono ai due santi. Il primo, infatti, è riferibile a S. Bonaventura , investito della dignità cardinalizia; il secondo, invece, abbandonato sul pavimento, si ricollega al fatto che il B. Andrea rifiutò la nomina propostagli dal nipote, Bonifacio VIII, per continuare a servire la chiesa nella solitudine e nella povertà del convento. Completano la scena  gli angeli in alto che circondano la croce di Gesù, chiaro rimando al prezioso  crocifisso ivi custodito.

A Ragusa Ibla una cartolina ritrae il Beato Andrea Conti sempre nella chiesa di San Francesco.

Altri   cicli pittorici riguardanti il Beato Andrea sono presenti in località di varie regioni d’Italia, quali Palermo, Asti, Chieti, Benevento, Firenze, Lucera, Piacenza, Noto e Oristano per non parlare delle località del Lazio, da Bagnoregio ad Arpino, da Nettuno a Poli,  da Segni, a Veroli, da Ferentino ad Alatri oltre alla nativa Anagni, dove è invocato come patrono “minus principalis” di tutta la diocesi.

Per completare questo sguardo panoramico, dobbiamo anche aggiungere che, essendo stato il culto verso il B. Andrea Conti promosso quasi esclusivamente dai Frati Minori Conventuali, l’assenza forzata di detti religiosi da molte delle località su elencate ha influito negativamente sul culto medesimo, per cui è dimenticata e, a volte scomparsa la devozione a questo “insigne”, quanto umile Beato che, pur essendo stato raffigurato in ogni epoca ed in moltissime località, anche straniere, da oltre ben tre secoli circa è rimasto semplicemente e solamente “Beato” pur avendo sia in vita che dopo la morte fatto tanti miracoli. Nel mio paese, a Piglio, la devozione al Beato è rimasta viva e profonda nell’animo della popolazione che lo ricirda con due feste annuali al 1° Febbraio e all’ultima domenica di Agosto e chiunque entra nella chiesa del convento di S. Lorenzo si ferma a pregare, ad accendere un lume, a venerare  in raccoglimento i resti conservati in un’urna  e la statua del Beato.

 

 

Giorgio Alessandro Pacetti

 

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