Bellegra, la “città dei panorami”

L’antica città “signora della strada”

Una corona di monti, Tiburtini, Ruffi, Carseolani, Simbruini, Ernici, Ausoni, Aurunci, Lepini e Prenestini, abbraccia Bellegra che, nel punto più alto gode di un panorama mozzafiato su due valli, dell’Aniene e del Sacco, tanto da meritare il titolo di “città dei panorami”.
Gli antichi abitanti del territorio dovevano certo apprezzare questa zona per i panorami che offriva, ma ancora di più per la sua posizione strategica. La zona era frequentata fin da epoca antichissima, come testimoniano i numerosi rinvenimenti dal paleolitico all’età del bronzo, in quanto passaggio obbligato per i percorsi di collegamento delle zone interne laziali e abruzzesi con la pianura pontina. I nostri pastori fino agli anni successivi alla seconda guerra mondiale seguivano gli stessi tratturi che da Trevi, Fiuggi, Ponza (Arcinazzo Romano) giungevano a Terracina o a Doganella di Cisterna.

Gli insediamenti degli Equi, come quello di Bellegra, consistevano in sedi sparse non urbanizzate, una sorta di vaste entità territoriali attestati a partire dall’ età del bronzo quando negli oppida alle fortificazioni in muratura a secco e palizzate lignee si sostituirono mura in opera poligonale, come nella Ciociaria Storica nei centri di Trevi, Olevano, Roiate, Bellegra, Agosta, Canterano, Ciciliano, Roviano, Affile, dove ancora oggi sono visibili queste grandiose opere protostoriche, abbandonate nel tempo, inglobate nella vegetazione e soprattutto ignorate e trascurate dagli uomini.

Dai monti Simbruini ha inizio il territorio degli Equi. Trevi nel Lazio, la Treba Augusta ne divenne un caposaldo e un avamposto nel cuore degli Ernici, quando intorno al VII secolo a.C. forse per un aumento demografico le nostre zone montane furono interessate a vaste ondate migratorie da parte di popolazioni osco-umbre. Gli Equi, provenendo probabilmente dalla zona interna degli Abruzzi, occuparono entrambi i versanti della parte superiore dell’Aniene, quello di destra con i Monti Simbruini, quello di sinistra con i Monti Affilani e Ruffi, e Bellegra, similmente a Trevi nel Lazio, dovette rappresentare sulla cresta del Monte Celeste (815 metri) un caposaldo degli Equi nel cuore degli Ernici.

Belegre primo complesso edilizio sorto su Monte Celeste

Si chiamò Vitellia, Civitella S. Sisto, e poi, dal 1880, BELLEGRA. E prima di Vitellia si era chiamata Belegre ai tempi delle mura poligonali, megalitiche. Queste sono ben conservate sul Monte Celeste, presso il Monumento ai caduti, in contrada Mora Valèa, all’Ara degl’Iupu, nelle contrade Ceracchia, Maniella e Venere. Un sistema a difesa dell’acropoli e del tempio di una dea solare. Gli studiosi congetturano su queste mura arcaiche e sull’ origine del toponimo.
Nel secolo XIX alcuni storici hanno tentato di rintracciare il nome, appartenuto all’abitato eretto sul Monte Celeste. Antonio Nibby scrive testualmente: « Io credo di ravvisare in questo luogo la posizione di “Vitellia”, città ricordata da Livio, Plinio, Svetonio e Stefano che Bitella la chiama. Imperocché quella colonia fu fondata sul territorio degli Ernici, onde tenere a freno gli Equi. Di parere contrario è lo storiografo Giuseppe Marocco, che cosi si esprime:« Una grande e forte città vi era e non si esclude fosse l’antica menzionata “Belecre” degli Equi ».
Gregorio Iannuccelli non è riuscito a maturare una sua personale opinione e perciò si limita a riferire le supposizioni del Nibby e del Marocco. Egli così espone il suo pensiero: « … Civitella è il residuo di una grande città, eretta forse sulle rovine dell’antica Bellegra secondo il Marocco; Nibby poi opina che essa occupi l’acropoli dell’antica Vitellia, la quale stendevasi verso la chiesa di S. Sisto ».
In attesa di sciogliere ogni dubbio da parte degli studiosi, ricorriamo ancora una volta alla Consulta di rivisitazione dei toponimo ciociari dell’Inars Ciociaria da me presieduta, che per il toponimo di Bellegre propone la seguente interpretazione: il toponimo dell’equa Belegre ha due basi accadiche: belu + gerra. Belu= signore, sovrano come la divinità Beleno, come Belluno (Belu + enum= signore dei fiumi); gerra = via, strada, traccia, carovana come (Alpis) Graia. Bellegra quindi nel suo antico significato si lega alle mura pelasgiche della sua acropoli risalenti a quelle migrazioni neolitiche o protostoriche provenienti dall’oriente e sta ad indicare la sua importanza di caposaldo degli Equi in territorio ernico in qualità di  “Signora della strada”, “sovrana della strada”.

I toponimi dei popoli italici pre-romani

Per tradizione il nome dei popoli italici preromani, come gli Equi o gli Ernici, è spesso collegato a quello degli Aborigeni in una visione storica oscura e confusa. Da dove provenivano questi popoli? Erano autoctoni o colonizzatori? Sulla scorta delle fonti storiche relative ai primi abitanti del Lazio, in particolare Plinio, si suppone che vi abitassero in diverse età successive gli Aborigeni, i Pelasgi, gli Arcadi, i Siculi, gli Aurunci ed i Rutili. Altri sostengono che nei primi tempi gli Aborigeni vivessero senza recinti di mura e che, giunti poi i Pelasgi in Italia, questi avessero circondato le comunità con le possenti mura, denominate successivamente ciclopiche per la loro imponenza, quello che noi chiamiamo pelasgiche.
Il contributo che la linguistica storica può darci riguarda sia l’etnonimo che i toponimi delle città di appartenenza. L’ origine è indubbiamente semitica e risale a basi sumerico-accadiche, come ha dimostrato il prof. Giovanni Semerano nella sua opera monumentale, Le Origini della cultura europea, e come abbiamo già scritto in questa sede negli articoli dedicati ai popoli italici, Ernici, Equi,Volsci, Rutuli.
Quanto all’etnonimo, Equi,questo non ha niente a che vedere con il mondo equino, ma, sulla scorta del filologo Giovanni Semerano, riteniamo che , richiamando l’antico accadico “Eqlum” che sta ad indicare semplicemente “Terra, Regione”, il nome degli Equi starebbe ad indicare gli “Abitanti della Regione”. Così Trevi , aldilà delle fantasiose origini del toponimo latino proposto (da Trivii, da Trivia) la spiegazione su base accadica del toponimo legato a Trebu, attributo della divinità protettrice delle abitazioni, ci sembra più attendibile.

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