L’Oasi Naturalistica di Orie Terme

L’Oasi di Orie Terme, si trova nel comune di Amatrice, al km 35,500 della SR Picente che collega con la città de L’Aquila, entrambe città che hanno sofferto molto a causa di disastri naturali, perdendo gran parte del proprio patrimonio storico, ma offrendo ai visitatori un immenso tesoro naturalistico.

Il Parco, nato per volontà di un’associazione culturale, ha un’ampiezza di circa 18 ettari, ed accoglie oltre che a numerosi animali, anche dei testi scritti ispirandosi alla Passione di Gesù, Papa Francesco e versi del poeta cantautore Fabrizio De Andrè.

Non appena si varca l’ingresso, colpisce l’enorme masso di travertino di Acquasanta con il nome dell’oasi, un grande cippo marmoreo sulla destra  reca citazioni di Papa Francesco, sull’importanza di preservare la natura, recitando “La nostra Madre Terra è come una mamma che ci accoglie tra le sue braccia”, “Vivete una ecologia con gioia e autenticità” e ancora “La nostra Terra è la nostra casa comune”.

A sinistra v’è posta una meridiana, che indica i luoghi significativi più importanti, per la natura quanto per la spiritualità, vi sono mari, città, ma anche il quartiere di Trastevere e Gerusalemme; percorrendo il primo tratto di sentiero, sulla destra si incontra l’antica fonte “delle Orie”, sorgente storica che da secoli disseta gli abitanti di Configno, con acque fresche, che vengono utilizzate anche per abbeverare le colture nei campi.

Ma questa non è l’unica fonte, ve ne sono altre proseguendo verso la parte inferiore dell’oasi, tra cui la Fonte S’Andrea, il fontanile delle Costarelle e quello delle Orie, andando tutte a confluire nel fosso di S’Antonio, che si trova a valle dell’oasi ed è immissario del Lago Scandarello, contribuendo alla sua esistenza.

La passeggiata riserva anche piacevoli boschetti, costellati da castagni secolari, arrivando fino a un bivio, all’altezza del Capanno dei Daini, da cui andando a monte si raggiunge l’antica “ricciera” nel Bosco Sacro”, possedimento in passato della famiglia Betturri, che ne trasse sostentamento fino alla fine del XIX° secolo, cavandone legna da ardere o per costruire, castagne o ghiande da rivendere, ricci per accendere il fuoco e frasche da utilizzare per le stalle. I frutti di bosco, tra cui i mirtilli venivano colti solamente durante le festività ed era considerato un sacrilegio abbattere anche solo un albero di quel bosco, che dava da mangiare a molte persone.

Proseguendo per la strada principale, questa si avvalla e alla prima curva si trova il “Cristo del Castagno”, ovvero una edicola di campagna, realizzata sulle radici di un enorme castagno abbattuto poiché ritenuto pericolante, il ceppo venne riposizionato dove è attualmente riprendendo vita e gettando sempre nuove gemme ogni anno.

Andando avanti si aprono dei grandi prati verde smeraldo, su cui alla sinistra si inerpica la scala che conduce al “Calvario delle Orie”, di fronte al quale sorge il monumento “Dolcenera”, costruito nel punto in cui confluiscono grandi quantità di acqua, elemento vitale a cui è dedicato.

Il monolite reca incise le parole dell’omonima canzone di Fabrizio De Andrè, di cui sono presenti nel parco altri testi ispirati all’album “La Buona Novella” edito nel 1970; per raggiungere il Calvario di Orie, si percorrono 140 scalini, per raggiungere la scena del Golgota, con Gesù ed i ladroni crocefissi, ai cui piedi, secondo il testo del cantautore si trovano le due madri.

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Vicino ad ogni croce una targa riporta i versi del cantautore genovese ricavati dalla canzone “Maria nella bottega del falegname” sulla condizione di ciascun condannato. Al centro v’è Cristo, dolcemente addormentato in un sonno che, secondo le Scritture, lo restituirà alla vita.  Alla sinistra e alla destra le due vie dell’uomo: il Buon Ladrone, Tito,  convertito al Regno dei Cieli e il Cattivo Ladrone, Dimaco, le cui linee e superfici sono grezze e disarmoniche, drammaticamente avvinghiato alla sua rabbia  alla sua rinuncia alla salvezza.

Scendendo ancora più a valle, si trova al centro di un grande costone incolto, l’opera battezzata “Il Cantico delle Creature”, dedicata al santo tra i santi, San Francesco d’Assisi, che fu come ben sappiamo, uno dei massimi fautori di una ecologia integrale vissuta con gioia e amore verso Dio e gli animali.

La vegetazione intorno al monumento, è stata lasciata di proposito, così come il Santo in vita desiderava che una parte dell’orto del convento fosse lasciata allo stato selvatico e le erbe crescessero liberamente, proliferassero gli insetti, a dimostrazione del rispetto che aveva per la vita e per la bellezza del Creato.

Dalla parte opposta al monumento si trovano le “Querce Grandi” e la tomba di “Soldino”, un pony morto per “bocca dei lupi”; si discende quindi fino alla Fonte S’Andrea, poi al fosso di S’Antonio, già sopracitati, che è costeggiato dal “Sentiero dei Tafani”, così chiamato a causa di queste fastidiose mosche, che tormentano i daini ed i cervi che vivono in gran numero protetti nell’oasi.

 

Attraversando il ponte dedicato a “rosolino”, l’artista che produsse le opere esposte, si risale per la visita del Calvario delle Orie, salendo una ripida scalinata di pietra, si raggiunge la piazza delle Tre Madri, da cui in lontananza si scorgono le macerie di Amatrice, da cui si può esprimere una silenziosa preghiera, sognando un giorno la completa rinascita della città.

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Proprietario dell’oasi, il sig. Pierluigi Betturri, che mette a disposizione gratuitamente (su prenotazione) l’oasi alle visite; che ha ideato tutto questo, importando cervi e daini, per dare un nuovo imput ad una terra devastata dal terribile terremoto del 2016, in una zona, che era già stata visitata in passato anche da Papa

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