DA ERCOLE ITALICO

a San Michele Arcangelo

Se l’Eracle greco è stato abbondantemente documentato, indagato e celebrato da drammaturghi, pittori e scultori, non altrettanto si può dire dell’Ercole italico o iberico, le cui vicissitudini rimangono ancora da spiegare e da divulgare, anche se la sua storia è forse più interessante e vitale rispetto a quella del grande eroe classico.

Che l’Ercole italico abbia avuto una vita propria, nonostante le varie mistificate datazioni e attribuzioni, rimane un dato accertato anche da quella critica che pone sempre i classici greci e latini come radici e matrici di tutta la storia occidentale. Il nostro eroe è infatti assimilabile non tanto all’Heracles greco, quanto all’Hercle etrusco, da cui trae il nome e a Melkart, che secondo la tradizione garantì per primo l’uso del sale, uno degli alimenti più necessari per i pastori nella conservazione dei prodotti caseari, antichissima divinità fenicia legata anche alla divinazione degli antenati defunti. E proprio l’Ercole italico ci può svelare particolari stupefacenti tramandatici da Timeo, Strabone e Diodoro Siculo: si tratta di un’impresa compiuta dal nostro eroe, che avrebbe costruito la diga che separa il Lago Lucrino dal mare, per lasciarvi passare la Via di Ercole, la grande strada a lui intitolata, che secondo uno scritto attribuito ad Aristotele percorreva tutta l’Italia fino alla Sicilia.

A parte tutte le successive concezioni del dio, originariamente il mito collega Ercole alle acque, come indica anche l’etimologia del nome, dall’accadico Harri-kalu, che sta a significare “riparo al fiume”. D’altra parte l’eroe è figlio di Zeus, originariamente divinità pluvia, e di Alcmena, che porta nel nome il significato di “tragitto del fiume”, mentre il figlio Illo, omonimo del fiume della Lidia, indica su base accadica “inondazione”. Così in Italia i Campi Flegrei, suolo vulcanico sono il campo di battaglia di Ercole contro i Giganti, così le antiche città che da lui prendono il nome e che si dicono da lui fondate hanno a che fare con l’acqua dei fiumi o del mare e proseguendo il cammino dai Campi Flegrei Ercole avrebbe costruito il Lago Averno e il Tempio di Persefone e Pozzuoli ed Ercolano. Ed Ercole alla fonte diventa uno dei motivi di rappresentazione dell’eroe, come l’anfora, accanto alla clava, è un attributo del semidio ricalcati dall’arte etrusca e che dire dell’eroe raffigurato nel magnifico specchio etrusco che succhia il latte da Uni, divinità delle acque fecondatrici, il cui nome significa “fonte, fiume”?

Semidio quindi legato oltre che al mondo dei morti, alle acque fecondatrici, che per più di un millennio, sia in epoca italica che romana fu una delle divinità più venerate fin dai tempi di quei pastori-guerrieri e cercatori di metallo provenienti da oriente, il cui impatto civilizzatore con le popolazioni indigene dovette rappresentare una vera rivoluzione culturale.

E nel transito di popolazioni diverse e di percorsi di transumanza del bestiame una specie di Via sacra protetta dal nostro eroe garantiva traffici, mercati e incontri, una strada disseminata di santuari punto di sosta e di incontro, tracciati iniziati in un’epoca in cui si viveva soprattutto di pastorizia e i pastori appartenenti a comunità diverse erano uniti dal mito di Ercole soccorritore e protettore.

I Santuari dedicati ad Ercole lungo il percorso della transumanza

Tempio dorico di Cori

Non a caso i grandi santuari dedicati ad Ercole erano situati in luoghi di passaggio del bestiame e poi di commerci, quello di Tivoli, lungo il percorso della transumanza del bestiame tra Tirreno e Adriatico, quello sannita di Bojano, lungo il tratturo che collega la Marsica al Tavoliere, quello etrusco di Cere nella Tuscia. In Ciociaria molte sono le testimonianze di questo culto, alcune sopravvissute come il tempio dorico di Cori,  altre trasformate in edifici di culto cristiano, come ad Aquino la chiesa della Madonna della Libera costruita sulle rovine del tempio dedicato ad Ercole liberatore, a Vicalvi, a Sora, dove nella costruzione della Cattedrale sono state riutilizzate fondamenta e pareti di un preesistente tempio italico presumibilmente dedicato ad Ercole, come dimostrato due iscrizioni con dedica.

In Sabina il tempio più notevole è quello di Sulmona dedicato ad Ercole Curino, divinità molto cara ai pastori locali che durante la grande rivolta delle popolazioni italiche contro Roma, divenne il massimo centro religioso degli insorti; qui rimangono molte tracce del culto dell’eroe, che in un’iscrizione assume l’epiteto di Sanctus, assimilabile al Fisus Sancius testimoniato nelle Tavole di Gubbio, a conferma che si tratta di una divinità italica avente come caratteristiche fondamentali la funzione giuridica della sanctio e la funzione suprema della fides, legata al rispetto dei patti nella transumanza e nel commercio. E a Roma la prima testimonianza del suo culto, l’Ara massima di Ercole, nel foro Boario, presso il guado del Tevere, si fa risalire ad Evandro in segno di gratitudine verso Ercole che aveva liberato le sue mandrie di buoi dalla minaccia del gigante Caco, impresa che non rientra nelle famose dodici fatiche tradizionali.

Ma l’eroe della virtù, l’Ercole italico, continuò a godere di molta celebrità nella Roma delle guerre civili, se Marco Antonio si identificò con lui, attribuendogli anche un figlio, Anton, da cui sarebbe discesa la sua famiglia e nella Roma imperiale, se alcuni imperatori vollero identificarsi proprio con Ercole. Il suo culto era ancora molto radicato nella Roma divenuta cristiana se in una catacomba della Via Latina troviamo raffigurato in una pittura Ercole nimbato, cioè con l’aureola propria di Cristo e dei Santi, accanto ai soliti attributi, la clava il leone e l’idra, nell’atto di soccorritore.

E quando il cristianesimo si era ormai diffuso, nel mondo pastorale centro-meridionale subentrò l’Arcangelo Michele, nuovo eroe cultuale come l’Ercole precristiano che gli cedette i suoi attributi divini di debellatore delle forze maligne, all’uccisore dell’Idra di Lerna si sostituisce il santo guerriero che uccide il drago. E le grotte considerate sacre dalla tradizione popolare perché legate da tempo immemorabile ad antichi riti di fecondità e di adorazione delle rocce e delle acque presero il nome di S. Angelo. In tutta la dorsale appenninica nel Lazio come in Abruzzo sono moltissime le grotte dedicate al nuovo santo protettore dei deboli, dei commerci, come quella di S. Angelo di Ripe di Civitella del Tronto, suggestiva per il rituale documentato nella sua continuità da riti di sacrifici umani a funzioni religiose e come il Santuario rupestre di S. Angelo in Asprano a Caprile di Roccasecca in Ciociaria.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

S.MIchele Icona russa XIV sec     S.Michele uccide il drago XII sec dalla Borgogna

Non è un caso che come la Via di Ercole disseminata di templi a lui dedicati, la grande via della transumanza dall’Abruzzo al Tavoliere, attiva fino a metà del XX secolo, termina proprio con il santuario in una grotta sul Gargano dedicato a S. Michele Arcangelo, verso il quale i pastori ciociari del cassinate facevano un pellegrinaggio annuale in ringraziamento della protezione ricevuta.

 

IMMAGINI

  1. In evidenza:Ercole el’Idra di Lerna di Gustave Moreau, 1876
  2. Specchio etrusco, Ercole prende il latte da Uni
  3. Ercole Nimbato, da Catacombe di Via Latina
  4. S. Michele uccide l’idra di Colossi, Icona russa del XIV secolo
  5. S. Michele uccide il drago, dalla Borgogna XII sec. Museo del Louvre
  6. S.Michele Arcangelo in Ciociaria di Umberto Bolognesi

 

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