Il pericoloso popolo dei Volsci

“Ferocior ad rebellandum quam bellandum gens”

con questa affermazione Tito Livio, il padre della storiografia romana, definì i Volsci, “popolo più ferocemente incline a riprendere la lotta che a combattere”, citato più volte nelle fonti non solo da Livio, ma anche da Dionigi d’Alicarnasso, Silio Italico e Strabone.
Gente tenace, di indole bellicosa, dedita alla pastorizia e all’ agricoltura, di stirpe osco-umbra ma più affine agli Umbri, di una certa mobilità legata non solo alle transumanze stagionali ma anche alla ricerca di sedi più fertili e ricche, come confermano i dati archeologici che suggeriscono stretti legami delle zone occupate dai Volsci: dall’ area compresa tra il Fucino e l’alto Sangro e l’ alto Volturno fino ai Lepini ai Colli Albani e all’ agro pontino, in un itinerario privilegiato di spostamento che è quello della Val di Roveto.

Da Anzio- Satrico-Velletri alla Valle del Sacco e del Liri

Di fatto verso la metà del V secolo a.C. – forse il momento della loro massima espansione – i Volsci possedevano una zona molto ampia del basso Lazio delimitata a nord-ovest dall’ asse Anzio-Satrico-Velletri, e comprendente la valle dell’ Amaseno, del Sacco, tutta la media Valle del Liri, compreso Cassino e la Val di Comino fino ad Atina. Miti e leggende si legano a questo popolo che rientra nella storia eroica di Roma repubblicana trasmessa dagli storici romani tesi all’esaltazione delle origini della città eterna, che si è sviluppata anche con l’apporto di queste popolazioni non solo sul piano bellico ma anche sul piano giuridico, meritando un riconoscimento e soprattutto una rilettura nell’ambito della rivalutazione della Ciociaria storica. Basti pensare che Cicerone di Arpino e Ottaviano Augusto di Velletri erano di stirpe volsca.

      Marco Tullio Cicerone

                                                                 Ottaviano Augusto

Considerate le incertezze delle fonti letterarie, che spesso duplicano eventi successivi,generando confusione, proviamo a dare il nostro contributo a livello linguistico.
La base del nome Volsci fu ritenuta etrusca da molti studiosi, in parallelo con altri toponimi della pianura pontina, come Velitrae e Tarracina. In realtà i Volsci furono un popolo saldamente organizzato, come suggerisce l’origine del nome, che sta ad indicare “quelli degli oppida” ossia “quelli delle fortezze”; capitale ne fu Terracina, Anxur nella lingua locale, antichissimo nome che si lega ad Assur, la massima divinità del Pantheon assiro, eponima della città di Assur e simile al nome con cui gli Etruschi chiamano questa divinità.

Il dio protettore era Iovis Anxurus, cantato da Virgilio nel VII libro dell’ Eneide e il nome di Anxur sta ad indicare la collocazione e la funzione di difesa del territorio meridionale dei Volsci al limite del quale la città era posta. Il fatto che i resti di un tempio dedicato a Iovis Anxurus siano stati rinvenuti su Monte Cassino, sotto l’attuale abbazia non potrebbe rappresentare un’analoga funzione di difesa del territorio orientale dei Volsci? Anxur quindi, dall’ accadico An.Kisurri indica nel nome il dio del confine, che appare ancora nelle monete della Gens Vibia databili tra il 54 e il 44 a.C. raffiguranti una giovane divinità con la scritta Iovis Anxur.
Un popolo, quello dei Volsci, in continua espansione e movimento per transumanze legate al Ver Sacrum e per conquiste, che dette filo da torcere ai Romani se arrivarono fino alle mura di Roma, se più volte rebellaverunt (ripresero la lotta) ed ebbero per capitali città come Ecetra e Satricum. Di Satrico si sa che ne esistevano almeno due, una nell’ Agro pontino nel territorio di Nettuno denominato Le Ferriere, distrutta nel 337 a.C. al tempo del dittatore Camillo; l’ altra nell’ area di Arce sulla Casilina, coalizzata con i Sanniti contro i Romani e perciò distrutta nel 319 a.C. con una punizione severa ricordata ancora cento anni dopo come esemplare per casi simili.

                                                           Furio Camillo di Domenico Ghirlandaio

Intorno ad Ecetra, la mitica città dei Volsci, da quattro secoli continuano discussioni e controversie tra studiosi e archeologi alla ricerca della sua identificazione geografica, da
Cluverio e Holstenio del Seicento che ne collocarono l’ubicazione nella Civita di Artena fino al 1982 quando l’archeologo Lorenzo Quilici riprese e continuò l’ipotesi che la grande metropoli del popolo dei Volsci fosse ubicata sul Piano della Civita di Artena. Ma sulla scorta di Tito Livio e di Dionigi d’ Alicarnasso, Ecetra da altri studiosi viene ubicata anche nella Valle del Sacco nel territorio di Ferentino o Morolo o Supino, ai piedi dei Monti Lepini.

In attesa di scioglier ogni dubbio da parte degli studiosi, ricorriamo ancora una volta alla Consulta di Rivisitazione dei Toponimi Ciociari dell’Inars Ciociaria da me presieduta che per il toponimo di Satricum propone questa interpretazione: la volsca Satricum ha la stessa base accadica di Sutrium (Sutri), roccaforte etrusca a 300 m. su uno sperone dei Monti Cimini, “suturu”, con il significato di “posta in alto” come il toponimo Satriano comune a molte località italiane. Da notare come le antefisse provenienti da Satricum presentino una forte somiglianza con la testa bronzea proveniente da Ninive in Mesopotamia, città che nel secondo millennio a.C. era già nella lista dei possedimenti di Hammurabi, che aveva già unificato i paesi di Sumer e di Akkad; il che confermerebbe la nostra interpretazione accadica del toponimo Satricum.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Mentre per Ecetra la base accadica definisce nel significato la sua posizione di “terra di confine”, quasi che i Volsci nei loro movimenti spostassero il “confine” delle loro terre denominando la nuova fortezza con il nome di Ecetra. Nella loro area di influenza quindi diversi furono gli oppida denominati genericamente Ecetra, terra di confine, e questo fatto spiegherebbe forse le cosiddette incongruenze delle fonti letterarie, così oscure sull’ubicazione di questa città fantasma che ancora si cerca e se ne discute!

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