Don Giuseppe Capone Ad memoriam

Uno spirito lucido e sognatore

“Mentre stava nascendo il nuovo anno, il 2010, ed in molti ci scambiavamo gli auguri ed auspici per l’avvenire, un personaggio di primo piano nel panorama delle ricerche storiche “non allineate” con l’ortodossia accademica imperante, ci stava lasciando.
Consumato da una malattia che non lascia scampo, il 1 gennaio 2010, si è spento don Giuseppe Capone.
Originario di Collepardo (FR) sui Monti Ernici nel Basso Lazio, ma da una vita alatrense d’adozione. Impareggiabile figura non solo di sacerdote, ma pure di musicista, studioso e ricercatore storico del passato più misterioso della sua Terra e dell’intera Penisola.
Un impegno pluridecennale “per il quale comunità intere serbano gratitudine; impegno costante nel voler risvegliare la conoscenza ed anche l’orgoglio di un glorioso passato” come aveva recentemente sintetizzato Ornello Tofani, editore ed anche lui ricercatore di Alatri, che aveva pubblicato molte delle fatiche letterarie, saggistiche e scientifiche di don Giuseppe Capone.”
Con queste parole inizia il tributo che il noto scrittore di misteri, Giancarlo Pravat, rivolge il 2 gennaio 2010 ad un uomo come don Giuseppe Capone che sino all’ultimo ha ricercato la verità e che non ha mai perso la speranza che un giorno avrebbe trionfato.
Ma lui, forte degli insegnamenti evangelici di Gesù Cristo, ha sempre perdonato, porto l’altra guancia ed ha proseguito imperterrito in quella che riteneva una vera e propria missione.
Dopotutto Cristo stesso ci ha detto “et Veritas vos liberabit”.
Nel 2005 ho avuto l’onore e il piacere di conoscere di persona don Giuseppe nel suo studio, le cui finestre si affacciavano sulle mura megalitiche dell’Acropoli di Alatri, quando con l’astronauta Umberto Guidoni fummo ricevuti dall’anziano prelato. In quell’occasione rimasi affascinata non solo dalla lucidità di una mente avvezza alla ricerca e allo studio ma anche dalla curiosità di uno spirito lucido e sognatore pronto a rivolgere gli occhi dalla terra a quelle stelle che gli antichi costruttori delle mura megalitiche guardavano per allinearci la cinta muraria delle città che costruivano.
Conoscevo don Giuseppe Capone anche attraverso le numerose pubblicazioni di carattere storico e archeologico, che sono talmente numerose che qui desidero ricordarne solo alcune.

Teneramente legato alla sua Collepardo

In “Collepardo” – Storia di un antico castello, dalla preistoria al 1427”, senza nulla togliere all’obiettività storica del libro, si avverte come da ogni pagina si sprigiona l’affetto, l’amore l’entusiasmo e l’attaccamento dello storico alla sua piccola patria. Di don Giuseppe , anche se “cittadino onorario” di Alatri per la vasta opera di storico che tanto lustro ha procurato alle stessa città, può dirsi con il poeta latino: onoro Alatri ma mi sento teneramente legato alla mia Collepardo.
Così Don Giuseppe ha l’ardire di raccontare la storia di Collepardo, iniziando da quella antica degli Ernici, “gli abitatori delle montagne, gli assidui ricercatori di ferro, la stirpe che seppe poi legare l’orgoglio alla maestà e alla potenza delle sue costruzioni ciclopiche: entro le nostre valli seppe foggiare il suo destino, pronti sempre a rapire dalle stelle e dal sole i segreti e gli auspici per il suo futuro…”
In questa opera oltre lo storico troviamo anche il linguista filologo che invera radici e derivazioni da idiomi antichi (sanscrito, iraniano, greco …)” importati da terre lontane”. Ma troviamo anche il musicista, che nelle oltre 400 composizioni musicali ha fatto rivivere dall’oblio degli anni quelle nenie palpitanti dell’afflato religioso e dell’animo semplice del suo popolo e l’ animo del musicista emerge in quella pagina del libro dove si afferma che la scelta dei Collepardesi per il ludo delle feste di San Sisto in Alatri fu fatta per le qualità musicali degli stessi abitanti in quelle rocce aride ed aspre contro le quali risuonava nella solitudine dei monti “l’eco dei pifferi pastorali, delle nenie che vaporavano come incenso dell’anima”.

Storico di Alatri

Sono le numerose opere dedicate ad Alatri, dalle annotazioni mitico-storiche della progenie hetea ai monumenti megalitici in terra ernica e soprattutto alla pubblicazione del 2002 di “Alatri, il nome antico di una città più antica” a rendere uniche le sue scoperte, quando sembra prendere per mano il lettore per condurlo in un viaggio avvincente nella terra in cui,forse, ha avuto origine la storia di ognuno di noi: la Mesopotamia, la terra tra i due fiumi, il Tigri e l’Eufrate.
Sono proprio gli scavi del Medio Oriente, l’attuale Siria e Iraq, a rendere giustizia alla ricerca di don Giuseppe quando afferma che è esistita un’altra Alatri, quella mesopotamica, ben tremilasettecento anni fa, come testimoniano le tavolette di argilla ritrovate negli archivi del palazzo di Mari. Siamo nella terra dei Sumeri, il popolo che iniziò la più antica civiltà dei tempi storici.

Studioso non allineato con l’ortodossia accademica

Una vita intera dedicata allo studio e alla ricerca, costellata da ipotesi, intuizioni, scoperte che spesso hanno messo a soqquadro il quieto mondo della cultura e della scienza che contano.
E che, come spesso avviene, nei confronti dei precursori, di coloro che tracciano nuove vie, che sognano altri orizzonti, oltre il quotidiano conformismo, hanno riservato a don Giuseppe Capone, disinteresse, snobistiche alzatine di spalle, qualche risolino ironico, se non addirittura disprezzo.
Stesso destino quello di un altro studioso solitario spentosi a Firenze pochi anni prima di don Giuseppe, Giovanni Semerano che ancora aspetta il riconoscimento dovuto che non ha avuto in vita perché la sua tesi, circa l´origine accadica e non indiana delle lingue europee, non era allineata con l’accademia, smontava un´antica tradizione e, con essa una gran quantità di studi, di competenze, di libri, di cattedre, di potere. E sono proprio gli studi filologici ed etimologici di Giovanni Semerano, mostrando la falsità della tesi indoeuropea a dare valore agli studi don Giuseppe, quando spiega l’origine dei nomi: E l’origine del toponimo dell’Alatri mesopotamica e dell’Alatri ciociara non può che essere spiegata con basi sumerico-accadiche: la città ernica, posta sopra una pendice nel punto più elevato, significò “ALTURA DEL LUOGO”, cioè oppidum, deriva da basi corrispondenti ad arcadico ALU, ELU (alto, la parte alta) e ASRU, ugaritico ATR (luogo). Lo stesso significato originario di Velletri e Volterra.
Entrambi gli studiosi meritano il dovuto riconoscimento aldilà delle mura domestiche. Alle parole di don Giuseppe rivolte ai suoi concittadini di Alatri: “Domani, da qualcuno potremmo avere argomenti e prove più convincenti su quanto abbiamo cercato di sapere oggi dalla storia o dall’archeologia”, rispondiamo con le parole di Giovanni Semerano:
‟Il futuro ha un cuore antico, e avviare un nuovo rapporto culturale col remoto passato salda una nuova unità spirituale fra noi e i popoli scomparsi che, come astri spenti, continuano a irradiare il lucente messaggio che giunge sino a noi. A essi mancò il dovuto riconoscimento di essere stati alle origini operanti sugli avvenimenti dei nostri destini”.

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