Social Network, 30 anni di chat

Fin dall’alba dei tempi, l’uomo ha avuto necessità di comunicare, non solo con versi vocali, ma anche con altre forme, che potessero essere comprensibili a chiunque, superare le lunghe distanze e portare il messaggio a più persone possibile.

Possiamo affermare che forse, il più antico social network possa essere stato il Tam Tam dei tamburi, oppure l’uso dei segnali di fumo, che le prime foto “postate” siano state le incisioni e le pitture rupestri e che le prime “minacce social” siano state fatte impalando la testa dei nemici ai confini dei territori tribali.

Perché l’uomo è sempre stato una bestia sociale, un gregario che ha basato la sua sopravvivenza costituendo nuclei familiari, tribù, clan, città, fino ad arrivare a intere nazioni o imperi, che si reggevano sull’aiuto reciproco di ogni appartenente.

Basti pensare alle prime famiglie umane, dove le donne avevano il compito di raccogliere legna, bacche, radici, erbe e badare al focolare, mentre gli uomini si cimentavano nella caccia e nella pesca o nella protezione del territorio; per arrivare a nuclei cittadini veri e propri, dove ognuno aveva il suo ruolo, via, via, che l’umanità evolveva, apprendendo nuove tecniche, come l’agricoltura, la conciatura, l’artigianato e così via dicendo.

Quando un insediamento non poteva più fornire risorse per l’espansione demografica, i giovani si spostavano occupando nuovi territori e fondando nuovi nuclei abitati, che però necessitavano di rimanere in contatto tra di loro, specialmente per scopi difensivi: se una tribù rivale attaccava un villaggio, una rapida richiesta di soccorso ai villaggi alleati, poteva fare la differenza tra la salvezza e la conquista.

Con il trascorrere dei secoli, i segnali di fumo vennero abbandonati in favore di staffette a cavallo o a piedi, di piccioni viaggiatori che recavano messaggi scritti a mano e garantivano anche una maggiore discrezione, sul contenuto dei messaggi; vennero poi ideati codici di comunicazione con riflessi di luce, con bandierine, in ambito della marineria, fino ad arrivare a sistemi più tecnologici, come il telegrafo ed infine il telefono; anche se tra gli strumenti più “social” potremmo considerare sicuramente la radio e la televisione, che fino al boom economico degli anni ’70 non erano alla portata di tutti e riunivano decine di persone in un solo salotto.

La svolta social vera e propria giunse con IRCnet, una rete server di IRC, un sistema di messaggistica online ideato per scopi militari alla fine degli anni ’80 e diffusasi fino a divenire il primo Social Network internazionale, in grado di collegare tra loro, persone da tutto il mondo.

Chi è nato a cavallo degli anni 70’/’80 ed ha avuto la fortuna di possedere un Personal Computer, decisamente costosissimi all’epoca, certamente potrà ricordare, con una lacrima nostalgica, le ore e le nottate passate in rete a chattare su IRC, il primo vero Social Network mondiale.

Si chattava di notte solitamente, per le tariffe più basse, poiché si viaggiava ancora con il modem a 56k collegato alla linea telefonica, perché di notte la banda risultava meno intasata ed era più facile incontrare amici dall’altra parte del mondo, che con il differente fuso orario si collegavano magari dal computer del lavoro.

Non esistevano ancora i giochi online, non esisteva Facebook, non esistevano Twitter o Istagram, neanche Whatsapp, Telegram o qualsiasi altra forma di messaggistica istantanea gratuita, anzi non esistevano neanche gli smartphone e neanche gli SMS, che furono inventati dopo il 1992.

Il telefono, la televisione, la radio, prima di quel fatidico 1988, in cui il finlandese Jarkko Oikarinen, brevettasse IRCnet, restavano i maggiori strumenti di comunicazione di massa; questa nuova rete ebbe un ruolo fondamentale per bypassare le censure dei mass media durante il tentato colpo di stato in Unione Sovietica nel 1991 e nella Prima Guerra del Golfo, le conversazioni delle chat sono ancora conservate nell’archivio “Ibiblio”.

Immaginate da allora quante conversazioni che sono state registrate ed archiviate, milioni di miliardi di messaggi, inviati dapprima da poche migliaia di utenti e poi da milioni, sebbene con l’avvento dei successivi Social Network, IRC abbia conosciuto un rapido declino, ed ad oggi soltanto il server di Tiscali è fruibili, dopo che Telecom Italia, spense definitivamente i suoi storici server nel 2011.

Su IRC si sono anche combattute le prime Cyberguerre, che a volte scoppiavano anche per motivi futili, come “Takkare un canale” (da Take, in inglese prendere), oppure far disconnettere un utente rivale, arrivando a Ddossare interi server (l’attacco Ddos sovraccarica il server inviando molti pacchetti di richieste).

IRC infatti metteva a disposizione degli utenti, la possibilità di creare dei canali di chat personalizzata, oltre alla messaggistica privata, dove potevano radunarsi e chattare contemporaneamente più persone, che erano gestite dagli “Operatori”, che potevano moderare il canale precludendo temporaneamente o permanentemente l’accesso a qualcuno “Kikkandolo” (da To Kick, in inglese calciare); per vietare l’accesso in maniera permanente erano programmati dei “Bot”, che memorizzavano il nome o l’indirizzo IP del malcapitato, che veniva Kikkato ogni qual volta cercasse di rientrare.

Per evitare ciò, l’utente poteva cercare di mascherare il proprio indirizzo IP, di volta in volta, utilizzando dei proxy, ovvero dei server intermediari dai quali collegarsi, che fornissero un IP differente; questi proxy o shell (che sono sempre dei server), venivano spesso “bucati” e utilizzati per Ddossare o creare Bot, che potevano essere usati per la difesa o l’attacco; dei Bot in difesa che avessero avuto lo stesso server sarebbero caduti al primo attacco, mentre appoggiandosi su server differenti, era necessario compiere molteplici attacchi, con maggiori rischi e difficoltà per l’hacker, mentre in attacco garantivano una maggiore potenza di Ddos, che veniva portato da più server.

A volte la potenza di questi eserciti virtuali, era tale, che bastava entrassero in massa all’interno di un canale, per  sovraccaricare la linea degli utenti a 56k e causarne la disconnessione.

Su IRC però non ci fu solo guerra, ma nacquero anche molti amori, esso aveva accorciato le distanze e permise a moltissime coppie di conoscersi, anche grazie alla possibilità dell’invio di foto (che ovviamente non avevano l’alta risoluzione di oggi), grazie soprattutto alla possibilità di “indossare una maschera” e di comparire come in realtà le persone non fossero.

Il nerd bullizzato da tutti a scuola, diventava dentro IRC una vera e propria personalità temuta e rispettata, grazie alla sua capacità di hackerare canali e server, chi non poteva rifarsi una vita dove abitava per avere una cattiva fama, poteva rifarsela virtualmente agli occhi di persone che abitavano a migliaia di km di distanza; un po’ come descrisse il Pirandello nel suo libro “Uno, Nessuno e Centomila”, dove si evince che l’uomo non è Uno e che la realtà non è oggettiva, passando dal considerarsi uno per tutti a Nessuno, attraverso la presa di coscienza che è Centomila, indossando molti volti diversi con le persone e le varie situazioni che la quotidianità ci impone.

Dopo IRC furono diversi i Social che seguirono prima di arrivare al conosciutissimo Facebook, nel 1997 dagli States arrivò il sito SixDegrees.com, seguito sempre dall’americano Friendster, nato nel 2002 e per il quale venne coniato il termine “Social Network”, creato per la prima volta nel 2003; Friendster, permetteva infatti la creazione di un vero e proprio profilo, la ricerca degli utenti e il caricamento permanente delle proprie foto.

Nacquero altri Social, come Ryze, che era dedicato ai professionisti,LinkedIN MySpace, creato nel 2003, e proprio in quest’ultimo Social, cominciarono a convergere gli utenti di Friendster, che era diventato obsoleto, lento, soprattutto a causa del moltiplicarsi dell’utenza e dei primi profili “Fake”.

I profili Fake, avevano molteplici scopi: dalla semplice truffa, cercando di vendere prodotti o servizi inesistenti, allo stalkeraggio di altri utenti o al trollaggio, ovvero provocare altri utenti senza ragione, per il gusto di tirarne fuori le reazioni.

Inizialmente MySpace  conteneva un blog, un oroscopo e dei giochi, ma a causa di un bug gli utenti potevano modificare le pagine; notando che comunque questo causava coinvolgimento e una maggiore vitalità del Social, il bug non venne mai risolto, tuttavia MySpace ebbe vita breve e dopo soli due anni cominciò il suo declino: era l’avvento di Facebook!

Nato nel 2004, il Social Network “The Facebook”, per mano del diciannovenne Mark Zuckberg e di alcuni suoi collaboratori, aveva già avuto un lancio beta un anno prima con Facemash; per realizzarlo Zuckberg che frequentava il secondo anno universitario ad Harvard, si introdusse in aree protette della rete universitaria copiando le foto dai documenti degli studenti, creando una specie di social interno all’università; nelle prime 4 ore dalla creazione vi furono ben 450 visitatori e oltre 22.foto visualizzate, prima che il sito venisse chiuso dai responsabili dell’Università.

Mark Zuckberg rischiò l’espulsione per quell’atto di violazione della privacy, ma alla fine non venne preso nessun provvedimento e preso dall’euforia per la riuscita del suo esperimento cominciò a programmare un nuovo sito web che vide la luce il febbraio del 2004, grazie al supporto di Andrew McCollum ed Eduardo Saverin, che curarono rispettivamente programmazione e aspetto aziendale; il sito era raggiungibile all’indirizzo thefacebook.com.

Una settimana dopo, Zuckberg venne accusato da altri tre studenti, i fratelli Cameron e Tyler Winklevoss e Dyva Narendra, di essere stati truffati, in quanto Mark aveva promesso loro di aiutarli nella programmazione di un servizio di rete sociale chiamato HarvardConnection.com, mentre in realtà aveva rubato loro l’idea; l’accusa si tradusse in una causa legale che vide Zuckberg corrispondere 65 milioni di dollari di risarcimento a fronte dei 600 richiesti (nel frattempo Facebook aveva raggiunto fama internazionale e un elevatissimo valore monetario).

Già dalla fine di febbraio 2004, oltre la metà degli studenti di Harvard si era registrata al sito, dando l’opportunità a Zuckberg di estendere il servizio alle università di Columbia, Yale, Stanford e alla fine dell’anno al resto della Ivy League, al MIT, alla Boston University e al Boston College; fu un successo tale che già a metà del 2004, venne fondata la Corporation Facebook INC e il servizio si estese tra Stati Uniti e Canada.

Zuckberg con i suoi collaboratori più stretti si trasferì a Palo Alto in California e ricevette un finanziamento dal cofondatore di Paypal, Peter Thiel; affittarono una casa vicino all’università di Stanford.

Nel 2005, per la ragguardevole somma di 200.000 dollari, venne registrato il dominio attuale, Facebook.com, dando possibilità di iscrizione a chiunque soltanto dal 2006, con la condizione che abbia superato il tredicesimo anno di età.

Dal 2006 al 2007, Facebook ebbe un impennata scalando dalla 70° posizione alla 7°, nella graduatoria dei siti più visitati al mondo, primo negli Stati Uniti, con oltre 60 milioni di foto caricate ogni settimana; in Italia Facebook affermò il suo dominio a partire dal 2008, scalzando Social Network come Badoo e Netlog, dal 2001 gli utenti registrati risultavano 21 milioni di italiani di cui 13 si collegavano tutti i giorni.

L’ultima rilevazione fatta nel 2017 attesta 30 milioni di utenti italiani iscritti, di cui 24 milioni si collegano giornalmente, dando valida l’ipotesi che qualche milione di profili siano Fake; un altro record, stavolta mondiale venne registrato nel 2010, quando Facebook risultò superare il traffico dati di Google per una settimana nel mese di marzo.

Dal 2011, sono stati attivati i controlli di moderazione dei contenuti, con circa 20.000 profili rimossi ogni giorno, per violazione delle regole, tra cui spam o limite di età non consentito; sempre dal 2011, Facebook si è evoluto introducendo la traduzione automatica dei post in bacheca da lingue straniere e la possibilità di condivisione dall’applicazione per dispositivi mobili.

Il 24 agosto 2015, Facebook annunciò di avere registrato online contemporaneamente oltre 1 miliardo di utenti attivi, su 1 miliardo e mezzo registrati all’epoca; nel 2018 viene invece registrato il primo calo di utenti attivi e di crescita, attribuito alla nuova normativa sulla privacy europea, vi fu un crollo del 20% delle azioni di Facebook in un solo giorno, registrando anche il record in termini assoluti di crollo in borsa nella storia degli Stati Uniti.

Facebook però non è solo oro che luccica, molte sono state le polemiche che hanno travolto Mark Zuckberg, in merito ai numerosi casi di violazione della privacy o allo scandalo di Cambridge Analytica, che ha visto la fuga dei dati di 87 milioni di utenti, tra cui 200mila italiani, che sono stati venduti dal proprietario di una app (thisisyourdigitallife), collegata a Facebook; le informazioni cedute alla società Cambridge Analytica, sarebbero state determinanti per indirizzare gli utenti all’elezione di Trump o a favore della Brexit, dimostrando quanto uno strumento mediatico possa essere pericoloso se utilizzato per fomentare le masse.

 

Dipendenza da Social Network

 

Se siete arrivati a leggere fin qui, senza sfiorare il telefono, senza alzare lo sguardo per controllare le notifiche o i messaggini di Whatsapp, ritenetevi davvero fortunati, non siete dipendenti dai Social; un recente studio ha evidenziato come un utente medio, prenda tra le mani lo smartphone circa 200 volte al giorno, ovvero 8 volte all’ora, anche se in realtà, ci sono persone che non riescono a fare a meno di controllare i propri Social ogni minuto, basando la propria esistenza a cavallo della vita reale e di quella virtuale.

Stare tante ore avanti allo schermo, non comporta solo il rischio aumentato di attacchi di epilessia ed altre patologie di natura ottica, ma può portare persino al distacco totale dalla realtà, anteponendo la vita virtuale a quella vera; spesso e volentieri le cronache hanno riportato violenti episodi sfociati nella vita virtuale e poi culminati in quella reale.

Persone che sentendosi riparate dalla distanza (magari anche non eccessiva ma che viene percepita in maniera maggiore) che offre lo schermo del computer o del telefono, insultano, minacciano, attraverso i Social; nel 90% dei casi la cosa finisce con insulti reciproci, ma ci sono volte in cui le persone arrivano a confrontarsi per strada, magari incontrandosi casualmente o di propria volontà, oppure nella migliore delle ipotesi ci sono risvolti giudiziari come denuncie per diffamazione o ingiuria, che tuttavia stanno intasando i tribunali e spesso vengono archiviate, aumentando la sensazione di impunibilità dei Cyberbulli.

Un’altra patologia dei social infatti, è rappresentata dal cyberbullismo, un termine coniato di recente, per etichettare quei comportamenti volti a denigrare altre persone, a metterle alla gogna sociale, portandole a volte persino al suicidio; in Italia possiamo ben ricordare la povera Tiziana Cantone, che dopo aver avuto un rapporto sessuale il cui video è finito in rete, rimbalzando da un social all’altro, è arrivata a togliersi la vita, esasperata dalle continue derisioni, dagli insulti e dalla giustizia che non è stata capace di dare una pena esemplare ai colpevoli.

Molto probabilmente in futuro, i social avranno un ruolo molto importante per tutti noi, dandoci come nella vita reale la possibilità di guadagnare, di lavorare, creando una società parallela con cyber poliziotti, cyber artigiani, cyber allevatori e così via discorrendo; in realtà è già possibile guadagnare molto con i social, attraverso lo sfruttamento della visibilità per vendere i propri prodotti, o addirittura la stessa immagine.

Molti blogger hanno raggiunto il successo, diventando icone della moda, della cucina, come ad esempio Chiara Ferragni, blogger ed “influencer”, che ha raggiunto un enorme successo, arrivando persino a girare un film sulla propria vita; la sua relazione con il cantante Fedez è costantemente postata su Istagram, ogni attimo della loro vita dipende da una foto o da un post.

Cosa accadrebbe quindi se un giorno all’improvviso tutti i social smettessero di funzionare?

Sarebbe il panico!

 

Strumento di controllo di massa

 

In passato Facebook per esempio, ha subito degli attacchi da parte di Hackers, che sono stati capaci di creare confusione o addirittura tenere down il server, lo stesso è accaduto a Whatsapp, generando anche il timore, che fosse in corso un attacco terroristico.

Probabilmente, se scoppiasse un conflitto mondiale, la prima cosa che potremmo aspettarci è che in alcuni paesi i social vengano interdetti, o dal nemico o dal paese stesso nel tentativo di censurare notizie, fuga di informazioni; cosa accadrebbe se il nemico fossero gli Stati Uniti?

Grazie a Facebook, gli Stati Uniti hanno a disposizione un archivio con miliardi di foto e informazioni riguardante gran parte della popolazione mondiale, inclusi moltissimi militari, personalità politiche, obbiettivi sensibili, un bel vantaggio no?

D’altronde le forze dell’ordine, spesso e volentieri ricorrono proprio ai social per rintracciare latitanti o piccoli criminali, che non resistono alla tentazione di un selfie, di registrare la propria posizione, sembra assurdo ma è vero, anche in questo caso scatta quella sorta di “impunibilità” che la rete sembra offrire.

Altri criminali invece sfruttano i social per essere informati quando possono colpire, per esempio un utente che va in vacanza e posta le sue foto, metterà a conoscenza dei ladri che la sua casa è sguarnita ed è un facile bersaglio; ecco perché è importante evitare di mettere fotografie, a meno che non si settano le impostazioni della privacy e non si sia sicuri dell’onestà dei propri amici al 100%.

Così come potrebbe sfruttarlo qualcuno che vuole farvi male, avere rancori nei vostri confronti, seguendovi, sapendo dove siete grazie alla posizione o alla condivisione di foto, conoscere che sono i vostri amici, i vostri parenti; è importante dare meno informazioni possibile, non dobbiamo scordarci che dalla rete niente si cancella mai per davvero.

 

Altri pericoli

 

 

Sono molti i pericoli in cui può incappare un utente inesperto che si approccia con i social, vi sono le truffe per esempio, prodotti venduti a prezzi concorrenziali e mai spediti; chi ci casca solitamente non è neanche troppo ingenuo, ma viene carpita la sua fiducia interagendo con un profilo che a volte non è neanche falso, ma è gestito da persone senza scrupoli, nullatenenti, persone che non hanno niente da perdere a prendere una denuncia, perché magari senza fissa dimora, il più delle volte inoltre i truffati rinunciano a denunciare per vergogna o per scarsa fiducia nella giustizia.

Una truffa molto famosa è la Nigerian Scum, che prende il nome dalla Nigeria, anche se sovente viene organizzata anche da altre nazioni; un ipotetico principe o banchiere africano contatta l’utente raccontando di avere un grosso capitale congelato a causa di una crisi di governo, una guerra o un eredità e che sta cercando un prestanome al quale verrà poi riconosciuta una cospicua percentuale, ma ovviamente per attivare le procedure burocratiche vengono poi chiesti dei soldi, che difficilmente torneranno indietro …

Gli incontri che possono avvenire tra due sconosciuti, quante donne incaute sono state aggredite dopo aver incontrato qualcuno sui social?

Addirittura è capitata che uomini omosessuali siano stati attirati con l’inganno da altri finti omosessuali che poi li hanno picchiati e rapinati.

Ma forse il mostro più terribile, più viscido e più imprevedibile, è quello che potrebbe toccare i nostri figli … il mostro della pedofilia!

Esso si annida nei social come un serpente in agguato, carpisce la fiducia dei più piccoli, spesso fingendosi un amico di famiglia oppure un altro bambino e se non arriva a concretizzare un incontro nel reale, può comunque lasciare gravi danni psicologici alla sua vittima.

Quindi è importantissimo limitare l’uso dei social ai giovanissimi, ma soprattutto istruirli a farne un uso espressivo, che non li limiti, ma che neanche li metta in situazioni di pericolo, o peggio trasformi essi stessi in un pericolo per gli altri, come nel caso del Cyberbullismo.

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