Il castello di Colle Alto

L’origine della toponomastica di Arcinazzo è abbastanza controversa, c’è chi dice che esso derivi da “Arci Narzio”, ovvero il Grande Narzio, un console romano che visse in questi luoghi, ma anche per via degli archi di un acquedotto, che avrebbe attraversato la zona da Guarcino alla villa imperiale, di cui non vi è nessuna traccia; l’ipotesi più accreditata invece è quella che esso derivi da “Arx”, che significa fortezza, la fortezza di Narzio.

Molti non sanno infatti, che dove attualmente è installata una fabbrica di fuochi pirotecnici, sorgeva un tempo un castello, le cui origini sarebbero romane e che forse lo classificherebbero come il più antico castello del Lazio, scippando il primato al Castello di Trevi nel Lazio.

La zona denominata Colle Alto, ospita infatti dei ruderi archeologici, ormai di poca importanza sotto l’aspetto turistico, essendo rimasti i perimetri di alcuni muri e parte del basamento di una torre, ma importantissimi per l’aspetto storico e strategico della zona, che oltre la presenza della villa estiva di Traiano, domina la valle dell’Aniene.

Una prima menzione di Colle Alto viene fatta nel 929, in un contratto di vendita dei coniugi Urso e Rosa, che cedono a tal Gemmosa, il casale Fonziano, posto nel territorio di Affile, confinante a “tertio latere Collealtu”, ma la prima vera menzione sul castello compare nella bolla emessa da Papa Urbano II nel 1088, che confermava la soppressione della diocesi trebana, come già comunicato da Niccolò II tra il 1059 e il 1061, unendo quindi i paesi di Trevi nel Lazio, Filettino, Jenne, Vallepietra e Colle Alto ad Anagni.

Questo lascia intendere che vi fosse un vero e proprio borgo, sorto intorno al castello, probabilmente abitato dalla servitù della villa di Traiano e successivamente dai loro discendenti; la distruzione di questo borgo e del castello, avvenne successivamente alle vicende che videro l’Abate di Subiaco Giovanni V in contrasto con Ildemondo da Marano, Signore di Ponza ed Affile, al quale aveva già fatto radere al suolo la fortezza sulla cima del monte Antonino (Altuino), il 23 agosto 1109, catturando le due cittadine.

Giovanni V si riappacificò il 7 settembre con Ildemondo, restituendo Ponza ed Affile in feudo, giurando fedeltà anche per Colle Alto come riportano i documenti storici, che ne garantiscono ancora l’esistenza: Colaltulum cum toto suo territorio teneo a te in fegu

Nel XII° secolo, il castello divenne motivo di discordia tra i monaci e i trebani, che iniziarono una piccola guerra proprio per il contendersi Colle Alto che dominava il lato sinistro della vallata dell’Aniene e di Jenne che dominava il lato destro; nel 1135, l’abate Pietro, successore di Giovanni, lo aveva riscattato da Gregorio e da Bertraimo, castellano di Fumone, con il versamento di trenta libbre d’argento, comprensive nell’acquisto la fortezza e metà del castello (inteso come il borgo), mentre l’altra metà era già stata acquistata da dei fratelli trebani, che cedettero la loro parte nel 1141 per dieci soldi di denari.

Ma cinque anni dopo, i trebani, approfittando che l’esercito abbaziale era stato malridotto dallo scontro con Filippo da Marano, che si era rimpadronito di Ponza e Affile, occuparono Colle Alto assieme a Jenne e Monte Porcaro.

Eugenio III, nominò abate Simone, figlio del Conte di Sangro, che armato un esercito riprese Ponza e Affile, mandò quindi degli ambasciatori a Trevi, ricordando loro il patto di amicizia firmato nel 1116, ma i trebani non volendo demordere tentarono a loro volta con una ambasce di sostenere la proprietà di Colle Alto, rimandando la vertenza alla Sede Apostolica.

Il 28 aprile 1160, i giudici incaricati da Eugenio III assegnarono due terzi del castello e i territori circostanti al monastero e un terzo ai trebani, con la clausola che sia i sublacensi che i trebani avrebbero dovuto garantire la difesa dello stesso in pari forze, giurandosi fedeltà reciproca.

Il 25 ottobre del 1161, vi fu invece un incontro amichevole tra Simone abate di Subiaco e Giovanni borgomastro di Trevi, in cui venne concordato il pagamento dai sublacensi di 30 libbre di denari pavesi, derivanti dai redditi della proprietà e questo mise fine ad ogni altro contrasto.

Successivamente parte dei territori venne venduta dai trebani alla chiesa di Anagni, rimbalzando poi da un proprietario all’altro fino al 1300, dove si perdono poi le notizie ed i motivi, per cui esso sia andato distrutto, forse abbandonato per la sua scomodità, col sopraggiungere dell’Era dei Comuni, o forse distrutto durante le vicissitudini del Basso Medioevo tra i Colonna e i Caetani.

Quel che oggi è certo, che questo importante sito archeologico giace abbandonato a se stesso, in balia della vegetazione, quando vi potrebbero essere compiuti scavi che possano portare al ritrovamento di beni dall’epoca romana a quella altomedievale, o addirittura ripristinare parte della fortezza, scavando la terra che si è accumulata sopra le mura nei secoli.

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