Fare teatro per Cristian Izzo

Quell’idea rivoluzionaria di interpretare il teatro

Conoscere Cristian Izzo attraverso i racconti teatrali, le interviste, i DVD, avvalermi del suo sapere nel corso della mia ricerca sulla napoletanità mi ha incendiato la testa e il cuore, quelle parole e quella lingua nascondevano un vulcano di idee, di progetti. Un giovane ancora sotto i trenta anni, ricco di un sapere appassionato, attore dalla tradizione all’innovazione, drammaturgo, regista, studioso, tutto questo è Cristian Izzo, un’ avanguardia con radici profonde che partendo da Eduardo, Viviani e Petito si sono diramate con Beckett, con Ruccello, con Wilde e con Moliere nutrite da esperienze di docente e formatore, scrittore, poeta, aiuto regista, pratica di vita e attività culturale.

Nato a Castellammare di Stabia come Annibale Ruccello e Raffaele Viviani, studia teatro dall’ età di dieci anni, debutta come attore e autore a 18 anni iniziando un percorso artistico e culturale corredato da vari riconoscimenti personali, dai premi e vittorie alle numerose opere teatrali.

“Sala Operatoria” dove la malasanità è solo il pretesto per raccontare la vita dell’italiano di questi anni, del lasciarsi vivere, del guardare al proprio piatto. Al poema in versi “Scarrafunera”, dove, senza ricorrere al favoloso Gregor Samsa di Kafka, l’universo di una tana di scarafaggi, nella spasmodica e vibrante vita quotidiana, diviene oggetto di riflessione sulla somiglianza naturale tra l’uomo e lo scarafaggio, nel non percepirsi come membro di una collettività ma come principio e fine di un Universo a se stante. “Ultimo primo giorno di re Ferdinando e la fragilità della luna di cartapesta”, uno spettacolo che si ispira a “Le memorie di un pazzo” di Nikolaj Vasil’evič Gogol’ prima esperienza in un festival internazionale di Vratsa in Bulgaria, che porta Cristian Izzo a girare l’Europa con i suoi lavori presso le Accademie, presso i festival o i Centri culturali, cambiando completamente il suo modo di intendere il teatro come pratica di vita e come attività culturale.

“Pornocinella” prodotta dall’Accademia Internazionale di Musica ed Aeti Performative Janaček, riconoscendo nell’opera di Cristian Izzo una delle proposte performative più interessanti d’Europa, una performance internazionale, eseguita contemporaneamente in 4 lingue diverse (ceco, inglese,italiano , napoletano).

Un’impossibile idea di teatro? Certo che no. E’ il teatro interpretato da Cristian Izzo, che parla d’ Italia nel mondo, che parla napoletano nel mondo. Ha scritto il testo di Pornocinella partecipando ad una selezione con in gara 66 testi provenienti da vari paesi. La motivazione che l’ha portato ad essere scelto ancora una volta è stata “per l’idea rivoluzionaria di interpretare il teatro”.

L’obiettivo dell’autore è quello di sovrapporre voci, musiche, luci e il risultato è un mantra, una cantilena dove lo spazio e il suono divorano la comunicazione. Proprio lì vuole arrivare Cristian: rifiutare la comunicazione che è l’arma di distruzione del teatro di massa. Il tentativo di fusione rende l’unicità del singolo. La musicalità che non ha bisogno di immagini, di suoni, di gesti. E il titolo Porno richiama la pornografia dell’immagine che deforma l’individuo fino a renderlo prodotto. Porno, il concetto oltre l’Eros. Sacrificato l’erotismo rimane la pornografia, l’inutilità del talento. Il tentativo di unificare il tutto, deforma il tutto stesso: il suono, la parola, l’immagine.

Perché un figlio di Napoli è stato ascoltato lontano da Napoli? Un giovane autore che crede nel teatro popolare in senso elevato in quanto appartiene al popolo, il teatro come estasi contemplativa, nè classico, nè sperimentale, un autore di teatro che non vuole cambiare i codici esistenti, vuole utilizzare il suo? Un autore che ha deciso di segnare una strada in una sfida che forse è più grande di lui? Il 2020 è il sesto anno di lavoro internazionale per Cristian Izzo lontano da Napoli.

Perché rimanere a Napoli significa essere condannati a fare il napoletano, imprigionato in uno schema, in quei luoghi comuni altrove voluti, in una napoletanità che si vende nei programmi, interpretata e divulgata da sguardi stranieri, “i napoletani sono così” dice Turturro nel suo film. Una condanna, afferma Gigi Fiore nel suo ultimo libro, “Napoletanità”. Scelta comune a molti figli di Napoli, trascinata verso il basso da comportamenti degeneri e dal plebeismo.

L’identità di Napoli è identità di spirito che Cristian Izzo porta dentro di sé in Europa insieme alle sue opere: Hamlet, Pornocinella, Giordano Bruno, “The heroical Fury of the Man who burns”…

Al giovane autore auguriamo di seguire la sua strada lontano da Napoli per non essere trascinato verso il basso, perché a Napoli si “dismette” tutto, l’Italsider di Bagnoli, il Banco di Napoli, Il Mattino, la Whirpool, con lo sguardo a Pietrarsa di Portici, al primo episodio emblematico su quella che si chiama “la fabbrica negata al Sud” e con la fine della cultura operaia si “dismette” anche la memoria del proprio passato e delle proprie identità politico-sociali, si uccide anche la napoletanità.

 

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