“Domani Piglio caput!”

La Ciociaria è stata una delle regioni italiane maggiormente martoriate dalle mosse di liberazione dall’occupazione nazista. L’intera area venne coinvolta nell’organizzazione di bande antifasciste che contribuirono ampiamente alla Resistenza, pagata spesso con il sacrificio della propria vita. Anche il piccolo borgo medievale di Piglio conta i propri martiri di guerra e riporta cicatrici tuttora visibili. Simbolo indiscusso di questa pagina buia della Storia è il residuo bellico incastrato nel muretto del Convento di San Lorenzo nella parte nord del paese. Se l’ordigno fosse stato sganciato dai Tedeschi o dagli Alleati non è ancora chiaro. Prima di inoltrarci nell’analisi delle ipotesi formulate, è necessario ripercorrere le pietre miliari del conflitto mondiale, intrecciandola alle vicissitudini pigliesi a partire dall’invasione nazista.

Seconda Guerra Mondiale in sintesi

Dopo aver aggredito la Cecoslovacchia (1939), la Polonia, la Danimarca, la Norvegia e la Francia centro-settentrionale, Hitler minacciò la Gran Bretagna e l’Unione Sovietica. Le popolazioni sottomesse vennero ridotte in condizioni di semischiavitù; gli Ebrei perseguitati e sterminati nei campi di concentramento nel nome di un “nuovo ordine” mondiale, fondato sulla supremazia della razza ariana. Tuttavia, con la Battaglia d’Inghilterra (1940) e la sanguinosa battaglia di Stalingrado (1941), il piano hitleriano di una guerra-lampo fallì. A segnare un’ulteriore battuta d’arresto tedesca contribuirono gli insuccessi italiani in Grecia e nel Nord Africa, nonchè il decisivo intervento degli Stati Uniti nello sforzo bellico, dopo l’attacco subito a Pearl Harbor da parte del Giappone, alleato dell’Asse italo-tedesco. L’andamento della guerra, dunque, subì una svolta decisiva tra il 1942 e il 1943 quando le forze alleate si accordarono sulla resa da imporre alle potenze fasciste. L’armistizio venne imposto all’Italia l’8 settembre 1943. I Tedeschi risposero invadendo la penisola italiana, approfittando dell’arresto di Mussolini e la fuga a Brindisi del re e di Badoglio. Gli Alleati passarono all’attacco con lo sbarco in Sicilia, nel Golfo di Napoli e ad Anzio, completando l’azione di liberazione italiana il 25 aprile 1945 anche grazie al supporto dei partigiani. Nel 1944 gli Americani sbarcarono in Normandia avviando anche qui la liberazione della Francia; nel frattempo, i sovietici avanzavano sul fronte orientale, facendo arretrare ulteriormente i Nazisti. Sotto la pressione anglo-americana a ovest e sovietica ad est, Hitler si suicidò mentre i russi entravano a Berlino. Nel 1945 la Germania capitolò. Il conflitto proseguiva con feroce accanimento solo nel Pacifico, tra gli Stati Uniti e il Giappone. Ma nell’agosto 1945 il Presidente americano Truman optò per l’impiego della bomba atomica come unica via di uscita dalla guerra. Due bombe atomiche vennero sganciate su Hiroshima e Nagasaki con conseguenze devastanti. L’impero nipponico si convinse ad offrire la resa incondizionata agli Alleati. Il 2 settembre 1945 venne firmato l’armistizio con cui il secondo conflitto mondiale ebbe fine.

Residuo bellico. Foto di G. Pirosini

Piglio dopo l’occupazione nazista

I Nazisti giunsero a Piglio verso la fine del 1943. La Compagnia tedesca allestì il Comando presso Piazza Guglielmo Marconi; l’infermeria in Via Maggiore e le cucine da campo presso i “due ponti”, ovvero l’attuale area antistante la scuola materna, sita in Via Piagge. I volontari contrari alla repressione straniera si mobiltarono fin da subito. I primi atti di sabotaggio per mano antifascista risalgono già al gennaio 1944. Tuttavia, secondo le testimonianze di alcuni sopravvissuti, la convivenza tra la popolazione locale e i Tedeschi fu tutto sommato pacifica. Naturalmente la fame e il terrore la facevano da padrone. Spesso i soldati rubavano le scarse scorte di cibo ai pigliesi. Gli alimenti già difficili da reperire, quali uova, farina, zucchero, vino e olio, erano oggetto di sottrazione da parte degli invasori. Difficoltoso e scoraggiante era anche accedere ai medicinali. Malgrado ciò, dai racconti di chi ha visto e vissuto la guerra con gli occhi di un bambino emerge un aspetto singolare, che vede protagonisti le attività dei tedeschi alle prese con la curiosità dei bambini del luogo. Alcuni anziani narrano di aver assistito alle marce e alle esercitazioni effettuate giornalmente dal reparto locale; di aver fatto dispetto ai militari (ad esempio, lanciando dei sassi contro di essi) senza scatenare la furia degli stranieri. Una donna (di anni 8 nel 1944) ricorda di aver ricevuto in svariate occasioni pane e cioccolata da un soldato tedesco perchè la bambina assomigliava a una delle figlie del militare. La convivenza, dunque, procedeva in un clima tutto sommato tranquillo e pacifico fino alla vigilia di San Giuseppe 1944, quando tutto cambiò.

“Domani Piglio caput!”

Il 18 marzo 1944 si sparse la voce che un contadino pigliese aveva aggredito tre soldati tedeschi del presidio di Acuto. Nell’aggressione un maresciallo della Wehrmacht era rimasto ucciso in località Pantano. Non è chiaro cosa scatenò la reazione del giovane, visto che il militare voleva soltanto acquistare delle uova per celebrare l’onomastico il giorno successivo. La risposta tedesca fu violenta e inevitabile. Case e capanne vennero incendiate; venne istituito il coprifuoco e si procedette con i rastrellamenti. I cittadini di Piglio e di Acuto arrestati, vennero portati nell’edificio scolastico in cui subirono torture e sevizie. Alcuni di essi vennero deportati in aprile in Germania, con tappa al campo di Fossoli, nei pressi di Carpi (Modena). Vennero selezionati dieci ostaggi da essere fucilati. I dieci uomini vennero trasportati sul luogo dell’esecuzione (le Mole di Paliano), ma pochi istanti prima che il plotone procedesse con la fucilazione, fissata per le ore 16, giunse inaspettatamente la grazia da parte del maresciallo Kesserling. Furono il Monsignor Attilio Adinolfi, vescovo di Anagni, il padre gesuita Hiemer, docente presso il Pontificio Collegio Leoniano di Anagni e Don Filippo Passa ad intercedere presso gli alti comandi tedeschi di Roma per salvare la vita ai dieci giovani innocenti. Si giunse ad un compromesso: sarebbero stati uccisi la metà degli ostaggi, tutti familiari dell’uccisore pigliese: Pietro, Romolo, Alfredo, Alessandro Dell’Omo e Antonio Colavecchi. I cinque ostaggi rimessi in libertà furono costretti a scavare le fosse ai cinque meno fortunati; tra questi ultimi, due avevano appena sedici anni. All’eccidio del 6 aprile 1944 seguì la rappresaglia per punire l’intera popolazione. I Tedeschi optarono per il bombardamento. La sera precedente, le donne più anziane piangevano perché un soldato aveva riferito loro l’intenzione di radere al suolo il paese: “domani Piglio caput!” esclamò il militare. La mattina della vigilia di Pasqua, 8 aprile 1944,  alle ore 10, un’incursione aerea per mano tedesca oscurò il cielo del borgo, interrompendo i sacri riti, nonchè violando il principio alla base della ricorrenza pasquale: la pace. Nella deflagrazione persero la vita molte persone nella Chiesa di Santa Maria Assunta; considerevole fu anche il numero dei feriti. Angela Atturo, Maria De Santis, Adele Felli, Clorinda Felli, Alessandro Graziani, Colomba Loreti, Nazzarenza Mapponi, Luigi Martucci, Matilde Neccia e Lina Tufi sono i martiri innocenti del bombardamento. Il terrore di ulteriori rappresaglie agitò la popolazione pigliese, spingendola a rifugiarsi nei più sicuri paesi limitrofi (soprattutto Vallepietra) o a trovare riparo presso le cantine o nelle grotte. Negli stessi mesi, gli Alleati erano riusciti ad aprirsi un varco verso Roma, proprio attraverso la terra ciociara. La pressione degli Anglo-americani spinse i Tedeschi a rifugiarsi a loro volta presso chiese e conventi del posto. Gli Alleati risposero a loro volta con il bombardamento dei monumenti di preghiera. Il 12 maggio 1944 Piglio fu di nuovo sottoposta ad un attacco aereo a tappeto di matrice statunitense, concentrata soprattutto nell’area settentrionale del paese e sul Convento di San Giovanni. Quest’ultimo venne totalmente distrutto. San Lorenzo, che fino a quel momento aveva giocato un ruolo considerevole per l’andamento della guerra, subì ferite devastanti.

L’incantevole Convento di San Lorenzo. Foto di Martina Pirosini

L’importanza del Convento di San Lorenzo durante la guerra

Nel corso degli anni Trenta il Convento di San Lorenzo era stato sottoposto ad un’ampia opera di ristrutturazione sotto la direzione dell’ingegner Mario Berucci e del mastro Felicetto Tufi. I lavori di restauro e di messa in sicurezza furono vani vista la distruzione del’44. Nella deflagrazione perse la vita Antonio Stamati, un frate non vedente, ricoverato a Fiuggi per le gravi ferite riportate dal crollo della Chiesa. Un attivo e diretto testimone delle vicende legate al notevole monastero, fu Padre Quirico Pignalberi, il quale lasciò nei suoi scritti importanti informazioni sul ruolo svolto dal luogo di preghiera nel corso del conflitto. Le difficoltà legate al bisogno di denaro e cibo erano costanti. Tuttavia, il convento offrì rifugio a partigiani e ufficiali del governo sotto le mentite spoglie di frati. Nella cronaca del frate Pignalberi sono riportati i nominativi degli ufficiali addetti alla persona del Principe Amedeo di Savoia, il quale aveva stabilito la residenza militare in Anagni. Di seguito, alcuni scritti tratti dalla testimonianza di Padre Quirico Pignalberi (tratti dall’opera di Ernesto Piacentini “Pasqua non fu più Pasqua“):

La Cronaca di Padre Quirico Pignalberi

Visita al Convento del Principe ereditario Umberto di Savoia (28 agosto 1943)

4. – Ed era il pomeriggio del 28 agosto 1943 mentre si stavano collocando le campane nel loro posto si viene chiamati per un insolito avvenimento: l’improvvisa ed inaspettata visita del Principe ereditario Umberto di Savoia venuto apposta da Anagni, dove era di presidio, a vedere questa specie di imponente castello e ne restò veramente ammirato. Tra i complimenti, classico è quello del muratore Tufi che gli disse: “stiamo sistemando belle campane per poterle suonare quanto prima a festa a celebrazione della vittoria!… (Vinceremo!)…”

Dopo l’armistizio richiesta al Convento di alloggiare segretamente alcuni ufficiali addetti alla persona del Principe

5. – “A celebrazione della massima delle sconfitte” avrà pensato tra sé il Principe che certamente sapeva che doveva avvenire tra giorni, ossia l’armistizio con tutte le sue conseguenze. Avvenuto infatti l’armistizio l’8 settembre la scena si avvia spaventosamente verso il tragico… Difatti pochi giorni dopo (il 12 settembre), siamo richiesti di alloggiare segretamente alcuni Ufficiali addetti alla persona del Principe i quali cercavano di fuggire dai tedeschi che li volevano arruolare o portare nei campi di concentramento. Si incominciò col Maggiore Soave Alberto, con l’attendente Egidio Scipioni ed aiutante maggiore Ten. Grasselli Carmelo, a cui si aggiunse subito il suo collega Ten. Garelli, ambedue professori ed Archivisti di Stato. Pian piano il numero è venuto sempre aumentando d’ogni genere di grado e condizione: un soldato certo Michele… un Sottotenente (Gala), un Maresciallo… un Capitano (Martino), Ten. Colon. Emer, Colon. di Aviaz. Balestracci, il figlio del Principe Ruffo, col suo attendente,  e varie volte il Principe stesso ci ha dato compagnia”.

Travestiti da religiosi

6. – Per lo più passavano come religiosi sfollati da altri conventi e perciò si era cercato di vestirli da religiosi chiedendo in prestito le tonache da Roma: S. Giacomo e S. Apostoli. […] Essendo però la cosa piuttosto allarmante specie per la requisizione del locale da parte dei tedeschi, pensarono pian piano a sfollare e prendere altra destinazione chi col tentare di passare il fronte e chi per nascondersi nelle campagne. Così su la fine di Ottobre, la sera del 27 si restò soli.

La Cronaca procede con l’annotazione relativa al destino dei tre Ufficiali ospitati a San Lorenzo. Dopo essersi rifugiati in campagna, vennero sorpresi una notte dai Tedeschi. Alcuni riuscirono a fuggire con documenti falsi; altri (Soave, Balestracci e Martino) deportati in Germania. Nei mesi successivi, giunsero presso il Convento pigliese i veri religiosi, fuggiti dai rispettivi monasteri di origine (soprattutto dalla campagna romana) per l’incalzare della guerra. In seguito, anche il reparto della Wehrwacht stanziata a Piglio giunse a svolgere dei sopralluoghi al Convento finchè la struttura non venne sequestrata:

Continue visite di controllo dei tedeschi in convento e la difficile situazione del paese

13. – Intento avvennero varie visite dei tedeschi per prendere alloggio al Convento e facendo noi le cose sempre difficili, se ne andavano. Un fatto peggiorò le condizioni del paese.

Segue la narrazione dell’uccisione del maresciallo tedesco da parte di un contadino pigliese:

L’uccisione di un tedesco… e rappresaglia

14. – Un miserabile contadino pigliese uccise senza perché un bravissimo maresciallo tedesco che se ne andava per la campagna per i fatti suoi; ed ecco a delle vessazioni, rappresaglie punitrici ecc… La sera stessa bruciarlo tutte le capanne della campagna, molti arresti com trattamenti da tedeschi irritati, un rigoroso coprifuoco, ecc ecc. Se ne dovevano fucilate dieci in pena del delitto e proprio all’ultima ora per miracolo con interessamento del vescovo e di altre personalità e particolarmente del S. Padre si sospese la sentenza. I Tedeschi stessi restarono meravigliati. Prima volta sentenza tedesca cambiata o sospesa, mai prima…! Modificata la sentenza ne fucilarono poi cinque soltanto dei più accostati al reo latitante. Merita menzione l’espressione del padre prima di cadere: “dite a mio figlio che egli non ha ucciso il tedesco ma ha ucciso il padre insieme agli altri e tutto il resto”. Vi furono pure molti deportati per la stessa ragione”.

Invasione e sequestro del Convento da parte dei tedeschi

15. – In seguito avvenne l’invasione del Convento, il giorno 3 aprile mentre quello di San Giovanni da tempo era stato occupato perché si prestava il luogo… La mattina dunque del 3 venne una scorta non a vedere ma a preparare per la truppa (un centinaio tra ufficiali e soldati) che sarebbe arrivata la notte… Non si potè far niente altro che restringersi nella parte superiore, mentre essi occuparono tutto il primo piano e tutto il noviziato vecchio. Il refettorio e la cucina restò a nostra disposizione e loro se ne servivano solo in qualche occasione. […] Era la squadra SS tedesca […]”

Bombardamenti al Piglio… varie vittime, disastri, sfollati, ruberie

16. – Il giorno 8 aprile, sabato Santo sulla fine della funzione avvenne il bombardamento del Piglio e ci furono varie vittime nella stessa chiesa di S. Maria. E così Pasqua non fu più Pasqua, si sfollò quasi completamente; i pochi restati quasi continuamente nei ricoveri, ed ivi per lo più nelle feste si celebrava la S. Messa, avendo il Vescovo concesso di poterla dire in qualunque posto, camera, o rifugio convenientemente preparato. Nel medesimo giorno 8 aprile ci presero la somara con la bardella di cuoio.

Dal convento i Tedeschi andarono per il rastrellamento a Vallepietra, Trevi e Filettino

17. – Per la fine di aprile e i primi di maggio dal nostro convento andarono a fare il famoso rastrellamento a Vallepietra, Trevi e Filettino…

12 maggio 1944 bombardamento del Convento e Chiesa di San Giovanni e parte nord di Piglio 

18. – ed in seguito il giorno 12 maggio appena partiti per altra zona avvenne il bombardamento del Convento con quello di San Giovanni e la parte nord di Piglio.

Grotta del Beato Andrea Conti (1240-1302) presso il Convento di San Lorenzo in Piglio. L’eremita visse per quaranta anni in questa grotta da cui indossa il Primo Giubileo del 1300. Foto di Martina Pirosini

La distruzione del Convento e della Chiesa di San Lorenzo

Il bombardamento americano provocò diverse lesioni alla struttura del Convento. La parte anteriore della Chiesa venne distrutta perchè colpita da due grosse bombe, sganciate sull’area circostante il monastero, fino all’altezza della grotta del Beato Andrea Conti. Nell’attacco, infatti, il corpo del Beato risultò disperso tra le macerie. Padre Pignalberi registra nelle sue testimonianze due ondate di apparecchi da cui vengono sganciate 18 bombe di grosso calibro; 12 tra convento e adiacenze e 6 nella parte attigua. Nel novembre 1944 il corpo del Beato Andrea Conti venne estratto dalle macerie e ricomposto in una nuova urna di zinco, oggi posta all’interno della Chiesa. A partire dal 1945 vennero avviati i lavori di ricostruzione del monastero. La Chiesa verrà riaperta ai fedeli e inaugurata nel 1954.

Cicatrice di guerra

Ancora oggi, passeggiando lungo il parco del Convento di San Lorenzo, i visitatori si soffermano a lungo a contemplare il residuo bellico, incastrato nelle mura del monastero. Che si tratti di un ordigno tedesco o alleato oramai non conta più. Il prezioso relitto è una profonda cicatrice e ed lì, immobile, statica, da ben più di settanta anni, a tramandare silenziosa ai posteri le irrazionali atrocità umane, affinchè non si ripetano più!

Bibliografia:

– Ernesto Piacentini, Pasqua non fu più Pasqua, I bombardamenti del Piglio raccontati dal servo di Dio P. Quirico Pignalberi; Collectio Pilensis; 55 pp, 1996;                                                                     – Massimo Felli, Piglio, 287 pp;                                                                                                                      – Giorgio Pacetti, Una pagina di storia da non dimenticare. Come la popolazione di Piglio visse la Seconda Guerra Mondiale (18 marzo – 12 maggio 1944); Assessorato alla Cultura del Comune di Piglio, anno 2011.

 

 

 

 

 

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