Estinguersi in un baleno

Balena. Tutti sappiamo chi sia questo meraviglioso essere, anche se dal vivo, pochi fortunati hanno potuto ammirarlo; la sua voce è armoniosa, il suo verso è stato addirittura riprodotto per accompagnare sinfonie marine, ma presto forse non potremo ascoltarlo più, potremo udire solo l’ultimo grido morente di una specie sempre più minacciata, dalla cupidigia e dalla brutalità umana.

La balena, che è un mammifero, è una “respiratrice cosciente”, ovvero per proteggersi, riesce a decidere quando ha bisogno di respirare, emergendo dalle acque, per rifornirsi di ossigeno; durante la fase del sonno che dura circa 8 ore, lasciano riposare un solo emisfero alla volta, in tal modo vivono in una sorta di dormiveglia, che permette loro di tenere sotto controllo la respirazione anche durante l’inattività.

Secondo gli studi, circa 50 milioni di anni fa, le balene vivevano sulla terraferma, adattandosi per esigenza alla vita acquatica (e mutando il corpo in funzione di questo), mentre ricerche più recenti, affermano che gli antenati delle attuali balene venissero a partorire sulla terraferma.

La balena femmina solitamente partorisce fino a 11 piccoli, lunghi da 5 a 7 metri, placentati, la cui maturità sessuale giunge tra i sette e i dieci anni di vita; al momento del parto fuoriesce prima la coda, per evitare l’affogamento e vengono nutriti dalla madre che spruzza loro il latte grasso direttamente in bocca.

La specie più grande è la Balena Azzurra, che può pesare 160 tonnellate e raggiungere i 33 metri di lunghezza, più o meno ha la stessa massa di 30 elefanti africani adulti; eppure questo grande cetaceo è estremamente vulnerabile e a rischio estinzione.

I pericoli per le balene, come abbiamo già accennato, non consistono solo nell’inquinamento e nella caccia, ma anche nell’uso di tecnologie che ne causano lo spiaggiamento; tra queste ci sono i test sismici utilizzati dalle compagnie petrolifere, i campi magnetici ed i sonar, quest’ultimo, ha destato particolare preoccupazione, al punto che gli Stati Uniti, hanno disposto per la propria Marina, l’ordine di utilizzare i sonar a bassa frequenza in tempo di pace.

Per quanto concerne la caccia, c’è  una macabra tradizione, alle Isole Fær Øer, nonostante siano state raccolte milioni di firme in tutto il mondo per abolirla e questa nazione conti appena  50.000 abitanti, stiamo parlando della Grindadràp (in lingua faroese: il macello della balena) .

Le Isole Fær Øer sono 18 e formano un arcipelago sotto la giurisdizione del governo danese, che tuttavia non riesce ad esercitare sufficienti pressioni per interrompere questa tradizionale caccia millenaria, per la quale queste sparute isole sono salite alla ribalta delle cronache mondiali.

La caccia non avviene per scopi commerciali, tutti gli abitanti, compresi i bambini vi partecipano, uscendo con piccole barche in mare, che un tempo venivano disposte in circolo, ora vengono sparpagliate per tutta la costa; circa 1000 capi vengono abbattuti ogni anno.

In passato , oltre che per l’alimentazione, le balene venivano uccise per ricavarne pellame e olio da combustione, grasso per proteggersi dal freddo e altri utilizzi, oggi viene considerata una mattanza insensata, che nonostante tutto è regolamentata secondo le leggi locali; il più antico documento faroese sulla limitazione delle uccisioni risale al 1298.

Le fasi della caccia prevedono l’avvistamento di un branco, quindi l’accerchiamento con le barche, spingendo i mammiferi verso la costa dove saranno massacrati; in antichità gli avvistamenti venivano comunicati attraverso dei grandi fuochi accesi che richiamavano gli abitanti da tutti i villaggi, che interrompendo ogni altra attività, si precipitavano alle spiagge o alle imbarcazioni, oggi invece viene attivato un tam tam attraverso radio e telefoni cellulari.

Sono 17 le località scelte per l’uccisione delle balene, che presentano le condizioni morfologiche ideali, quali una baia o un fiordo, con un fondale leggermente in pendenza, che consenta il trascinamento a riva delle balene con facilità; vi è dietro una solida organizzazione, che permette una volta catturati i capi di trasportarli in tempi brevi in uno dei diversi distretti industriali dove avviene la lavorazione.

Durante la caccia, le barche disposte a semicerchio spingono il branco verso la riva, scagliando pietre in acqua o producendo rumore, alcune vengono arpionate con grossi ami e funi e trascinate, una volta piaggiate, i pescatori tagliano il dorso delle prede usando un particolare coltello chiamato grindaknìvur, che uccide la balena tra i 30 e i 60 secondi, anche se purtroppo spesso ci vuole più tempo, prima che essa muoia soffrendo più a lungo.

Dopo l’uccisione, vengono recise le arterie per dissanguare la preda, questo causa la colorazione del mare di rosso ed inasprisce le polemiche degli ambientalisti, che tuttavia non riescono a fermare questa pratica, fomentata dal fatto che le fredde Isole Fær Øer, sono inadatte all’agricoltura e che i loro abitanti siano abituati a una dieta prevalentemente di carne animale e pesce.

E neanche un documento redatto proprio dalla “Faorese Food and Veterinary Authority”, che sconsiglia di nutrirsi di questa carne a causa dell’elevata presenza di mercurio, ha scoraggiato gli abitanti delle isole, che ritengono questa caccia sia uno status culturale irrinunciabile.

Le Isole Fær Øer, sono oggetto di forti proteste in tutto il mondo e da parte delle associazioni ambientaliste; tra queste Greenpeace, che dal 1975 si batte per la salvezza delle balene, affrontando le baleniere e la burocrazia, che ha portato molte volte gli ambientalisti a processo con l’accusa di atti di pirateria.

Greenpeace, ha inoltre lottato per la creazione di “Santuari Marini”, ovvero delle riserve naturali, ove sia vietato assolutamente pescare, fare estrazione mineraria o attività navale, in modo da consentire alle specie di riprodursi in tutta tranquillità; il Santuario dei Cetacei, che doveva essere creato nel Mediterraneo, grazie a un accordo trilaterale tra Italia, Francia e Principato di Monaco è rimasto solo sulla carta, rimanendo una semplice riserva marina, senza ottenere lo status di tutela specifica, che lo avrebbe eletto a santuario.

Le balene sono ormai in corso di estinzione, basti pensare alla balena franca nordatlantica, di cui restano solo 450 esemplari e di cui, nel 2017, sono morti 17 esemplari a seguito di collisioni con navi, arenamento, reti da pesca dove sono rimaste impigliate affogando e inquinamento.

Una strage dimenticata dai media, dalla gente che non ha coscienza di ciò che sta accadendo e che con superficialità, si disinteressa della cosa, senza tenere conto che anche le balene sono molto importanti per l’habitat globale e fanno parte della catena che porterebbe all’estinzione anche la razza umana, qual’ora dovessero scomparire.

Perciò è importante non rimanere insensibili all’uccisione delle balene, impegnandoci nel nostro piccolo come possiamo, aderendo alle petizioni, stando attenti con lo smaltimento dei rifiuti, in particolare la plastica e ricordandoci, che su questo pianeta, ogni forma di vita ha un suo ruolo, dalla più piccola alla più grande, dall’invisibile batterio alla colossale balena.

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