Crisi Idrica – Dalla fonte di Giuturna ai trentotto gradi centigradi in Siberia

Giugno 2020
FONTE DI GIUTURNA
A Roma, nel Foro, percorrendo l’antica via Sacra dall’Arco di Tito andando verso il Campidoglio,
circa a metà strada, guardando verso Sud Ovest, tra il Tempio di Vesta ed il Tempio dei Castori,
troviamo la Fonte di Giuturna. Si tratta di un’antichissima sorgente monumentalizzata. * Prima che
i romani iniziassero a costruire i magnifici acquedotti di cui ancora oggi abbiamo testimonianza, si
servivano delle acque del Tevere e di quella delle rare sorgenti, fra queste la più importante per
l’abitato arcaico era quella che scaturiva ai piedi del Palatino. La fonte venne monumentalizzata in
quanto ritenuta la manifestazione naturale della ninfa Giuturna, sorella del re Turno.
[ * Fonte: Roma – di Filippo Coarelli ]

Dunque, come per moltissime altre civiltà antiche, anche per i romani l’acqua era considerata sacra,
almeno nella fase più arcaica di questa civiltà, tanto che fecero del suo approvvigionamento una
priorità edificando quelle mirabili opere ingegneristiche, gli acquedotti, alcuni dei quali oggi ancora
perfettamente funzionanti.

Tuttavia mentre gli scienziati si preoccupano per il riscaldamento globale, la maggior parte delle
persone non sembra granché interessata al tema, forse perché non comprendono che ad essere
minacciata è proprio questa preziosissima risorsa. L’inquinamento non ha soltanto inquinato l’aria
che respiriamo ma anche l’acqua che beviamo, molte falde acquifere sono oggi irrimediabilmente
compromesse ed il riscaldamento globale che minaccia seriamente i ghiacciai continentali rischia di
far estinguere moltissime sorgenti d’alta quota.

I romani, nonostante potessero usufruire di un’enorme quantità d’acqua di altissima qualità, captata
nel cuore delle montagne proprio grazie agli acquedotti, erano soliti anche recuperare l’acqua
piovana in enormi cisterne. Certamente al tempo degli antichi romani con una popolazione globale
ed un tasso d’inquinamento infinitamente inferiori all’attuale, non dovevano esserci problemi legati
alla penuria d’acqua, ma nonostante ciò si preoccuparono moltissimo per questa risorsa, la
ritenevano vitale a tal punto da considerarla sacra. Nell’immaginario collettivo di questa splendida
cultura le sorgenti erano sacre e divenivano ninfe come Egeria, Carmenta, Antevorta, Postvorta, le
dee Camene. A questo punto la domanda è inevitabile, perché oggi, nel pieno di questi cambiamenti
climatici legati al riscaldamento globale che minaccia i ghiacciai, con una popolazione mondiale
che sfiora gli otto miliardi di abitanti, non ci sentiamo toccati da questo problema?

Quando apriamo il rubinetto del lavello della nostra cucina ci domandiamo da dove venga l’acqua
che ne fuoriesce? Quanti chilometri avrà percorso? La risposta è no, non ce lo domandiamo, non lo
riteniamo importante perché continuiamo a credere che qualunque cosa accada quell’acqua
continuerà ad uscire anche domani, ed il giorno dopo ancora, ed ancora, ed ancora, per sempre. Ma
non è così purtroppo.

L’otto agosto del 2016, durante la salita alla Vetta Orientale del Corno Grande, sul massiccio del
Gran Sasso d’Italia, seguendo la via ferrata Ricci, ebbi modo di osservare la precarietà di questi
ghiacciai. Il Ghiacciaio del Calderone, incastonato in una conca esposta direttamente a Nord appena
sotto la Vetta Occidentale del Corno Grande, è considerato l’unico ghiacciaio appenninico ed il più
meridionale d’Europa. È un termometro naturale un indicatore che segnala molto bene il rischio che stiamo correndo.

Nell’agosto del 2016 il ghiacciaio era quasi completamente estinto, ad oggi [ 30
Giugno 2020 ] questo probabilmente non esiste più. Alpinisti e geologi sono concordi
nell’affermare che il ghiacciaio sia scomparso già vent’anni fa e che oggi non si possa parlare
d’altro se non di glacionevato, un piccolo accumulo di neve ghiacciata in uno stato molto precario e
non più in grado di modellare il territorio. Il 16 Agosto del 2017 il giornalista Alberto Custodero in
un articolo su La Repubblica ne testimoniava la completa scomparsa con tanto di fotografia. La
stessa cosa era evidenziata, senza mezzi termini dai gestori del Rifugio Carlo Franchetti in un post
sulla loro pagina facebook.

https://www.repubblica.it/ambiente/2017/08/16/news/siccita_sparito_il_ghiacciaio_del_calderone- 173171731/

A causa della devastante pandemia di Coronavirus Sars-Cov-2 che causa la grave sindrome
respiratoria COVID-19, abbiamo assistito comunque ad un riscatto del pianeta, moltissime città si
sono liberate dalla soffocante cappa di smog che le opprimevano, i delfini si sono spinti fin nei
canali della laguna di Venezia le cui acque in questo periodo risultavano cristalline, altri ne sono
stati avvistati in varie parti d’Italia, ma anche i piccoli squali verdesca sono stati avvistati in
prossimità delle rive. Il pianeta ha respirato e si è ripreso molti dei suoi spazi, eppure noi
sembriamo impazienti di tornare a produrre a ritmi anche superiori a quelli pre-covid.

 

L’economia è in crisi, abbiamo un problema in questo sistema economico basato esclusivamente sui consumi,
quando questi cessano o rallentano, crisi economiche devastanti si abbattono sulla popolazione. Per
essere prosperi, per crescere economicamente, dobbiamo consumare di più, il che significa produrre
di più, che significa inquinare di più, perché la favola della produzione green è una gran bella e
grossa bugia. Non esiste produzione senza inquinamento. Se vogliamo salvarci dunque dobbiamo
produrre meglio, produrre meno, il che significa realizzare prodotti che durino di più e passare da
un’economia basata esclusivamente sulla produzione ed il consumo di prodotti ad una basata
sull’utilizzo dei beni, sulla loro condivisione ed anche sulla produzione di idee per risolvere
problemi e sulla loro più ampia diffusione e condivisione.

Ma tutto questo è troppo difficile da immaginare per i nostri governanti che sfoggiano lauree e
master di atenei prestigiosi. L’attuale sistema economico, basato sui consumi e sul perenne
indebitamento della popolazione e di interi stati non può, e non deve, essere messo in discussione,
mai.

Purtroppo però l’uomo vive di beni essenziali che diamo per scontati, aria per respirare, cibo per
nutrirsi, acqua da bere per idratarsi. Senza acqua non possiamo coltivare la terra che ci offre le
colture di cui ci nutriamo. La desertificazione ed il disboscamento minacciano le foreste che
producono ossigeno e finiremo per morire di fame o anche soffocati ma quasi nessuno sembra
preoccuparsene.

All’inizio di questa pandemia di Coronavirus avevo scritto un post sulla mia bacheca facebook in
cui esprimevo tutta la mia preoccupazione per una grave siccità che ci avrebbe colpito in estate, ma
nessuno se ne curò. Nessun like, nessuna condivisione, neanche fra le persone a me più vicine.
Credo che ci siano un’infinità di soluzioni tecnologiche per far fronte alle emergenze idriche, dai
desalinizzatori ad energia solare per rendere potabile l’acqua del mare, alle cisterne per la raccolta
dell’acqua piovana. Ma senza una legislazione che prenda in seria considerazione tutto il superfluo
che fagocita acqua inutilmente, vietandone l’uso non credo che andremo molto lontano. Partendo
dai campi da calcio fino alle sconfinate collinette verdeggianti dei campi da golf, passando per i
magnifici giochi d’acqua di città costruite nel deserto come Las Vegas, credo che in questo preciso
momento storico siano un lusso che non possiamo più permetterci.

Purtroppo questo non è un tema a cui la maggior parte della gente presta attenzione e questo perché
abbiamo la memoria cortissima, ci siamo infatti già dimenticati dei devastanti incendi che per otto
mesi, dal Giugno 2019 al Marzo 2020, hanno devastato l’Australia.

https://it.wikipedia.org/wiki/Incendi_in_Australia_del_2019-2020

Ci siamo già dimenticati dei devastanti incendi che dal Luglio 2019 stanno devastando la Siberia, e
che sono ancora in corso così come riportato anche sulla pagina dell’Ansa.it, almeno fino al 27 Maggio 2020.

https://it.wikipedia.org/wiki/Incendi_in_Siberia_del_2019

https://www.ansa.it/canale_scienza_tecnica/notizie/terra_poli/2020/05/29/lincendio-in-siberia-visto- dai-satelliti_364b15d4-43a2-4062-a227-cf67285bcc1d.html

E così, dato che dopo il clamore ci dimentichiamo di eventi che continuano, che si ripetono e che
sono attuali, semplicemente perché non fanno più notizia, la natura ci manda un altro preoccupante
segnale per avvisarci che stiamo andando nella direzione sbagliata. In questi giorni sono stati
registrai in Siberia 38° Celsius (Centigradi), ma quello che avrebbe dovuto provocare un allarme
generalizzato con edizioni straordinarie a reti unificate e talkshow con geologi, climatologi e
scienziati vari in prima serata e fino a notte inoltrata, non ha provocato invece nulla di più di una
semplice ordinaria notizia alla quale è stato dedicato addirittura meno tempo delle notizie sportive.

Con il riscaldamento globale il mondo diventa più piccolo e ciò crea un grandissimo problema di
sovrappopolamento. Lo scioglimento dei ghiacci fa innalzare il livello degli oceani e le popolazioni
che abitano gli atolli di Maldive (Oceano Indiano), Seychelles (Oceano Indiano), Marshall (Oceano
Pacifico), ma questi sono solo alcuni esempi, saranno costrette a migrare altrove. Lo stesso capiterà
per le popolazioni delle aree continentali dove la desertificazione le costringerà ad abbandonare le
loro terre divenute aride ed inospitali. Avremo così intere aree del pianeta scomparse, inghiottite
dagli oceani ed altre talmente inospitali da non poter più essere abitate. Tutta la popolazione si
concentrerà dunque in aree sempre più ristrette ma c’è anche un altro problema, il cibo.

Gli oceani assorbono la CO2 nell’atmosfera, ma l’eccessiva produzione di questo gas serra rende gli
oceani più acidi e questo rende difficile la formazione del guscio di molti molluschi, ma ciò ha
conseguenze anche sulle barriere coralline, alcune della quali sono già estinte. Tuttavia ciò si
ripercuote su molte specie predatorie che non hanno più a disposizione gli esseri viventi di cui
cibarsi, sono anche queste vittime indirette del riscaldamento globale. L’estinzione di interi
ecosistemi marini crea un problema di sussistenza per quelle popolazioni che vivono di pesca. Dal
punto di vista continentale il fenomeno non è molto diverso. La desertificazione rende i terreni aridi
ed inutilizzabili per l’agricoltura, questo spinge molte popolazioni a migrare e a concentrarsi in aree
sempre più ristrette aumentando la densità di popolazione e la pressione dell’uomo sull’ambiente.

Superfici di terreno sempre più ridotte devono produrre una quantità di cibo sempre maggiore per
sfamare una popolazione sempre in crescita. Queste terre sfruttate oltremisura si inaridiscono e ciò
alimenta il fenomeno della desertificazione ed il ciclo si ripete con una quantità di terreno
disponibile sempre inferiore. Se non capiamo che la pressione che oggi l’uomo esercita
sull’ambiente è insostenibile saremo noi stessi la causa della nostra estinzione.

La storia ci ha già dimostrato che ai grandi cambiamenti climatici seguono devastanti
sconvolgimenti politico-sociali. Un eccessivo irrigidimento delle temperature nel III secolo d.C.
comportò la migrazione di enormi masse germaniche dal Nord-Est Europeo verso i confini

dell’Impero Romano lungo il Reno ed il Danubio. Ciò concorse alla dissoluzione dell’Impero
Romano d’Occidente ed all’instaurazione dei Regni Romano Barbarici in Europa e in Nord Africa
che portarono al Medioevo. Ma anche nel Medioevo, circa mille anni dopo, la crisi del Trecento fu
dettata dalla rottura di un equilibrio (Optimum di Popolamento), per cui l’ambiente non riuscì più a
soddisfare il fabbisogno di una popolazione sempre in crescita, a questo si aggiunsero alluvioni e
siccità che distrussero i raccolti, e dopo un lungo periodo di crescita economica e demografica in
epoca Carolingia e Post-Carolingia, in Europa si tornò a morire di fame. La peste nera trovò di
fronte a se una popolazione debilitata e malnutrita che già stava morendo da se, fu il colpo di grazia.
Quali sono le soluzioni? Dal punto di vista tecnologico ed ingegneristico la risposta più efficace può
senza dubbio essere rappresentata dai grandi impianti di desalinizzazione dell’acqua marina, ma
anche da depuratori più efficienti, da un’efficiente rete idrica che annulli le perdite e da una rete
capillare di cisterne per il recupero delle acque meteoriche (pioggia, neve, grandine). Annullare la
cementificazione e concentrarsi sull’efficientamento dell’esistente riconvertendo i vecchi edifici in
edifici attivi, che non solo risparmino energia attraverso un migliore isolamento termico, ma che la
producano attraverso pannelli solari, fotovoltaici e micro eolico, ma ove possibile che producano
anche idrogeno come combustibile domestico e per la mobilità del futuro. Piantare alberi dovrebbe
poi diventare uno sport nazionale.

Al centro di questa riconversione non vi è soltanto l’acqua o
l’energia, ma anche il suolo. È possibile produrre suolo fertile dagli sfalci d’erba e dalle potature dei
giardini privati e pubblici, dalle ceneri dei barbecue, dagli scarti alimentari, dai liquami degli
allevamenti di suini, ovini, bovini e del pollame. Il nuovo terreno ricco di nutrienti potrebbe essere
così utilizzato per rivitalizzare aree ormai inaridite e sterili riconquistando spazi da destinare
all’agricoltura, al verde pubblico e lasciando così più spazio alle foreste. Ma la soluzione più
difficile da mettere in atto è quella della modifica delle nostre abitudini. Dobbiamo prestare più
attenzione al riciclaggio dei materiali, ma dobbiamo anche consumare meno e produrre meno.
Produrre meglio, prodotti più efficienti e duraturi che durino molto più a lungo, per limitare il
nostro impatto sull’ambiente.

Non vi è dunque una sola soluzione al problema e questo perché il
problema è causato da un insieme di fenomeni interconnessi ed interdipendenti fra loro come un
ecosistema, la soluzione quindi non può essere diversa da un insieme di azioni diversificate ma
interconnesse ed interdipendenti fra loro, come in un ecosistema, volte a modificare drasticamente,
ad annullare se necessario, ognuno di quei fenomeni che hanno causato il problema.
Nonostante la grande testimonianza storica e monumentale della Fonte di Giuturna che come un
monito sopravvive alle ingiurie del tempo per ricordarci quanto un bene come l’acqua che noi
diamo per scontato sia invece molto fragile e prezioso non credo che questa quarantena dovuta alla
pandemia ci abbia insegnato qualcosa. Francamente ho timore che ne usciremo peggio di prima,
pronti a correre, a produrre, a consumare, per recuperare il fatturato perduto senza preoccuparci del
fatto che stiamo perdendo qualcosa di molto più prezioso, il pianeta che ci ospita, la nostra unica ed
insostituibile casa e fonte di vita.

.: di Daniele Maura

“Con il riscaldamento globale il mondo diventa più piccolo e ciò crea un grandissimo problema di
sovrappopolamento. La storia ci ha già dimostrato che ai grandi cambiamenti climatici seguono
devastanti sconvolgimenti politico-sociali. Piantare alberi dovrebbe poi diventare uno sport
nazionale.”

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